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Autore Discussione: Federico Fubini. Gli untori e i guaritori del contagio  (Letto 2522 volte)
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« inserito:: Maggio 08, 2010, 07:19:13 pm »

Gli untori e i guaritori del contagio


Ross Abercromby, un trentenne inglese con laurea breve all’Università dello Hertfordshire, da ieri è l’idolo degli scommettitori contro le banche italiane. Per Moody’s, dove lavora, Abercromby per la verità si occuperebbe di banche britanniche e irlandesi. Sull’Italia non si è mai davvero concentrato. Eppure ieri è riuscito lo stesso a dare un contributo a far crollare tutti i titoli finanziari di Piazza Affari: è suo il «commento speciale» di Moody’s che ieri è piombato nelle sale operative in piena attività, verso le 11,15.

Tempismo perfetto per gli scommettitori al ribasso, pessimo per chiunque altro. In quei minuti la Spagna stava chiudendo una delicatissima asta dei suoi titoli di Stato; a Atene e a Berlino i parlamenti stavano discutendo i sacrifici e i prestiti per la Grecia; in Europa i mercati stavano cercando di stabilizzarsi dopo le paurose oscillazioni da contagio degli ultimi due giorni.

Moody’s a quel punto che fa? Mette fuori un rapporto riassumibile nelle poche parole di un flash di agenzia: «La crisi del debito greco può colpire le banche di vari Paesi fra cui il Portogallo, la Spagna, l’Italia, l’Irlanda e la Gran Bretagna». Davvero nelle dieci pagine del commento «speciale» (cioè: non sollecitato, non annunciato e non necessario) c’è poco di più. Solo l’idea che se quei Paesi avessero un problema sul debito pubblico, anche le banche ne soffrirebbero (ma va’!). Nessuna analisi su uno o più istituti, nessun dato sulla solidità dei requisiti patrimoniali aggregati dei sistemi o sul loro finanziamento. E non una parola sui rischi per le banche francesi e tedesche, notoriamente le più esposte alle obbligazioni greche.
Ma poco importa. Quel che conta per Moody’s è la visibilità e per un certo universo delle sale operative è il flash di agenzia. Basta questo per far andare le Borse fuori giri e far cadere a piombo nel giro di mezz’ora, subito prima della chiusura, tutti i titoli finanziari italiani: la classica operazione dei grandi venditori allo scoperto, coloro che puntano su un ribasso concertato e in questo modo lo accelerano anche.

Moody’s non fa una piega, del resto ne ha passate di peggio. Nel 2007 a causa di un «piccolo inconveniente tecnico» assegnò il massimo dei voti a certi titoli immobiliari per circa un miliardo, poi però li declassò al loro giusto livello solo (quasi) un anno dopo aver scoperto il problema. A Fannie Mae e Freddie Mac, i giganti americani del credito immobiliare, attribuiva il massimo dell’affidabilità fino a poco prima del salvataggio forzato da parte del Tesoro Usa. Su Lehman, ancora cinque giorni prima che finisse in cenere, si chiedeva in pubblico se quella banca andasse declassata oppure promossa. E la generosità con i «subprime», a suo tempo grande fonte di commissioni e parcelle, è ben nota.

Vero che anche le agenzie di rating sono fatte di umani e gli umani sono fallibili. Ma da quando il contagio e il panico sono usciti fuori dalla lampada ormai non è più questo il punto, perché l’intera architettura intellettuale creata per leggere i mercati sembra finita in bancarotta e con lei la capacità di coltivare quel bene essenziale all’economia che chiamiamo fiducia.

Vista da un’agenzia di Moody’s, la furibonda reazione in Italia in queste ore deve apparire come una classica caccia all’untore nel pieno dell’epidemia: in queste ore gli analisti di Londra penseranno che gli italiani farebbero meglio a mettere al sicuro i conti pubblici, invece di protestare. Difficile dar loro torto, eppure nelle epidemie medievali non c’era solo la caccia all’untore. C’erano anche i guaritori di contrada che si aggiravano vendendo (a caro prezzo) miracolosi unguenti di fegato di serpente e sanguisughe. Se la finanza non ritrova una sua bussola dopo Lehman e dopo l’amaro risveglio dell’euro, di «guaritori» così ne vedremo sempre di più.

Federico Fubini

07 maggio 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/economia/10_maggio_07/fubini_63f3c2ac-599a-11df-8cbf-00144f02aabe.shtml
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