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Autore Discussione: CARMINE SAVIANO. -  (Letto 20706 volte)
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« inserito:: Gennaio 25, 2010, 10:00:06 am »

Dalla risposta di Vendola a D'Alema all'autodifesa di Sandra Lonardo Mastella

Una nuova modalità che grazie a YouTube è diretto ed economico

Primo piano, sorrisi e librerie

E i politici scoprono le videolettere

di CARMINE SAVIANO


INQUADRATURA fissa, primo piano e sguardo in camera. Il più delle volte una parte della propria libreria in bella mostra. Modi affabili e sorrisi. E' questa la scenografia di massima delle video lettere che i politici italiani inviano ai propri elettori. Un modello comunicativo che si diffonde sempre più. Dall'ultimo messaggio di Nichi Vendola a Massimo D'Alema passando per le letterine di Natale di Sandra Lonardo in Mastella e di Antonio Di Pietro. In tempi di politica-spettacolo un modo semplice ed economico per manifestare la propria esistenza. Un modo che, grazie a YuoTube, è alla portata di tutti.

Nichi Vendola ha scelto le videolettere come mezzo privilegiato di comunicazione con gli elettori. Sul canale ufficiale di Youtube dell'attuale governatore della Puglia ce ne sono molte. Da quella dell'8 dicembre in cui spiega i motivi della propria ricandidatura fino a quella, intimista, del 21 gennaio. Destinatario: Massimo D'Alema; oggetto: armistizio in vista delle primarie: "Caro Massimo sono stato iscritto alla FIGC fin dal 1972. Tu sei sempre stato per me un punto di riferimento. Se ho commesso degli errori è stato per la mia terra e per il mio popolo". E anche la storia politica di D'Alema è segnata da uno spot-messaggio lanciato ai cittadini italiani prima delle regionali del 2000. Un impegno, mantenuto, a lasciare la presidenza del Consiglio in caso di sconfitta del centrosinistra.

Attraverso le video lettere si stabiliscono punti programmatici e si indicono manifestazioni. Piccoli vademecum che ogni militante può scaricare e guardare quante volte vuole. Come il messaggio lanciato in rete da Pierluigi Bersani ad mese dalla sua elezione a segretario del Pd, in cui invitava i democratici ad "accendere i riflettori" sulla crisi economica. O la lettera che gli organizzatori del
No B Dayhanno fatto circolare in rete a poche ore dalla manifestazione del 5 dicembre. E poi l'archetipo delle video lettere politiche italiane, i nove minuti in cui Silvio Berlusconi annunciava, il 26 gennaio del 1994, la sua discesa in campo. Immagini a cui sono state dedicate decine di saggi di comunicazione politica e migliaia di pagine di quotidiani e riviste.

Un modello di comunicazione molto diffuso nel centrodestra italiano. Nell'attuale governo, quasi tutti i ministri hanno una pagina su Youtube da dove lanciano indicazioni ai cittadini e spiegano i provvedimenti adottati. Molto seguito il canale di Mariastella Gelmini, con più di un milione di visualizzazioni. E il video più cliccato è quello in cui il ministro dell'Istruzione si rivolge direttamente agli studenti. Meno frequentato, ma con molto materiale, lo spazio youtube del governo Italiano: conferenze stampa e qualche messaggio ad hoc del presidente del Consiglio.

Grande uso dei video messaggi anche nei maggiori comuni italiani. Massimo Cacciari, sindaco di Venezia, dialoga in rete con i propri cittadini sottolineando spesso i problemi dei giovani stretti tra crisi economica e crisi della scuola. E Il primo cittadino di Milano, Letizia Moratti lancia online dei veri e propri sondaggi d'opinione sui problemi della città. A Roma molto seguite la web tv della provincia, con messaggi del presidente e degli assessori, e quella del sindaco Alemanno. E di pochi giorni fa la video lettera dell'intero gruppo consiliare del Pd milanese in cui i senatori venivano invitati a non approvare il disegno di legge sul processo breve.

