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Autore Discussione: Le urne funebri nel lago - Trovate a centinaia, forse di pazienti morti soli  (Letto 2792 volte)
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« inserito:: Aprile 29, 2010, 05:41:51 pm »

Trovate a centinaia, forse di pazienti morti in solitudine

Le urne funebri nel lago

La pista dell’eutanasia

Sospetti sulla Dignitas, la clinica svizzera dei suicidi assistiti a Zurigo


ZURIGO — I resti di uomini e donne sul fondo del lago, un colpo di vento che fa saltare il parasole di una barca, un uomo che si tuffa per recuperarlo ed eccoli, quei vasi arancioni che fluttuano assieme alla corrente. Sono centinaia di urne cinerarie e, se non fosse che tocca indagare, i poliziotti farebbero quasi a meno di tirarle su. Perché quel leggero ondeggiare sul fondo evoca il pensiero di anime inquiete. Sarà anche per via del reato che ha costretto gli agenti cantonali a scendere sul letto del lago di Zurigo: turbamento della pace dei defunti, punibile con il carcere fino a tre anni. Alla fine ne hanno portate a galla 13, quanto basta per rispondere alle domande-chiave dell’inchiesta.

Di chi sono quei resti? Può essere che siano i malati terminali che vengono a morire in Svizzera con l’assistenza della Dignitas? In ognuna di quelle urne potrebbe esserci davvero la storia di un malato o una malata venuto a morire qui, a una decina di chilometri da Zurigo, con l’aiuto dell’associazione fondata dall’avvocato Ludwig Minelli. Gente che probabilmente ha bussato alla sua ultima porta senza la compagnia di nessun altro che se stesso e la sua disperazione. Non è raro che gli aspiranti suicidi arrivino soli. È successo anche a un italiano, un milanese con la vita alla deriva per una malattia incurabile, un uomo che aveva nella mente più ragioni per morire che per vivere. Un giorno dell’inverno appena passato è salito su un taxi ed è venuto fin qui, a morire. Solo. Ha mandato giù d’un fiato la pozione senza ritorno di pentobarbital sodico diluito con l’acqua e a mezzogiorno, mentre a casa sua cominciavano a capire, il suo cuore era già fermo. Come lui tanti altri, soprattutto tedeschi e inglesi. Arrivano in solitaria all’appuntamento con la «dolce morte» di Dignitas.

Vengono da sé (quando le condizioni fisiche lo permettono) perché magari nei loro Paesi d’origine un accompagnatore avrebbe problemi penali assistendo alla morte, oppure perché i parenti non condividono quella scelta e loro temono di essere fermati. O semplicemente perché preferiscono così. E allora succede che quando la dose mortale ha fatto il suo dovere, lo staff di Dignitas si ritrova con una salma e nessun parente o amico che si occupi fisicamente dei desiderata del suicida, per esempio la cremazione, la consegna di oggetti, la spedizione o la dispersione delle ceneri. Lo fa l’organizzazione, così dicono i «patti» fra l’aspirante suicida e chi lo aiuta a morire. O, almeno: così dovrebbe essere. Salvo i dubbi della polizia cantonale che, anche se indaga contro ignoti, guarda ancora una volta in direzione di Minelli, finito di nuovo sott’accusa, con i suoi 77 anni e la sua «meravigliosa opportunità» (come lo definisce lui) del suicidio assistito (che qui è legale).

Il sospetto è che i resti dei suicidi finiscano nella «fossa comune» del lago di Zurigo. «Scandaloso anche solo pensarlo, le solite fandonie montate contro di me» si lamenta lui, Minelli, con l’amico Emilio Coveri, presidente dell’associazione Exit, referente di Dignitas in Italia. «Se ha buttato quelle benedette ceneri nel lago è perché poteva farlo» lo difende l’amico. «Vuol dire che ha i documenti e i permessi in regola per buttarle. Ci vuole tanto a capirlo?». Non cita nessun permesso una ex dipendente della Dignitas, Soraya Wernli: «L’hanno sempre fatto. All’inizio era lui in persona che buttava giù le urne, poi ha chiesto alla figlia e a gente del suo staff. Almeno un’urna su tre finisce in fondo al lago. Ce ne sono più o meno trecento». Finora la Dignitas ha aiutato a morire 1.092 malati terminali, in arrivo soprattutto dai Paesi dove è vietata l’assistenza al suicidio, Germania in testa (oltre il 50%). In Italia sono sei, oggi, le persone che hanno chiesto e ottenuto di aprire la procedura per la «dolce morte». Verranno a bussare alla nuova sede dell’organizzazione. Chiederanno la pozione letale e, anche se avranno accanto qualcuno, resteranno soli davanti alla morte.

Giusi Fasano

29 aprile 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
da corriere.it
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