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Autore Discussione: ANNA MASERA  (Letto 4759 volte)
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« inserito:: Febbraio 25, 2010, 09:36:08 am »

25/2/2010 - LA CONDANNA DI GOOGLE

Caduto un principio siamo tutti più cinesi

   
ANNA MASERA

Dopo la sentenza di ieri, che bolla Google come penalmente responsabile per contenuti caricati dagli utenti sul Web, siamo tutti più cinesi. Il mondo su Internet si chiede come mai in Italia si attacchino i principi fondamentali di libertà sui quali è stata costruita Internet. E come mai ci si metta di traverso alla legge europea, che mette i fornitori al riparo dalla responsabilità se rimuovono i contenuti illeciti non appena informati della loro esistenza (come ha fatto Google). Questo meccanismo ha contribuito a far fiorire la libertà di espressione in Rete proteggendo al contempo la privacy di ognuno. Se YouTube o Facebook sono ritenuti responsabili del controllo di ogni singolo contenuto caricato sulle loro piattaforme, il Web come lo conosciamo cesserà di esistere, assieme a molti benefici connessi.

La pretesa che Google si doti di un sistema di censura per filtrare i filmati in rete è come incriminare la Società Autostrade per mancato controllo degli automobilisti al casello. E’ vero che Google, che pure è a fini di lucro e mette il casello dove vuole, deve dotarsi della migliore tecnologia possibile per evitare gli abusi. E’ quello che sta facendo, grazie a quell’etica di impresa («we shall do no evil») che ha contribuito a determinare il suo successo. Ma il possesso della patente deve essere controllato dal poliziotto, non dal casellante. Ed è ora di prendere atto dell’inapplicabilità tecnologica di certe misure. I guai di Google non sono solo in Italia, perchè questo nuovo intermediario fa paura ai concorrenti, ma finora solo la Cina l’ha censurata.

Dal New York Times ci chiedono: «L’accanimento contro Internet in Italia è perchè è una rete di comunicazione libera alternativa alle tv berlusconiane?». Risponde Luciano Floridi, Cattedra Unesco in Etica Informatica: «Non credo in un complotto, ma mille fiocchi di neve formano una slavina». La decisione dei giudici si aggiunge alle proposte di legge per imbrigliare Internet, contribuendo a un’atmosfera illiberale e demagogica che influisce anche sulla competitività del Sistema Italia: siamo al 78° posto del World Bank Group per facilità nel condurre gli affari. Oggi siamo tutti più cinesi.

da lastampa.it
« Ultima modifica: Marzo 08, 2010, 08:51:36 am da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Marzo 08, 2010, 08:52:04 am »

7/3/2010 - LE INDAGINI PER I CENT'ANNI DELLA FESTA DELL'OTTO MARZO

Se ben che siamo donne
   
Anna Masera

Secondo i sondaggi nell'immaginario femminile non c'è più il mito del Principe Azzurro. E' un bene?
Non ci interessa la mimosa, contiamo su noi stesse senza aspettare il Principe Azzurro, rischiamo di essere troppo aggressive, egoiste e poco seducenti, ma chi può darci torto? Alla fine, finchè qualcosa non cambia nell'organizzazione di questa società, forse è meglio così, no? (Votate l'instant poll qui).

"È una donna autarchica, che non rinuncia ai suoi desideri, tanto meno per tenersi stretto un uomo, la donna che festeggerà domani l’ 8 marzo alla fine del primo decennio degli anni 2000" scrive l'Ansa. "Le mimose sono ancora bene accette, come anche le manifestazioni di «cortesia» e di attenzione che gli uomini vorranno manifestare all’altra metà del cielo, speriamo non solo in occasione dell’ 8 marzo, ma la donna attuale ha capito che può contare solo su stessa, e non aspetta più il «Principe Azzurro»".

Mi ritrovo abbastanza nell'analisi dell’osservatorio Mauri Lab, che ha studiato la rappresentazione della donna sui media e nel sociale attraverso 1600 tra riviste e siti di costume e 180 interviste a esperti tra sociologi, psicologi e comunicatori. Il 67% degli esperti consultati definirebbe la donna di oggi appunto come ’autarchica', ovvero in grado di badare e bastare a se stessa (52%), capace di vestire anche i panni che l’uomo ormai ’femminilizzato' o ’eternamente bambino' ha abbandonato (46%), con la voglia di realizzarsi, ma senza abdicare al carrierismo esasperato (41%).

