9/11/2010
Così la tv riscopre il teatro
ALESSANDRA COMAZZI
Benigni esausto che canta «E’ tutto mio» è stato un gran pezzo di televisione. E «Vieni via con me» è stato soprattutto teatro in televisione. Quelle tre ore di elenchi, monologhi, canzoni, sembravano ciò che di più antitelevisivo si possa dare, in questi video-tempi veloci e affrettati, fatti di slogan e non di ragionamenti. Il programma di Fabio Fazio ha invece riscoperto il valore della parola. Non a caso, di sfondo, stavano le pietre millenarie di un teatro greco. Con orgoglio intellettuale, il riferimento non detto era al Verbo, «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio». Orgoglio ma non presunzione, perché la presunzione è fatta di improvvisazione e di superficialità e di scarsa conoscenza dei mezzi propri e altrui. Fazio invece è così: si prepara, e cerca il meglio su piazza, inseguendo il pensiero trasversale. In fondo fu lui a portare Gorbaciov e il Nobel Dulbecco sul palcoscenico di Sanremo. Ebbe un successo ancora ineguagliato, pure quantitativo, e in fondo quel Festival segnò la via.
Canta Daniele Silvestri il fondamentale brano di Gaber «Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono», e a poco a poco la parola «italiano» trascolora e diventa «Saviano». Fazio aveva cominciato questo spettacolo che è una citazione di Paolo Conte, con una serie di elenchi alla Hornby, i buoni motivi per costruire una moschea a Torino, i mestieri di una giovane neolaureata. Poi è arrivato Nichi Vendola a dire i modi in cui si può definire l’omosessuale. E Abbado ha elencato i motivi per cui è sbagliato tagliare i fondi alla cultura.
All’Italia e alla mafia era dedicato il monologo di Saviano, lungo una buona mezzora. Mezzora è molto lunga in tv. Lui l’ha saputa gestire con foga oratoria, richiami a Falcone e Borsellino, la lucida indignazione sulla macchina del fango, che ricopre chi si schiera «contro questo governo. Viene attaccata la vita privata, e chi deve scrivere ha paura. Così si attacca la libertà di stampa, di informazione». Luci splendide, primi piani gloriosi. Poi è arrivato Benigni: «Poiché io non prendo il mio cachet, spero che Masi rinunci allo stipendio». Battute battute battute, e una narrazione di una lucida analisi comico politica, culminata nella canzone «E’ tutto mio». Battuta migliore. «Dice Bersani di Berlusconi: bisogna abbatterlo politicamente: la prossima voglia bisogna beccarlo con una minorenne del pd».
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