LA-U dell'OLIVO
Settembre 19, 2024, 06:33:57 pm *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: Vendola: «Il premier vuole depistare e parla al basso ventre»  (Letto 2483 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Febbraio 26, 2010, 01:01:36 pm »

Vendola: «Il premier vuole depistare e parla al basso ventre»

di Pietro Spataro


Il 30 marzo si presenterà al portone di Palazzo Chigi. Sì, se dovesse vincere le elezioni, la prima cosa che farà sarà andare a Roma a chiedere la «restituzione del maltolto». Dobbiamo riavere indietro, spiega, le risorse che ci sono state sottratte. Nichi Vendola sta combattendo a Bari una personale battaglia politica che ha risvolti nazionali. Non nasconde, mentre parla di sé e della sua sfida, la passione di chi si sente trasportato dalla voglia di aria nuova che la sua candidatura rappresenta. Qualcuno lo ha accusato di essere una specie di Berlusconi di sinistra, qualcuno si è rammaricato che non si sia piegato alle leggi della Grande Politica mandando a monte quel laboratorio pugliese nel quale si doveva sperimentare la nuova alleanza con l'Udc. Eppure, questo ragazzo di 52 anni, nato a Terlizzi e cresciuto sotto i due grandi ritratti di Yuri Gagarin e Giovanni XXIII appesi nella sua casa, omosessuale e comunista, non porta rancore. «In politica conosco i sentimenti, non i risentimenti», spiega. Lui è fatto così ed è questa sua leggerezza che forse piace, soprattutto ai giovani.

La sua campagna elettorale non è ancora nel vivo. Vendola gira la Puglia, ma sa che da oggi lo aspetta un mese infernale. «Il mio avversario Rocco Palese - dice - sì che è già a pieno regime. Il suo stile è quello di chi tira calci su tutto. Ma sa come si dice da noi? Sono calci di una mosca, non lasciano il segno». Lui per il momento si gode l'affetto che trova nelle strade, «affetto popolare di vaste dimensioni», e osserva una destra sull'orlo di una crisi di nervi. «Qui in Puglia vive con imbarazzo la propria riduzione a caserma diretta da Raffaele Fitto», spiega. Non si preoccupa più di tanto della guerra santa lanciata da Silvio Berlusconi e che nel Tavoliere avrà sicuramente uno dei suoi teatri più cruenti. «Diciamo la verità, è un cliché stantio. Fa impressione uno che parla di lotta tra bene e male e sullo sfondo si intravede l'onorevole 'ndranghetista. Il premier si rivolge al basso ventre perché vuole depistare il dibattito dalle vere questioni». Vendola ne ha a cuore una: il nucleare. «Ha visto come si comportano? Di fronte all'accelerazione nuclearista del governo tutti i candidati della destra dicono che sono favorevoli a costruire nuove centrali ma non nel loro territorio». Vede anche la "volgarità" di un governo che presenta un piano per il sud mentre interrompe i fondi Fas e tenta di togliere il controllo dai fondi comunitari. «Per la Puglia si tratta di 3 miliardi e 100 chiusi in cassaforte a Palazzo Chigi...».

La "gelatina" che sta avvolgendo i palazzi della politica e dell'economia vista da Bari è preoccupante. Perché si capisce che non si tratta di una "malattia" o di una "patologia". «Macché - dice Vendola - questa è la fisiologia del sistema paese. La rete corruttiva si è integrata organicamente nel rapporto tra politica ed economia. E' una lezione amara». Certo, soprattutto per la destra, che considera le regole un impaccio e un attentato al mercato. Che ha compiuto una specie di «apologia dell'evasione fiscale» arrivando fino alla «vergognosa vicenda dello scudo fiscale» e passando per le «emergenze da gestite con metodologie speciali». Ma anche la sinistra deve darsi una mossa. «Stiamo ancora a ragionare a valle, mentre bisogna scalare la montagna e trovare la fonte della questione morale. Che sta nel deficit dell'alternativa, nella soggezione culturale ai miti del liberismo, nella mancanza di autonomia tra pubblico e privato». Se gli si fa notare che anche lui, un comunista puro, è stato sfiorato dalle inchieste Vendola reagisce dicendo che non c'è «un modo fideistico di impermeabilizzare la macchina pubblica». «E comunque - aggiunge - la differenza è che a ogni scalfitura della moralità ho reagito con durezza. E' bastato un avviso di garanzia per azzerare la giunta». E questa è la verità.

Se si guarda a questo uomo con i capelli brizzolati, partito dalla Fgci nel 1972 e passato dentro la storia complicata del comunismo italiano, uno che oggi porta un anello al pollice perché glielo ha regalato un pescatore, ci si chiede quale sarà l'approdo del suo viaggio. C'è chi dice: vedrete, finirà nel Pd. «Il problema non è che cosa farò io da grande - risponde - Il problema è la sinistra che non ha una proposta di futuro. Bisogna lavorare intensamente per ricostruire un vocabolario dell'alternativa. Non dimentichiamo che la vittoria di Berlusconi è la vittoria del berlusconismo nella società». Quindi, pensa a un unico grande partito della sinistra? «E' un bel progetto - risponde pesando le parole - ma vedo percorsi ancora insufficienti. Il nostro obiettivo è la rifondazione globale della sinistra». Un compito mica da poco. E il Pd che ruolo avrà? Per Vendola il Pd «è ancora il luogo del caos per via della sua identità». Però...«Però dobbiamo confrontarci sull'alternativa. Io credo che non siamo lontanissimi dal capolinea del berlusconismo. E se non ci sarà una risposta forte nostra, non è detto che quella crisi produrrà un'evoluzione».

Il candidato presidente è convinto che molti dei germi della nuova sinistra stiano già nella "fabbrica di Nichi", luogo di idee e di passioni che si sta estendendo in tutta Italia. «Lì vedo azioni di civismo, lì sento il profumo di un'altra politica». L'ultima curiosità riguarda D'Alema. Dopo il voto delle primarie vi siete sentiti? «No, non ancora. Ma lui verrà a sostenermi. Credo che noi due dobbiamo parlarci guardandoci negli occhi, è quel che si fa quando ci sono rapporti antichi e le lacerazioni sono state importanti. Dobbiamo ricostruire un dialogo mai interrotto». E' un poeta, Vendola, un grande sognatore, uno che non ha ancora «elaborato la morte di Alda Merini». Ma è un poeta che ci tiene alle cose che fa. Infatti ha scelto uno slogan così: la poesia è nei fatti. Insomma: anche i poeti sanno fare, governano. Ora deve correre, lo aspettano a un'iniziativa contro la mafia. A lui che si definisce «la sinistra che vince» e il «poeta dei fatti», Alda Merini, con quel suo sguardo tenero, avrebbe dedicato questi versi: forse i sogni sono giovinezza / e peccato d'amore.

Chissà.

26 febbraio 2010
da unita.it
Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!