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Autore Discussione: Telefilm, il tuo presente è donna d’America  (Letto 3573 volte)
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« inserito:: Agosto 21, 2007, 12:19:01 pm »

Vittoria Franco: «Le donne sono visibili. Inizia la democrazia paritaria»
Eduardo Di Blasi


La senatrice Vittoria Franco, responsabile donne dei Ds, parte dall’inizio: «Abbiamo ottenuto un successo che io non esito a definire epocale: le regole che abbiamo varato nel Comitato dei 45 prevedono che il 50% delle liste siano costituite da donne e che lo siano anche il 50% dei capilista delle liste circoscrizionali».

Questa scelta che cosa innescherà?

«Credo che cambi il rapporto tra donne e politica. Siamo entrati in una fase politica e anche culturale in cui possiamo incominciare a parlare di democrazia paritaria».

Cinquanta e cinquanta.

«Sono migliaia di candidate».

Bastano le liste uomo-donna?

«Naturalmente è un risultato che va consolidato nell’assemblea costituente, prevedendo nello Statuto del nuovo partito che negli organismi dirigenti ci sia il 50% di presenza femminile. Soprattutto, però, va registrato il fatto che le donne sono un fattore di innovazione nella politica».

In che senso?

«Chiunque voglia introdurre elementi di innovazione si rivolge oggi alle donne. Anche la destra, come dimostra Sarkozy in Francia, ma non solo. Perché succede questo? Perché le donne sono un elemento di rottura nei processi di modernizzazione. La missione del nuovo partito è modernizzare il Paese. Ma possiamo modernizzarlo senza tener conto del fatto che le donne oggi rappresentano talenti, saperi di cui non possiamo fare a meno se non indebolendosi? Possiamo fare a meno di un welfare nuovo che tenga conto del fatto che la donna oggi non sta a casa ma vuole lavorare, dispone di saperi, di talento, di abilità? Se non teniamo conto di tutto questo non ci rendiamo conto di che tipo di società noi vogliamo costruire».

Queste saranno quindi le battaglie che porterete all’interno del Pd?

«Certo, la nostra sfida è l’innovazione politica, a partire dalla partecipazione. Ci sarà un’enorme presenza di donne nelle liste, saranno migliaia, si vedranno, saranno visibili: questo è un fatto sconvolgente. Un fatto che mi auguro, e noi ci stiamo adoperando per questo, porti a una enorme partecipazione di donne il 14 ottobre. È questo è il primo nostro obiettivo da qui in avanti: portare tante donne a votare, e, soprattutto, collocare nelle liste tante donne che già oggi sono nella politica, magari in ruoli intermedi, che non sono ancora riuscite ad emergere perché c’è un blocco: donne della società civile, delle professioni, dei nuovi lavori».

Tra i coordinatori della lista Veltroni le donne sono maggioranza.

«Oggi è la politica che ha bisogno delle donne, per rinnovarsi, per introdurre un segno di novità: questo non è sconvolgente? Mi fa piacere che Veltroni lo abbia registrato. Noi, tra l’altro, sosteniamo Veltroni».

Tra i candidati alle segretarie regionali, al contrario, di donne se ne vedono poche...

«Questo è un problema. Certo non mi risulta che siano state chiuse le candidature, e poi ci saranno le votazioni. A oggi sono poche. Ho già posto il problema nell’ufficio di presidenza. Dovremo fare uno sforzo per avere segretarie regionali donna».

E come si fa? Qual è la forza che può modificare lo status quo?

«Andiamo a vedere dove le donne sono già emerse e si sono affermate, dove sono forti. Per esempio mi risulta che in Abruzzo ci sia una donna brava che fa la segretaria regionale dei Ds, nelle Marche ce n’è una altrettanto brava. Ce ne sono altre. Facciamone emergere di nuove. Ma le donne ci sono e sono in grado di fare il segretario regionale».

La partecipazione femminile potrebbe essere un elemento in grado di mischiare le carte...

«Certamente. Dovremo dare battaglia. Io dico anche alle donne che pensano di essere all’altezza di avere delle chances di candidarsi, di scegliere, di sparigliare. Anche questa è la nostra funzione».

C’è anche una donna candidata alla segreteria...

«L’abbiamo sostenuta in questo, siamo contente che ci sia. Abbiamo apprezzato il suo coraggio. E abbiamo anche detto che da qui in avanti, ottenuto il 50% delle donne nelle liste, siamo tutte più libere. Più libere di votare una donna, o di scegliere anche un uomo».

Ma si troveranno le donne da candidare?

«Io chiedo: ma si troveranno tanti uomini bravi, in gamba, all’altezza? E poi le donne sono il 52% del corpo elettorale, sono più degli uomini. Donne impegnate ce ne sono veramente tante. Anzi, forse sono più degli uomini anche le donne nuove che guardano con attenzione alla costruzione del nuovo partito. Perché sono quelle più interessate al rinnovamento della politica. Le troveremo».

Pubblicato il: 20.08.07
Modificato il: 20.08.07 alle ore 9.33   
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« Risposta #1 inserito:: Agosto 27, 2007, 03:28:35 pm »

Telefilm, il tuo presente è donna d’America

Roberto Brunelli


Avvocatesse d’assalto, bruttine rospine pronte al riscatto, casalinghe o single, magistrate coraggiose. Magari pure streghe o lesbiche, ma una cosa certa: mai come oggi il racconto televisivo si fa donna. Accendete la televisione di primo pomeriggio o in seconda serata, troverete sempre ragazze, anziane, giovani, belle e brutte, mogli, madri, amanti, e pure lesbiche. Niente a che vedere con il finto glamour delle Charlie’s Angels o le santi madri modello provincia felice di Happy Days: ieri una ragazza alle prese con un ex fidanzato manesco, oggi una giovane madre giudice in un processo impossibile, domani una telegiornalista che impatta duramente con il maschilismo strisciante dei colleghi. Donne declinate con i toni del «legal-drama» o della commedia, della sitcom o del giallo, ma sempre più spesso donne che fanno il loro percorso lontano dallo stereotipo.

