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Autore Discussione: FRANCO BRUNI Se Atene piange Bruxelles non ride  (Letto 2050 volte)
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« inserito:: Febbraio 02, 2010, 02:14:10 pm »

2/2/2010
Se Atene piange Bruxelles non ride
   
FRANCO BRUNI

L’euro tende da qualche tempo a indebolirsi rispetto al dollaro, seppur con brevi risalite. La spiegazione più diffusa è la crisi del debito greco e la possibilità che altri Paesi dell'eurozona ne vengano contagiati. Potrebbe succedere al Portogallo, ma anche la situazione spagnola è preoccupante. Più in generale, tutta la finanza pubblica europea, non ultima quella dell'Italia, deve affrontare un difficile periodo di aggiustamento che metterà alla prova la capacità di funzionare del Patto di Stabilità e Crescita che vede molti Paesi in situazione di «deficit eccessivo». La finanza pubblica statunitense non sta certo meglio, ma la debolezza dell'Europa è nel fatto di non avere un controllo centrale delle politiche di bilancio sufficiente per dare credibilità alla moneta unica. A tratti si diffonde persino il timore, piuttosto assurdo, che l'euro possa perdere dei pezzi, col ritorno di monete nazionali nei Paesi più deboli.

Bruxelles sta cercando di intervenire sulla Grecia imponendo provvedimenti severi e dettagliati. Il problema greco non è solo la finanza pubblica, ma l'insufficienza complessiva del risparmio nazionale che non permette di accollare al settore privato l'onere del debito della pubblica amministrazione. Bisogna incidere sulla distribuzione del reddito, sulla dinamica e la struttura dei salari, sugli incentivi e la produttività, rilanciando la competitività d'insieme dell'economia. L'operazione è complessa e richiede un impegno prolungato in collaborazione con le autorità europee. L'arma delle «multe», che il Patto consente di imporre ai Paesi che non si disciplinano, è spuntata: dover pagare una multa allontanerebbe ancor più il riequilibrio finanziario della Grecia. E' probabile che venga considerata la strada opposta: concedere un consistente aiuto temporaneo al Paese, condizionato all'adozione di drastici provvedimenti di aggiustamento a medio termine. Il mercato valutario sarà comunque molto attento a come le autorità comunitarie sapranno condurre la partita ellenica soprattutto perché il caso greco, che in sé ha una dimensione limitata e gestibile, è un esempio importante della capacità dell'eurozona di fare passi avanti sostanziali nell'accentrare progressivamente gli aspetti strategici e la sorveglianza d'insieme delle politiche economiche degli Stati membri.

Questa azione comunitaria potrebbe venir stimolata dalla debolezza dell'euro che sarebbe sciocco trascurare solo perché, a breve, fa comodo agli esportatori. Una solida ripresa del ciclo economico europeo non può basarsi sullo stimolo effimero delle esportazioni a buon mercato: anzi, l'Europa ha bisogno soprattutto di rafforzare la sua domanda interna e, allo stesso tempo, l'efficienza della sua «offerta aggregata», cioè della sua capacità produttiva. L'economia europea deve essere capace, gradualmente, di produrre e vendere di più e meglio, sia al suo interno che globalmente, mantenendo l'euro solido e forte.

A questo fine, oltre a rafforzare la disciplina comunitaria delle politiche economiche, l'eurozona deve tornare a normalizzare tempestivamente la sua politica monetaria e procedere al varo dei provvedimenti di riorganizzazione della vigilanza centralizzata sui mercati e gli intermediari finanziari che la Commissione e il Consiglio hanno presentato in dicembre. Su entrambi i fronti occorre coordinarsi con gli Usa, ma la Bce potrebbe, già nella prossima riunione di giovedì, annunciare più chiaramente l'intenzione di cominciare presto ad alzare gradualmente i tassi. La debolezza «di origine greca» dell'euro le dà un'opportunità in più per muoversi in questa direzione perché compensa la spinta al rialzo che il cambio europeo riceverebbe dai tassi più elevati. Quanto al riassetto e alla centralizzazione della vigilanza, è augurabile che il Parlamento proceda speditamente a costituire, con le debite messe a punto, le nuove autorità centrali che il Consiglio ha sottoposto al suo esame. Non avrebbe senso incolpare la Grecia per una fragilità dell'eurozona che rimarrà tale fino a quando gli organi comunitari non prenderanno le decisioni che spettano a loro.

franco.bruni@unibocconi.it
da lastampa.it
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