Secondo un sondaggio fatto da Virgilio, il portale di Telecom Italia, la donna del nuovo millennio è "concreta, sicura e autonoma". Dei sogni da bambina, dopo avere capito che il principe azzurro non esiste, rimane in piedi quello di avere una bella casa. Ama lavorare e agli uomini piace avere una donna come ’boss’, ma spesso fa ’scappare' i ragazzi perchè è aggressiva e poco femminile, riporta l'Apcom.

Per il 61% degli utenti web la mimosa non è più il simbolo della donna. Vincono silicone e tacchi alti, ma per il 20% è la bacchetta magica a rappresentare meglio una donna capace di dividersi tra lavoro, casa e famiglia.

Le italiane ’svoltano' e preferiscono l’high tech a fiori e cioccolatini: secondo una ricerca svolta da Nextplora per Samsung Italia più del 50% delle donne italiane si aspetta di ricevere un regalo per la festa della donna. Ma se il 49% del campione non abbandona la tradizione e si aspetta un bel mazzo di fiori, il 72% delle intervistate desidererebbe un oggetto tecnologico, regalato da una persona speciale.

E, nonostante le bambine crescano sognando favole e castelli, il tradizionale desiderio per una casa spaziosa si scontra con la dura realtà e le donne italiane si rivelano molto concrete al momento della ricerca di un'abitazione, puntando per lo più su dimensioni contenute, 60-80 mq (27%) o 80-100 mq (23%), o, soprattutto nel caso delle single, spiega Casa.it, su monolocali e piccoli appartamenti fino a 60 mq (19%).

Donne sempre più in alto nella carriera, con il 15% degli uomini lombardi che preferisce avere proprio una donna come responsabile sul posto di lavoro. A questa fotografia di concretezza, di donna autonoma che ormai ha conquistato praticamente tutto quello che prima era di dominio prettamente maschile, si accompagna però un aspetto negativo, almeno per quanto riguarda i rapporti con gli uomini. Secondo l’ultimo sondaggio dell'accademia internazionale «Stefano Benemeglio» delle discipline analogiche, infatti, gli uomini si lamentano delle donne che secondo loro non sanno essere seducenti e sono troppo aggressive: secondo il 30% del campione di sesso maschile, infatti, le donne oggi sono poco femminili e per il 28% sono egoiste.

Sono dati che vi trovano d'accordo?

da lastampa.it
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« Risposta #2 inserito:: Agosto 15, 2011, 06:29:45 pm »

23/7/2011 - IDEE A CONFRONTO: VINCE JAY ROSEN CONTRO NICHOLAS CARR

Internet migliora il giornalismo

Anna MASERA

Il dibattito sul sito dell'Economist: i social media hanno cambiato il modo di informare: la comunicazione non è più dall'alto al basso, ma "orizzontale"

Nel dibattito online dell’Economist sul futuro del giornalismo, Nicholas Carr sosteneva che Internet lo peggiora e Jay Rosen che lo migliora. Alla fine ha vinto il punto di vista del professor Rosen. E’ vero che Internet danneggia il modello di business dei media tradizionali, ma migliora il giornalismo: perchè abbassa i costi e apre il mercato, fa arrivare ovunque le notizie, offre nuovi strumenti a chiunque li voglia e cambia l’equilibrio del potere tra utenti e giornalisti; il pubblico si è ripreso il controllo a colpi di clic.

Come raccogliamo, filtriamo e distribuiamo le notizie coi social network cambia, perchè i nuovi media sono «orizzontali»: cioè le news non arrivano più solo dai reporter che le scrivono, dall’alto al basso, ma emergono da un ecosistema in cui giornalisti, fonti e utenti si scambiano le informazioni in maniera orizzontale.

Secondo i dati Pew/Nielsen, già oggi il 30% dei visitatori dei siti dei giornali arriva dall’aggregatore Google News, ma per Josh Nieman, del laboratorio di giornalismo di Harvard, grazie alla facilità d’uso dei bottoni «condividi» o «mi piace» cresce a vista d’occhio l’audience di Facebook e simili.

