Al. Gr., 07 maggio 2010, 09:47
La difficile marcia della Cgil
L'intervento
Si dice tra economisti che quando l'acqua sale alza tutte le barche, anche quelle in secca. In questa fase la grande maggioranza delle "barche" della politica e della rappresentanza sociale sono in secca, la CGIL è tra le poche che ancora galleggia. E' incredibile ed irresponsabile che il disegno della destra sia stato in questi anni di cercare di affondare anche "questa barca"
La CGIL è una grande organizzazione. Per iscritti, per storia, per il prestigio di cui gode e questo è tanto più importante in una fase di crisi che coinvolge tanta parte delle istituzioni e della rappresentanza politica e sociale del nostro paese. Si dice tra economisti che quando l'acqua sale alza tutte le barche, anche quelle in secca. In questa fase la grande maggioranza delle "barche" della politica e della rappresentanza sociale sono in secca, la CGIL è tra le poche che ancora galleggia.
E' incredibile ed irresponsabile che il disegno della destra sia stato in questi anni di cercare di affondare anche "questa barca".
Riprendendo il filo dell'attacco all'articolo 18 dell'inizio anni 2000, poi sfociato nel braccio di ferro perduto dalla destra, l'attuale Governo Berlusconi ha impostato una strategia più complessa e subdola per rimettere in discussione lo statuto dei diritti dei lavoratori, svuotandolo, e per riscrivere la storia delle relazioni sindacali del nostro paese, peggiorandole nettamente.
La legge del lavoro non sarebbe più in futuro a favore del lavoratore, considerato più debole e da difendere, ma diventerebbe una sorta di generico diritto commerciale. Il Governo ha così raccolto i peggiori istinti presenti in larghi settori imprenditoriali, compresa Confindustria, i quali più crescono le difficoltà economiche più sono convinti che le responsabilità sono solo di altri. Questi settori hanno riposto nell'attuale Governo Berlusconi aspettative e fornito appoggi che in precedenza non si erano mai visti. Larghi settori dell'imprenditoria hanno fatto delle mani libere sul lavoro il loro credo, poco meditato, spesso irragionevole e socialmente ingiusto. Malgrado un evidente clima da basso impero e di degrado politico e un clamoroso conflitto di interessi di cui le televisioni sono solo una parte larghi settori dell'imprenditoria italiana hanno fin qui riposto la loro fiducia nel Governo Berlusconi. Di qui lo strappo nelle relazioni sociali, gli accordi separati, il tentativo di isolare la CGIL, individuata come l'ultimo baluardo da sconfiggere.
Eppure la CGIL nella sua lunga storia non può certo essere criticata per assenza di senso di responsabilità. Semmai il contrario. Uno spazio di critica era piuttosto nella direzione del farsi carico di responsabilità generali anche quando altri abbandonavano clamorosamente questa trincea.
Il Governo ha messo nel mirino la CGIL, puntando a isolarla, a renderla ininfluente, cercando di sradicarla dal rapporto con i lavoratori, cosa tanto più grave perché questo è avvenuto nel pieno della più grave crisi economica del dopoguerra. In passato ci sono stati tentativi di coinvolgere i lavoratori nella gestione del sistema capitalistico. Ora si pensa che c'è chi comanda e chi obbedisce, punto.
In questa fase i lavoratori, i giovani in cerca di lavoro, i pensionati hanno bisogno come l'aria di avere una rappresentanza sindacale efficace dei loro problemi per non essere travolti dalla crisi.
E' già accaduto che il non sentirsi rappresentati abbia portato aree di lavoratori a cercare punti di riferimento fuori dai tradizionali riferimenti della sinistra politica. In campo sindacale no. Si può votare Lega ed essere iscritti alla fiom.
L'attacco alla CGIL ha fatto danni molto seri, non solo alle relazioni sindacali ma anche alla possibilità per il nostro paese di affrontare una fase economica così difficile. Purtroppo nelle altre organizzazioni confederali è prevalsa l'idea che non ci fossero in vista alternative a questo Governo. Eppure è difficile negare, come ha detto Epifani, che questo Governo è sostanzialmente immobile nell'affrontare la crisi e ha respinto perfino la richiesta di aumentare l'ampiezza della Cassa integrazione.
Epifani ha sottolineato la contraddizione tra la gravità della crisi, l'esigenza di difendere al meglio i lavoratori e il disegno di isolare la CGIL, di renderla innocua. Semmai ci sarebbe bisogno di trovare punti di convergenza sociale e politica in grado di aiutare l'Italia ad affrontare i problemi di caduta della capacità di competere.
Il congresso della CGIL non sembra avere ancora tutte le condizioni per rimuovere il blocco creato dallo smantellamento dell'accordo del 2007 e dalla successiva divisione sindacale e questo malgrado la grande manifestazione del 4 aprile 2009 e le iniziative successive.
Infatti resta irrisolto il nodo posto con forza dalla fiom che per stipulare un contratto occorre avere almeno maggioranza della rappresentanza e il voto favorevole dei lavoratori.
La legge di iniziativa popolare sulla democrazia promossa dalla fiom cerca di rispondere a questo problema.
Così la richiesta di Epifani a Governo, Confindustria, Cisl e Uil di superare gli accordi separati difficilmente verrà accolta, almeno stando alla replica di Sacconi che è protagonista per conto del Governo della vera e propria crociata per isolare la Cgil. La conseguenza è che potrebbe proseguire il cammino verso lo svuotamento della contrattazione, verso la corporativizzazione dei rapporti sindacali, verso la privatizzazione dello stato sociale attraverso la dilatazione dei compiti degli enti bilaterali.
Confindustria farebbe bene a riflettere ancora sulla convenienza di un sistema di relazioni sindacali prive di un punto di governo accettato e accettabile.
Epifani ha conquistato un largo consenso al congresso e ha di fronte il compito di riconquistare un modello di relazioni sindacali condiviso e condivisibile per tutta la CGIL e in questa direzione ha collocato anche il problema di un maggiore coordinamento delle iniziative contrattuali dentro la confederazione.
Del resto dopo i guasti gravissimi della crisi economica sull'occupazione e sui salari ora si prospetta una fase 2 di tagli e di riduzione dello stato sociale. Il federalismo fiscale di cui si sta ragionando sembra più l'occasione per tagli allo stato sociale. I rischi di crisi per la finanza pubblica segnalati dalla crisi greca faranno il resto.
Non a caso Tremonti, pur dicendo il contrario, sta preparando una manovra correttiva (tagli) di 10 miliardi di euro tra qualche settimana (oggi, mentre pubblichiamo il testo i miliardi sono saliti a 25, ndr).
Quindi la CGIL dopo il congresso dovrà affrontare prove difficili, in parte anche in supplenza dei vuoti clamorosi dell'opposizione politica.
Buon lavoro compagne e compagni. Molte speranze di uscire dal pantano politico e da una crisi che rischia di lasciare ai margini una parte rilevante della società sono riposte nella CGIL.
* articolo pubblicato da dazebao e sinistrademocraticanew
http://www.aprileonline.info/notizia.php?id=14826