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Autore Discussione: Marina Nemat: «Chi rimpatria Pegah sarà complice della sua morte»  (Letto 2551 volte)
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« inserito:: Agosto 29, 2007, 12:10:39 am »

Marina Nemat: «Chi rimpatria Pegah sarà complice della sua morte»

Luigina Venturelli


Il dolore, il sollievo, la speranza. La vicenda di Pegah si dipinge per emozioni sul volto di Marina Nemat, il volto di chi ha vissuto in prima persona la repressione del regime islamico iraniano e la sofferenza di perdere, nei meandri delle celle poliziesche, molte persone amate. Iraniana oggi residente in Canada, Marina fu arrestata dalla polizia di Khomeini quando aveva sedici anni, nel 1982, per aver organizzato uno sciopero studentesco: condannata a morte, fu torturata e rinchiusa nella famigerata prigione di Evin per oltre due anni, fino alla conquista dell´insperata libertà. Oggi, nel commovente Prigioniera di Teheran pubblicato da Cairo Editore, ha deciso di raccontare la sua storia.

Sono passati molti anni da quei fatti drammatici. Perchè solo ora ha deciso di scriverne?

«Quando sono stata rilasciata dopo due anni di detenzione, mi sono seduta a tavola con i miei genitori ed abbiamo parlato del tempo. Hanno prevalso la vergogna e la paura della verità. Ma il passato ti insegue e ti raggiunge quando meno sei pronta ad affrontarlo: quando è morta mia madre, mi sono resa conto di aver vissuto una sorta di menzogna ed ho iniziato a soffrire di incubi. A quel punto scrivere è diventata una cosa naturale».

Quali sono le differenze tra l´Iran di oggi e quello che ha lasciato vent´anni fa?

«Il Paese è rimasto più o meno lo stesso, le cose non sono cambiate in maniera sostanziale. E non cambieranno finchè ci sarà la repubblica islamica. Finchè la struttura rimarrà la stessa ed il leader avrà potere di veto su qualsiasi decisione presa dal popolo, l´Iran resterà una dittatura».

Nel 2009 arriverà a scadenza il mandato del presidente Ahmadinejad. Le elezioni porteranno ad un cambiamento?

«La democrazia non si adatta alla repubblica islamica. Ahmadinejad è una persona brillante e completamente pazza, ma non sarà sufficiente un nuovo presidente per avviare un serio processo democratico».

È cambiata almeno la percezione dell´Occidente? C´è sufficiente attenzione sulle violazioni dei diritti umani?

«Quando ero rinchiusa ad Evin, una delegazione di Amnesty International venne a visitare la prigione. Una parte dell´edificio era stato ristrutturato e pulito per l´occasione, ci portarono un gruppo di noi detenute, avvisandoci che saremmo state giustiziate se solo avessimo proferito parola. Il mondo ha ignorato a lungo le migliaia di vittime innocenti che hanno sofferto nelle prigioni iraniane. Per anni mi sono chiesta se ci avesse dimenticato intenzionalmente, ma ancora non ho trovato la risposta. Non possiamo cambiare il passato, ma il futuro sì: il mondo non deve allontanare lo sguardo dalle violazione dei diritti umani».

Per il momento sembra scongiurato il rimpatrio forzato di Pegah Emambakhsh, la lesbica iraniana rifugiatasi nel Regno Unito.

«È criminale estradare una persona, pur consapevoli del pericolo di vita che questa potrebbe correre nel suo paese d´origine. Significa rendersi complici dei crimini che su di lei verranno commessi».

Qual è oggi la condizione femminile in Iran? Non si allenta la stretta sui costumi, ma sempre più donne iraniane s´iscrivono all´università.

«L´Iran è un paese ironico. Le donne possono studiare e nelle grandi città continua a crescere la percentuale di quelle che conseguono un dottorato, soprattutto nelle materie scientifiche. Ma non possono diventare giudici, magistrati, né accedere alle alte cariche dell´amministrazione pubblica, e possono essere arrestate perchè qualche capello sfugge dal loro velo. Le donne iraniane possono avere un dottorato, ma non hanno alcun diritto».

Dalla vignettista Mariane Satrapi alla scrittrice Azar Nafisi, molte artiste iraniane si stanno imponendo nel panorama culturale occidentale. È un caso?

«La possibilità d´espressione delle donne iraniane è stata repressa così a lungo che, una volta conquistata la libertà all´estero, la usano nel miglior modo possibile, trovando canali costruttivi per dare voce alla loro creatività».

Pubblicato il: 28.08.07
Modificato il: 28.08.07 alle ore 8.22   
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