Alcuni giornali (tra cui LaStampa.it) mettono in evidenza per i loro lettori gli articoli raccomandati dai loro amici. E secondo Liz Heron, «social media editor» del New York Times, gli stessi giornalisti sono più inclini a guardare blog, Facebook, Twitter e gli altri social media come un valore aggiunto rispetto ai media tradizionali: un cambio di atteggiamento prezioso per i giornalisti che vorranno restare in testa al cambiamento.

da - http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=2&ID_articolo=1238&ID_sezione=3
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« Risposta #3 inserito:: Ottobre 06, 2011, 04:50:13 pm »

5/10/2011

Censura sventata dopo la protesta Wikipedia contro la legge bavaglio

La rivolta in Rete è servita: il comma che riguarda i blog è stato modificato aggiornamento del 5 ottobre

Anna MASERA

Ricevo dall'onorevole Pdl Roberto Cassinelli:

"Gli onorevoli Antonio Di Pietro e Federico Palomba (Idv) dichiarano di avere presentato un emendamento per difendere il web.
A loro dire, quello approvato dal comitato dei nove su proposta del deputato Roberto Cassinelli (Pdl), metterebbe un "bavaglio" alla rete e sarebbe molto diverso dall'emendamento 1.369 da loro stessi presentato. "Giudichi il popolo della rete chi vuol mettere il bavaglio e chi si batte per difendere un principio democratico fondamentale", ha dichiarato l'on. Palomba.

Affinché il popolo della rete possa giudicare, si trascrive testualmente di seguito come i due emendamenti modificherebbero il comma 29:
 
Il comma 29 secondo l'emendamento approvato dal comitato dei nove su proposta di Cassinelli (Pdl): "Per i siti internet che recano giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica e registrati ai sensi dell’articolo 5, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono".
 
Il comma 29 secondo Di Pietro e Palomba (emendamento 1.369, fonte Commissione giustizia):  "Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica e soggetti all’obbligo di registrazione di cui all’articolo 5, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono".
 
"Appare chiaro che l'emendamento approvato dal comitato dei nove restringe l'obbligo di rettifica online alle sole testate giornalistiche registrate, mentre il testo dell'Idv non risolve alcun problema" conclude Cassinelli.

Più che altro, appare chiaro che la protesta in Rete - anche di Wikipedia - è servita! :-)

Ecco la dichiarazione di Luca Nicotra, segretario dell'Associazione radicale Agorà Digitale: "Già l'anno scorso sull'onda della mobilitazione in Rete l'iter della legge bavaglio fu interrotta. Ora, la mobilitazione di migliaia di blogger, associazioni e cittadini, grazie al supporto senza precedenti nella storia di uno dei piú grandi progetti di conoscenza condivisa, quale l'enciclopedia libera Wikipedia, ha portato ad una importante retromarcia sul comma cosiddetto ammazzablog/Wikipedia, che la maggioranza ha oggi deciso di limitare alle testate giornalistiche registrate. Siamo determinati a continuare la nostra mobilitazione, a partire dalla manifestazione a cui partecipiamo oggi al Pantheon, affinchè questo cedimento possa essere solo il primo passo del crollo dell'intero impianto del ddl intercettazioni".

da - http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=2&ID_articolo=1262&ID_sezione=3
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« Risposta #4 inserito:: Aprile 17, 2012, 12:04:34 pm »

Cultura

17/04/2012 - la storia

La bella e la bestiaccia un blog dal cancro

Anna Lisa Russo e il suo sorriso che la malattia non ha spento.

La ragazza è morta lo scorso autunno a 33 anni

ANNA MASERA

Ce l’ha fatta: è riuscita a non farsi dimenticare. Da oggi è in libreria Toglietemi tutto ma non il sorriso, il libro di Anna Lisa Russo, la «nostra» blogger («nostra» perché aveva accettato di pubblicare su LaStampa.it il suo diario online Ho il cancro) morta a 33 anni il 4 ottobre dell’anno scorso nel reparto di cure palliative dell’ospedale di Livorno, dopo tre anni di battaglia raccontati con coraggio e voglia di condivisione online a migliaia di simpatizzanti che le sono stati solidali fino alla fine. Era diventata una nostra amica e siamo felici di sentirla ancora viva attraverso i suoi progetti.