In principio, fu il successo mondiale delle single di Sex and the City e poi delle Casalinghe disperate, poi fu il «caso» di The L Word (al via dal 6 settembre la quarta stagione su Canal Jimmy, visto finora anche su La7), dedicato alle vicende di un gruppo di donne omosessuali: oggi è un fenomeno a valanga. A tutte le latitudini della narrazione televisiva: Close to home (Rai2, lunedì in prima serata), Pepper Dennis (Canale 5, il sabato alle 16,20), e ovviamente Ugly Betty (in italiano: Elisabetta la bruttina), che è la punta di diamante del fenomeno, visto che negli Usa ha raggiunto picchi di 16 milioni di spettatori ed è molto amata anche nel nostro paese (dal 4 settembre la serie riparte su Italia1). Prendete Betty e le sue paradossali avventure: lei è goffa, porta occhiali grossi e neri, ha l’apparecchio ai denti e lavora per una patinatissima rivista di moda. Se le casalinghe disperate o le ragazze di Sex and the City ci giocavano, con gli stereotipi al femminile, lei incarna addirittura lo stereotipo rovesciato, nella rigida struttura del successo dell’«american way of life». Giocando su più piani narrativi (cosa sempre più tipica del telefilm Usa), gli autori di Ugly Betty mescolano ambiti diversi, inserendo nella commedia elementi di confronto razziale, aprendo, cioé, lo scenario ai «latinos», oppure elementi di sessualità «altra», vedi la transessuale Alexis Meade...

Ma, andando nei meandri della tv, è con Close to home che si assiste al vero salto di qualità. Annabeth Chase (interpretata da Jennifer Finnigan) è molto carina: minuta, occhi appuntiti, capelli biondi lisci. Ma soprattutto è un avvocato d’accusa, ed ha una bambina piccola. Il marito è un capellone pronto a fare la baby sitter a tutte le ore, lei è estremamente determinata, senza per questo tracollare nello stereotipo della donna in carriera. Lunedì scorso, per esempio, Annabeth lottava per una ragazza che accusa un uomo - un celeberrimo giocatore di football - di aver ucciso la sua sorella. Il problema è che la accusatrice è alcolizzata... ed eccosi sprofondare in una sorta di dramma elisabettiano al femminile. L’avvocatessa, la ragazza «borderline», la sorella uccisa perché incinta, il maschio acclamato e spudorato nella sua colpevolezza, la madre delle due ragazze devastata dai sensi di colpa. Il colpo di scena, manco a dirlo, nel finale: Annabeth perderà la causa, stravolgendo così anche un altro canone classico del telefilm a stelle e strisce, ossia la certezza dell’happy end e l’ovvietà del successo come misura di tutte le cose.

In realtà, per certi aspetti Close to home trova un suo antecedente nel Giudice Amy (anche questo in onda su Canale 5), che negli Usa veniva trasmesso dalla Cbs già dal 1999. Pur essendo l’impaginazione più tradizionale, la struttura non di fondo è analoga: la donna-giudice che è anche giovane madre, la difficoltà di trovare un nuovo compagno, la madre assistente sociale, temi scottanti per l’America come la religiosità estrema dei «cristiani rinati» e similari... Emblematico che la parte della madre sia stata affidata all’attrice Tyne Daly, che vi ricorderete in un telefilm anni 80, New York New York, antesignano del genere-tv declinato al femminile, dove lei faceva parte di una coppia di poliziotte calate nel vissuto sociale della metropoli americana.

A proposito di corsi e ricorsi della televisione made in Usa, l’attrice che in Ugly Betty interpreta la transessuale Alexis è la medesima che presta le sue forme ed il suo spirito a Pepper Dennis: la bellissima Rebecca Romijn, che il cinema ha già omaggiato in Femme fatale di Brian De Palma e nella saga fumettistica di X-Men. Anche Pepper è una donna in carriera: ma se prendete la puntata di due settimane fa, è una carriera costellata di gaffes, di situazioni paradossali, di maschilismo. Come quando lei ha in mano uno scoop gigantesco ed i suoi capi preferiscono vestirla da pin-up e affidarle le interviste di una serata-marchetta voluta dal presidente-editore-magnate... il tutto finirà con un disastro, che comprende un vestito rovinato e un orecchino a tot carati di Bulgari che finisce nel water. Femminilità da copertina, addio.

Certo, per certi versi può sembrare curioso che oggi il telefilm sappia raccontare la realtà femminile in maniera più originale sfaccettata che non il cinema. Una realtà di dimensioni molto vaste, visto che tocca anche tv-kolossal come Lost o serial di ambientazione medica come Grey’s Anatomy: nel primo, la bella Kate è una galeotta fascinosamente ambigua, nel secondo la dottoressa Meredith Grey è emotivamente destabilizzata e destabilizzante. Questo nella tanto vituperata America. L’Italia? Beh, l’Italia è ferma a Provaci ancora Prof e alle veline. Fate voi.

Pubblicato il: 27.08.07
Modificato il: 27.08.07 alle ore 10.18   
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