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Autore Discussione: Mokbel e la Mambro: l'ho tirata fuori io  (Letto 2361 volte)
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« inserito:: Febbraio 25, 2010, 09:40:24 am »

Si vantava di avere conoscenze fra gli 007 della Cia e nella commissione Telekom Serbia

Mokbel e la Mambro: l'ho tirata fuori io

L'imprenditore, l'ultradestra e i rapporti con un esponente della banda della Magliana


ROMA — Basta leggere il suo nome per capire le sue origini. Padre egiziano e madre napoletana, Gennaro Mokbel, 49 anni, cresce a Roma nel quartiere semiperiferico del Nomentano. Ed è qui che comincia le frequentazioni con la destra che diventerà rapidamente eversiva. È qui che il giovane Gennaro coltiva i suoi sogni di gloria. Primo e unico indiscusso amore: la politica.

Un sogno inseguito da sempre. Mai realizzato. Non in maniera diretta, perlomeno. Gennaro Mokbel è poco più che un ragazzino quando i poliziotti dell’Ucigos bussano alla sua porta e trovano in casa Antonio D’Inzillo, un ex-esponente dei Nar accusato di aver ucciso Enrico De Pedis, il boss della Magliana. L’uomo che avrebbe gestito il sequestro di Emanuela Orlandi, secondo le testimonianze di Sabrina Minardi, ex-amante proprio del boss che venne sepolto tra gli onori nella cripta della basilica di Sant’Apollinare.

È il 22 maggio 1992. Mokbel ha 21 anni, quel giorno. D’Inzillo 29. Gennaro viene denunciato. Antonio finisce in carcere. Ma i due non si separeranno più. Almeno a giudicare da quanto sostiene nell’ordinanza il gip Aldo Morgioni. Perché, è vero, uscito dal carcere, Antonio D’Inzillo sparirà dall’Italia e diventerà latitante. Ma secondo il gip è proprio Mokbel che ancora oggi paga le spese della latitanza di D’Inzillo: in Africa.

Sms. Intercettazioni. Scambi di molte telefonate: Mokbel sostiene di essere molto vicino ancora a Francesca Mambro e Valerio Fioravanti. Anche economicamente. Si vanta di averli «tirati fuori». Come dei suoi contatti oltreoceano con la Cia, l’intelligence americana. O di quelli nostrani con un generale come Francesco Cerreta, il comandante del nucleo speciale di polizia valutaria e consulente della commissione parlamentare Telekom Serbia. Mitomane? Megalomane? Abilissimo tessitore di trame?

Di Gennaro Mokbel non è facile avere notizie. Scarsissime anche le sue fotografie. Da qualche giorno, poi, in Parlamento nessuno sembra averlo mai visto in faccia. Mai conosciuto. Persino il senatore Sergio De Gregorio, così vicino al senatore Di Girolamo, nega di aver mai avuto a che fare con lui. Eppure, anche qui: le carte del gip Morgioni parlano chiaro. E cantano: «Gennaro Mokbel avviò una serie di contatti con esponenti politici di primo piano che culmineranno con la candidatura il 13-14 aprile 2008 al Senato di Di Girolamo...».

Inutile. Soltanto Giacomo Chiappori, deputato Lega nord, ammette, con chiarezza: l’ho conosciuto nel 2007. E poi spiega che era una questione politica, perché Mokbel voleva aderire al suo movimento, prima di decidere di fondarne uno tutto suo: il Partito Federalista. Inseguendo un sogno che non decollerà mai.

Perché con il suo Partito Mokbel non va oltre i confini dei municipi di Roma. In compenso sembra non conoscere limiti la sua «finanza creativa ». Quella che prevedeva anche il riciclaggio di diamanti: è del 21 settembre 2007 l’intercettazione tra Mokbel e un suo socio, Marco Toseroni, mentre parlano di vendere e riciclare diamanti. Roba da milioni e milioni di euro.

Quella «finanza creativa» che, praticata con sua moglie Giorgia Ricci, lo aveva portato ad una condanna definitiva multipla: traffico di stupefacenti, acquisto di cose di provenienza sospetta, detenzione d’armi, lesioni aggravate, usurpazioni di titolo. Ma che non gli aveva impedito di continuare a fare la bella vita, tra gioielli, circoli prestigiosi, Porsche, Ferrari. E la politica nel cuore.

Alessandra Arachi

25 febbraio 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA
da corriere.it
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