Negli ultimi giorni di vita era riuscita a sapere che la Mondadori aveva accettato di pubblicare il suo libro, con la prefazione del direttore della Stampa, Mario Calabresi. Qui ne pubblichiamo alcuni stralci. Per non dover più leggere «non ci sono terapie per il mio cancro»: Anna Lisa era convinta che ci fossero sempre strade nuove da percorrere e che la ricerca avrebbe fatto passi avanti, anche grazie a piccoli gesti di solidarietà che ognuno può compiere per sostenerla.

Grazie ai familiari (la sua «Mamy» e il suo «Qualcuno», il marito Andrea sposato l’estate scorsa in ospedale) e agli amici, il 15 dicembre è nata in suo nome un’associazione (www.annastaccatolisa.org) per la prevenzione, la ricerca e la cura dei carcinomi mammari, fondata con Oltreilcancro, che via Internet sta raccogliendo i fondi per finanziare una borsa di studio di 20 mila euro per la ricerca sui carcinomi mammari tripli negativi: il genere di «bestiaccia» che aveva colpito Anna Lisa. Entro il 20 aprile sarà pubblicato il bando. Sul sito campeggia la cifra raccolta finora: 12.207 euro. Forza: diamole una mano.

DA - http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni/articolo/lstp/450421/
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« Risposta #5 inserito:: Ottobre 28, 2017, 05:44:13 pm »

Populismo, un termine alla moda
“Gramsci, avanti populisti alla riscossa” (un articolo d’archivio de La Stampa)
Pubblicato il 24/10/2017

ANNA MASERA
TORINO

«Sbaglio o i media stanno abusando della parola populismo?» ci scrive un’insegnante torinese abbonata a La Stampa. Abbiamo verificato i dati con una ricerca in archivio che si è rivelata interessante. 
 
Su La Stampa, il termine «populismo» ha cominciato a comparire in maniera evidente intorno al 1992 nell’epoca di Mani Pulite fino a essere menzionato 93 volte nel 2010 (23 volte «populisti», solo 8 «populismi»), ma solo in questi ultimi due anni è triplicato (243 menzioni nel 2016, 311 nel 2017), con una crescita esponenziale anche per «populista» (da 119 menzioni nel 2015 a 294 nel 2016), «populisti» e «populismi»: dal 1 gennaio al 20 ottobre di questo 2017 tutt’ora in corso rispettivamente balzati a 255 e 155 menzioni.
 
La parola deriva dall’inglese populism e risale alla rivoluzione americana e al presidente Andrew Jackson, secondo la Treccani anche al movimento di fine Ottocento in Russia, che si proponeva una sorta di socialismo rurale per migliorare le condizioni delle classi diseredate. Per estensione, Treccani lo definisce un «atteggiamento ideologico che esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi». 
 
Il termine oggigiorno è portatore di un’accezione negativa perchè viene spesso usato nel linguaggio politico come un insulto, sinonimo di razzismo, estremismo, rabbia associata a ignoranza, e per il pubblico può essere fuorviante. E’ spesso usato per spiegare l’ascesa del Movimento 5 Stelle in Italia e di Donald Trump negli Usa, il voto a favore della Brexit e l’ascesa dei leader xenofobi europei, il movimento indipendentista in Catalogna ma anche lo scetticismo verso i vaccini. E’ il termine giusto? 
 
I media hanno sempre cavalcato parole chiave che diventano slogan di moda. Servono per farsi capire al volo senza dover spiegare ogni volta un concetto. Ma se usate impropriamente, quando non sono necessarie, perdono il loro significato banalizzando il discorso. Con la narrativa populista si semplifica il mondo politico dividendolo in due macro-categorie monolitiche, il popolo oppresso e l’élite privilegiata. E’ una narrativa potente che cattura l’immaginazione in un contesto di insicurezza economica, di terrorismo, di guerra, o di cambiamenti culturali. Ma vale la pena discernere e spiegare meglio ogni volta che cosa si intende.

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Da - http://www.lastampa.it/2017/10/24/cultura/opinioni/public-editor/populismo-un-termine-alla-moda-umrdwzYCwznKllGOelWF1J/pagina.html
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