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Autore Discussione: Hayrunissa, una first lady che veste all’occidentale ma non rinuncia al velo  (Letto 2633 volte)
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« inserito:: Agosto 29, 2007, 06:15:18 pm »

Hayrunissa, una first lady che veste all’occidentale ma non rinuncia al velo
Elena Doni


Quando nei primi anni duemila Abdullah Gul, allora parlamentare dell’opposizione, si recava in quanto membro effettivo alle riunioni dell’assemblea parlamentare della Nato (di cui la Turchia fa parte dal 1952) spesso lo accompagnava la moglie Hayrunissa: vestita all’occidentale, solo con le gonne appena più lunghe e un foulard a coprirle i capelli. Ma in tutto simile alle altre signore Nato nel modo di rapportarsi con gli uomini negli immancabili ricevimenti del dopo riunione: disinvolta e gentile.

Nulla a che vedere dunque con la tetra clausura che gli islamismi infliggono alle loro mogli e neppure con l’assenza da ogni occasione ufficiale delle signore dei governanti laici (metti l’Iraq, per esempio) di tanti paesi musulmani. Eppure il «turban» della signora Gul è quasi costato l’elezione a suo marito. Contro l’ipotesi di una first lady velata sono scese in piazza molte decine di migliaia di persone qualche settimana fa: il turban è proibito in Turchia negli edifici pubblici e nelle scuole ed è considerato dai laici turchi un simbolo politico contro la laicità voluta da Mustafa Kemal Ataturk e blindata nella costituzione.

Eppure, secondo un sondaggio pubblicato dal quotidiano Milliyet, il 72,6% delle 2.734 persone interrogate ritiene «normale» che la moglie del presidente della Repubblica abbia il capo coperto. Solo il 19,8% del campione si è dichiarato «irritato» da questa prospettiva, mentre il 7,6% non si è pronunciato. Un sondaggio che sembra rispecchiare ciò che appare evidente anche a un turista distratto: a Istanbul e ad Ankara la maggior parte delle donne mostra i capelli, non così nei centri minori, specie nella parte orientale del paese, e nelle periferie delle grandi città. Ma senza che questo diverso costume alimenti inimicizia, sospetto, avversione.

Il velo islamico è diventato invece questione dirimente nel confronto tra mondo musulmano e mondo occidentale: in esso si vede il simbolo di una soggezione assoluta della donna all’uomo e addirittura di un’adesione all’ideologia fondamentalista. Negli anni novanta le donne algerine che si definivano democratiche rischiavano la vita per non «fasciarsi la testa» e vedevano con angoscia tante giovani scegliere invece lo hijab. Si è capito solo in seguito che un’interpretazione esclusivamente religiosa può essere fuorviante: il velo islamico ha permesso a moltissime ragazze di uscire liberamente di casa, frequentare scuole e università, trovare un lavoro. E la competenza nel Corano e negli hadith di Maometto ha consentito loro di contrastare con autorevolezza le imposizioni tradizionaliste di padri e fratelli.

Col tempo si è visto che molte intellettuali musulmane sono convinte che il percorso verso l’emancipazione non deve sposare l’ideologia femminista occidentale ma deve realizzarsi attraverso un’interpretazione critica della tradizione culturale islamica. Il velo può così diventare una rivendicazione identitaria senza per questo negare la necessità di rivedere i ruoli femminili all’interno di un discorso islamico. Non a caso si parla oggi di «femminismo islamico» e ad esso è dedicato un corposo capitolo, firmato da Margot Badran, all’interno del recente volume «L’alternativa mediterranea» curato da Franco Cassano e Danilo Zolo e pubblicato da Feltrinelli. Proprio per queste ragioni sarà molto interessante osservare cosa accadrà in una Turchia dove sia la moglie del primo ministro che quella del presidente della Repubblica portano il «turban». Emine, la consorte del premier Recep Tayyip Erdogan, ha fama di persona schiva e silenziosa, mentre Hayrunissa viene descritta come decisamente simpatica e capace di adeguarsi a costumi diversi dai suoi: come quando, ricevendo ospiti a casa, offre loro bevande alcoliche se le desiderano, senza ovviamente consumarne lei stessa. Una cortesia insolita in un contesto musulmano: anche se non è infrequente che l’alcol venga consumato abbondantemente dagli uomini delle classi privilegiate. Altro tratto raro in quel mondo è amare e possedere un cane da compagnia: Max è il nome del golden retriever caro alla signora Gul.

Hayrunissa ha conosciuto il marito quando aveva appena 15 anni e lo ha sposato pochi mesi dopo: hanno tre figli, due maschi e una femmina, anche lei velata. Ataturk, nome che significa «padre dei Turchi», volle che la Turchia si adeguasse ai paesi occidentali e che il cambiamento apparisse anche dal vestiario: per questo motivo abolì il turban e ordinò agli uomini di sostituire il fez con il cappello di feltro. Era il 1926.

Pubblicato il: 29.08.07
Modificato il: 29.08.07 alle ore 10.19   
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