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Autore Discussione: Marcella Ciarnelli. Annunziata: "L'azienda è in ginocchio"  (Letto 2223 volte)
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« inserito:: Marzo 16, 2010, 10:46:16 am »

Annunziata: "L'azienda è in ginocchio"

di Marcella Ciarnelli


Non ci sta Lucia Annunziata al gioco di «rimpallo delle responsabilità» tra Cda della Rai e Vigilanza. In questa vicenda avrebbe voluto che qualunque decisione, anche la più limitativa, venisse presa con consapevolezza. E motivata. Senza rimandare sempre la palla dall’altra parte. Ma alla giornalista che ha, per un gesto politico di solidarietà, sospeso la sua trasmissione “In Mezz’ora”, anche se avrebbe potuto non farlo, non è piaciuto neanche come si sono mossi in ordine sparso i suoi colleghi. «Un fai da te» che alla fine danneggia tutti. Ha seguito dagli Stati Uniti, dov’è per lavoro ma anche perché lì ha la sua famiglia, l’evolversi della situazione. Che non le piace per niente. [

E allora, questa storia?
"Un altro vergognoso gioco di rimpallo. Con il Parlamento che rinvia alla Rai e la Rai che rinvia al Parlamento. Siamo al secondo giro".

E’ quello definitivo?
"Sembrerebbe. Ma sono capaci di andare oltre. La cosa che colpisce è il modo in cui nessuno di loro sia stato in grado di prendere seriamente una decisione. Avremmo voluto che almeno qualcuno dicesse “non si fa”. E non si fa per le seguenti ragioni. Non lo hanno fatto. Trovo francamente disdicevole che le persone che gestiscono questo Paese e che pretendono di scrivere leggi non si assumano la responsabilità di quello che fanno. Inclusa la patetica parte di Beltrandi che continua a pigolare, questo è il termine esatto, e a dire che hanno sbagliato a leggere il suo regolamento. Oddio, oddio, non era quello che intendevo... E poi osa partecipare, così mi dicono, ad una manifestazione contro il suo stesso regolamento."

Ma questo è un modo per favorire le tv di Berlusconi o è soltanto incapacità?
"Siamo ormai al di là di questa domanda. E’ abbastanza evidente ormai, negli anni, a cosa serve un certo tipo di gestione della Rai, a di chi va a favore politicamente, economicamente. Io credo che il problema non è più spiegarsi, nè spiegare perché la Rai venga gestita in questo modo. Mi sarei augurata che anche in un momento come questo, con un’azienda in ginocchio, di poter registrare un sussulto di dignità. Da parte della Commissione di Vigilanza o del Cda Rai che avrebbero potuto dire “bene lo facciamo e lo facciamo per queste ragioni”. Non lo hanno fatto per un un più di ipocrisia che è veramente insopportabile".

Oggi c’è la Vigilanza. Lei non si aspetta niente?
"Ma figurarsi. Sarà un nuovo rimpallo. A San Macuto diranno che questo è il regolamento, e come tale va applicato. Questo è il risultato di avere in Rai un eccesso di avvocati. Siamo entrati nell’era dell’avvocatura".
Quali avvocati?
"Penso specificamente al direttore generale, Mauro Masi che da un punto di vista legale è una mente sopraffina. Ma esiste un punto oltre il quale un direttore generale deve prendere decisioni non attaccarsi alla legge".

Ma non c’è stato qualche errore anche da parte di chi ha dovuto subire la decisione?
"Non c’è stata la migliore possibile gestione della questione “chiusura dei talk show”. Dopo un un fronte iniziale dei conduttori, molto unito, ognuno è andato liberamente a fare quello che voleva fare. Uno fa la manifestazione, un altro va in onda, un altro si è inventato il “fai da te” post chiusura. Dovevano tutti quanti chiudere, stare zitti e far toccare con mano alla gente la loro assenza. C’è il diritto di esibire il bavaglio cui si è stati assoggettati. Invece Iacona ha protestato in piazza però è andato in onda. Vianello lo stesso. La Gabanelli ha trasmesso una puntata sulla Sicilia. Ed anche Mentana con l’idea del web non ha contribuito a far capire cosa è veramente successo. Che dimostrazione di forza hai dato in questo modo? Zero carbonella. Il “fai da te” non dovrebbe essere la soluzione quando ti chiudono. Quando lo fanno devi mostrare il bavaglio. Non voglio mettere al muro nessuno però rimane il fatto che tutti protestano, poi vanno in onda e i Tg non dicono una parola. Anche il Tg3 è sotto botta".

Che messaggio è arrivato ai telespettatori?
"Ogni decisione pubblica ha un impatto. Io ho deciso di non fare la trasmissione e potevo farla. L’ho deciso non solo per solidarietà. Volevo dimostrare che andare in onda parlando di altro è sbagliato. Invece il dopo chiusura è stato gestito come il bricolage ridicolo dell’andiamo o non andiamo in onda. Con la conclusione che Vespa, Santoro, Floris e Paragone, ed io per scelta, non siamo andati in onda. Ci doveva essere un po’ più di attenzione. Così abbiamo fatto arrivare un messaggio limitato".

Di questo dovremmo preoccuparci?
"Stiamo vivendo tecnicamente una crisi rilevante del rapporto tra politica e comunicazione ma tutto sembra si voglia risolvere con una soluzione all’ amatriciana. C’è stata poca chiarezza. Da parte di chi ha deciso. Da parte di chi quella decisione l’ha subita. Abbiamo mandato messaggi poco chiaro. Si è fatto capire solo Santoro che è un elemento totemico di questa battaglia. Per il resto ogni posizione è stata molto confusa e poco produttiva. Isolata. Senza prospettiva".

16 marzo 2010
da unita.it
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