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Autore Discussione: Economia giapponese in frenata. Cina da record tenta il sorpasso  (Letto 2621 volte)
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« inserito:: Agosto 16, 2010, 09:25:32 am »

16/8/2010 (7:32)

Economia giapponese in frenata

Cina da record tenta il sorpasso
   

Mentre in Giappone desta qualche preoccupazione il rallentamento della crescita finanziaria, Pechino in corsa per la promozione al top dell'economia mondialela si appresta al sorpasso per diventare ufficialmente la seconda superpotenza entro la fine 2010 . Lo riporta il Wall Street Journal, sottolineando che l'evento rappresenterebbe un fatto storico senza precedenti per un Paese considerato «emergente». Per il momento il colosso nipponico mantiene la posizione almeno nel primo semestre dell'anno in termini di prodotto interno lordo (Pil) nominale, come emerso dai dati diffusi dal governo, ma incalza dopo la florida crescita dei cugini asiatici nel periodo aprile-giugno.

Nel secondo trimestre il Pil giapponese è risultato pari a 1.288 miliardi di dollari, meno dei 1.339 miliardi di dollari registrati nello stesso periodo dall'indicatore cinese e il fatto che il sorpasso accada nel secondo trimestre indica che ci sono buone chance per la Cina di battere il Sol Levante anche su base annuale. «Si tratterebbe di un risultato storico, una pietra miliare: è impressionante il fatto che la Cina sia riuscita a mantenere elevati tassi di crescita anche quando molti paesi si trovavano ad affrontare tempi duri», osserva Bruce Kasman, capo economista di JPMorgan Chase. Una volta che i dati definitivi per il 2010 saranno diffusi, «molti economisti si attendono che la Cina sorpassi il Giappone come seconda economia al mondo. Il gap fra i 5.000 miliardi di dollari dell’economia cinese e i quasi 15.000 miliardi di dollari di quella americana resta ampio, e anche mantenendo gli attuali tassi di crescita - spiega il Wall Street Journal - ci vorranno almeno dieci anni o più per Pechino per raggiungere gli Stati Uniti». Circa 10 anni fa la Cina era la settima economia al mondo: poi ha superato la Germania e nel 2007 Pechino ha conquistato il terzo posto. Per il 2010 gli analisti si attendono per la Germania il quarto posto, il quinto per la Francia, il sesto per il Regno Unito. Al settimo posto l’Italia seguita all’ottavo dal Brasile.

Dai calcoli ufficiali, il Pil nominale del Giappone per il primo semestre dell’anno ammonta a 2.578,1 miliardi di dollari, contro i 2.532,5 miliardi di dollari di quello cinese. Tuttavia, il governo di Tokyo ha riconosciuto che il Pil nominale della Cina ha superato quello del Giappone nel corso del secondo trimestre (da aprile a giugno). Il Pil nominale cinese in questo periodo ammonta infatti a 1.336,9 miliardi di dollari, mentre quello giapponese ammonta a 1.288,3 miliardi di dollari.

Il governo giapponese ha fornito queste cifre annunciando che il proprio Prodotto interno lordo (Pil), espresso in termini reali, è cresciuto appena dello 0,1% nel secondo trimestre del 2010, molto al di sotto delle aspettative. Si tratta di un netto rallentamento della crescita del paese nipponico, in comparazione a quella registrata nei due trimestri precedenti.

http://lastampa.it/redazione/cmsSezioni/economia/201008articoli/57643girata.asp
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« Risposta #1 inserito:: Agosto 17, 2010, 08:22:23 am »

17/8/2010

Un primato nascosto dal mini-yuan
   
STEFANO LEPRI

Dal punto di vista dell’Occidente, anzi di tutto il resto del mondo, sarebbe stato meglio che questo sorpasso avvenisse prima. Il conteggio che dà il Pil cinese avanti a quello del Giappone è fatto con lo yuan al cambio di mercato. Ossia quel cambio attentamente pilotato dalle autorità cinesi che gli Stati Uniti per alcune ragioni, l’Europa per altre, i paesi asiatici concorrenti della Cina per altre ancora, il Fondo monetario internazionale per tutte quante, vorrebbero vedere assai più forte degli 8,69 per euro e 6,79 per dollaro di ieri.

Addirittura al primo posto la Cina da tempo si trova già per produzione dell’industria manifatturiera: è la «fabbrica del mondo» da cui esce il 21,5% di tutte le merci (cinque volte e mezzo la quota italiana, secondo calcoli della Confindustria). Altri primati connessi a questo erano stati già registrati: primo consumatore mondiale di energia, di cemento, di svariate altre materie prime. Ed è ormai un capitalismo anche azionario: al momento, tra le 10 società mondiali con maggiore capitalizzazione di Borsa, 4 sono cinesi.

Se il prodotto interno lordo della Cina si contasse in yuan più forti, i mutamenti non riguarderebbero soltanto queste classifiche un po’ oziose. La Cina venderebbe un po’ di meno, causa prezzi più alti, e comprerebbe di più, perché avrebbe un maggiore potere d’acquisto. E’ un’altra per noi la notizia migliore arrivata da Pechino questa estate, come ha rilevato The Economist dandogli la copertina due settimane fa: gli aumenti salariali di recente concessi in molte industrie cinesi aiuteranno a recuperare posti di lavoro in tutto il mondo.

Dove la Cina non fa record, infatti, è nel tenore di vita della sua popolazione, rimasto indietro rispetto al travolgente successo delle sue imprese manifatturiere. Certo, grandi cifre si trovano anche lì, ma solo perché i cinesi sono tanti: il maggior numero di telefonini (785 milioni) il maggior numero di auto vendute e così via. Non è abbastanza: nel decennio del miracolo cinese, 1995-2005, la produttività è quintuplicata, i salari si sono soltanto triplicati. Forse ora comincia il recupero.

Soltanto con una crescita dei consumi interni diventerebbe stabile il forte contributo alla ripresa dell’economia mondiale che il colosso dell’Oriente ha dato nell’ultima annata. Invece in queste settimane guardiamo verso Pechino con il timore che la spinta si affievolisca. E’ probabile che la Cina vi sia costretta, perché troppo della rapida uscita dalla crisi si deve a investimenti pubblici e credito facile; non si può continuare all’infinito ad aprire nuove fabbriche se il pianeta resta quello che è, e i prezzi delle case sono troppo alti. Proprio perché la Cina rallentava il Giappone si è quasi fermato. Se rallentasse ancora, ce ne accorgeremmo anche in Europa.

http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7718&ID_sezione=&sezione=
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