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« Risposta #1 inserito:: Agosto 27, 2007, 03:28:35 pm » |
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Telefilm, il tuo presente è donna d’America
Roberto Brunelli
Avvocatesse d’assalto, bruttine rospine pronte al riscatto, casalinghe o single, magistrate coraggiose. Magari pure streghe o lesbiche, ma una cosa certa: mai come oggi il racconto televisivo si fa donna. Accendete la televisione di primo pomeriggio o in seconda serata, troverete sempre ragazze, anziane, giovani, belle e brutte, mogli, madri, amanti, e pure lesbiche. Niente a che vedere con il finto glamour delle Charlie’s Angels o le santi madri modello provincia felice di Happy Days: ieri una ragazza alle prese con un ex fidanzato manesco, oggi una giovane madre giudice in un processo impossibile, domani una telegiornalista che impatta duramente con il maschilismo strisciante dei colleghi. Donne declinate con i toni del «legal-drama» o della commedia, della sitcom o del giallo, ma sempre più spesso donne che fanno il loro percorso lontano dallo stereotipo.
In principio, fu il successo mondiale delle single di Sex and the City e poi delle Casalinghe disperate, poi fu il «caso» di The L Word (al via dal 6 settembre la quarta stagione su Canal Jimmy, visto finora anche su La7), dedicato alle vicende di un gruppo di donne omosessuali: oggi è un fenomeno a valanga. A tutte le latitudini della narrazione televisiva: Close to home (Rai2, lunedì in prima serata), Pepper Dennis (Canale 5, il sabato alle 16,20), e ovviamente Ugly Betty (in italiano: Elisabetta la bruttina), che è la punta di diamante del fenomeno, visto che negli Usa ha raggiunto picchi di 16 milioni di spettatori ed è molto amata anche nel nostro paese (dal 4 settembre la serie riparte su Italia1). Prendete Betty e le sue paradossali avventure: lei è goffa, porta occhiali grossi e neri, ha l’apparecchio ai denti e lavora per una patinatissima rivista di moda. Se le casalinghe disperate o le ragazze di Sex and the City ci giocavano, con gli stereotipi al femminile, lei incarna addirittura lo stereotipo rovesciato, nella rigida struttura del successo dell’«american way of life». Giocando su più piani narrativi (cosa sempre più tipica del telefilm Usa), gli autori di Ugly Betty mescolano ambiti diversi, inserendo nella commedia elementi di confronto razziale, aprendo, cioé, lo scenario ai «latinos», oppure elementi di sessualità «altra», vedi la transessuale Alexis Meade...
Ma, andando nei meandri della tv, è con Close to home che si assiste al vero salto di qualità. Annabeth Chase (interpretata da Jennifer Finnigan) è molto carina: minuta, occhi appuntiti, capelli biondi lisci. Ma soprattutto è un avvocato d’accusa, ed ha una bambina piccola. Il marito è un capellone pronto a fare la baby sitter a tutte le ore, lei è estremamente determinata, senza per questo tracollare nello stereotipo della donna in carriera. Lunedì scorso, per esempio, Annabeth lottava per una ragazza che accusa un uomo - un celeberrimo giocatore di football - di aver ucciso la sua sorella. Il problema è che la accusatrice è alcolizzata... ed eccosi sprofondare in una sorta di dramma elisabettiano al femminile. L’avvocatessa, la ragazza «borderline», la sorella uccisa perché incinta, il maschio acclamato e spudorato nella sua colpevolezza, la madre delle due ragazze devastata dai sensi di colpa. Il colpo di scena, manco a dirlo, nel finale: Annabeth perderà la causa, stravolgendo così anche un altro canone classico del telefilm a stelle e strisce, ossia la certezza dell’happy end e l’ovvietà del successo come misura di tutte le cose.
In realtà, per certi aspetti Close to home trova un suo antecedente nel Giudice Amy (anche questo in onda su Canale 5), che negli Usa veniva trasmesso dalla Cbs già dal 1999. Pur essendo l’impaginazione più tradizionale, la struttura non di fondo è analoga: la donna-giudice che è anche giovane madre, la difficoltà di trovare un nuovo compagno, la madre assistente sociale, temi scottanti per l’America come la religiosità estrema dei «cristiani rinati» e similari... Emblematico che la parte della madre sia stata affidata all’attrice Tyne Daly, che vi ricorderete in un telefilm anni 80, New York New York, antesignano del genere-tv declinato al femminile, dove lei faceva parte di una coppia di poliziotte calate nel vissuto sociale della metropoli americana.
A proposito di corsi e ricorsi della televisione made in Usa, l’attrice che in Ugly Betty interpreta la transessuale Alexis è la medesima che presta le sue forme ed il suo spirito a Pepper Dennis: la bellissima Rebecca Romijn, che il cinema ha già omaggiato in Femme fatale di Brian De Palma e nella saga fumettistica di X-Men. Anche Pepper è una donna in carriera: ma se prendete la puntata di due settimane fa, è una carriera costellata di gaffes, di situazioni paradossali, di maschilismo. Come quando lei ha in mano uno scoop gigantesco ed i suoi capi preferiscono vestirla da pin-up e affidarle le interviste di una serata-marchetta voluta dal presidente-editore-magnate... il tutto finirà con un disastro, che comprende un vestito rovinato e un orecchino a tot carati di Bulgari che finisce nel water. Femminilità da copertina, addio.
Certo, per certi versi può sembrare curioso che oggi il telefilm sappia raccontare la realtà femminile in maniera più originale sfaccettata che non il cinema. Una realtà di dimensioni molto vaste, visto che tocca anche tv-kolossal come Lost o serial di ambientazione medica come Grey’s Anatomy: nel primo, la bella Kate è una galeotta fascinosamente ambigua, nel secondo la dottoressa Meredith Grey è emotivamente destabilizzata e destabilizzante. Questo nella tanto vituperata America. L’Italia? Beh, l’Italia è ferma a Provaci ancora Prof e alle veline. Fate voi.
Pubblicato il: 27.08.07 Modificato il: 27.08.07 alle ore 10.18 © l'Unità.
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