Spesso le video lettere sono il detonatore di polemiche a non finire. Gli ultimi due casi eclatanti nei giorni della vacanze natalizie. Il 22 dicembre 2009 Sandra Lonardo, il presidente del Consiglio Regionale della Campania sottoposta al divieto di dimora in regione, invia ai media i suoi auguri di Natale: "Sono esiliata da due mesi. Ma pregherò per tutti, sono una persona perbene". O la lettera  del giorno seguente in cui Antonio Di Pietro si rivolgeva a Gesù Bambino sottolineando la sua indisponibilità per le riforme perché "con il diavolo non si può dialogare".

All'estero una buona parte della comunicazione politica è fatta da messaggi diretti in prima persona ai cittadini. Quattro milione di visite per il canale Youtube di Downing Street, aggiornato quasi quotidianamente con gli interventi di Gordon Brown. O la tv online di Nicolas Sarkozy, molto attiva durante la campagna elettorale del 2007. E, naturalmente, grande risonanza mediatica hanno i messaggi di Barack Obama, visti la bellezza di 144 milioni di volte. Tra i più visti quello del 4 novembre scorso, ad una anno dall'elezione. Poi Kremlin, il canale del Cremlino passando per quello della presidenza della Repubblica Italiana recentemente istituito.

Neanche il sacro disdegna Youtube. La web tv del Vaticano è una delle più seguite, e cliccatissimi i canali della Diocesi di Milano - con gli interventi del cardinale Tettamanzi - e di quella di Napoli dove in primo piano c'è un video sulla pagina Facebook del cardinale Crescenzio Sepe.

© Riproduzione riservata (23 gennaio 2010)
da repubblica.it
« Ultima modifica: Aprile 30, 2013, 11:33:06 am da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Aprile 01, 2010, 07:47:19 am »

Su internet una enorme e virtuale sezione di partito.

Per Bersani critiche  ma anche inviti ad andare avanti

Sui forum la ricerca degli outsider, da Vendola alla Bonino.

I dubbi e le domande sull'exploit di Grillo

Centrosinistra, il voto accende la discussione

Elettori e militanti: in Rete la voglia di cambiare

di CARMINE SAVIANO


GRILLINI, bersaniani e radicali. E poi dipietristi delusi, post-comunisti affranti e vendoliani in giubilo. Nelle ultime ore il popolo della sinistra discute sul web l'esito delle amministrative. Suggerendo soluzioni o criticando strategie politiche e modelli comunicativi. Un enorme e virtuale sezione di partito. Dove l'analisi del voto è spesso spietata. E dove a finire sul banco degli imputati sono dirigenti e leader. Il confronto sulle regionali appassiona nelle ultime ore decine di migliaia di navigatori. Che lasciano i loro commenti da Facebook fino a Repubblica.it. E tra voglia di lasciare perdere e inviti alla calma, tutti riflettono sul caso Grillo.

I pretoriani del segretario. Sulla pagina Facebook di Pierluigi Bersani sono molti quelli che difendono le scelte del Pd. Sotto accusa le "logiche da bar" di chi pensa che "qualsiasi cosa accada, il problema siano sempre i vertici". C'è chi da la colpa al "fuoco incrociato" subito dalle televisioni del premier durante tutta la campagna elettorale. E chi invita a pensare agli aspetti positivi messi in luce dalle amministrative: "Pierluigi tieni duro. Abbiamo le intuizioni di Vendola, gli spunti di Renzi e Prodi, il modello della Liguria". E sulla lettera dei 49 senatori: "Bersani, non farti mettere in mezzo ad una nuova lotta intestina".

La fronda democratica. Ma il segretario del Pd è anche il più bersagliato tra i leader del centrosinistra. I capi d'accusa: mancanza di facce nuove, lentezza nella comunicazione, invisibilità del partito sulle questioni cruciali. E le parole utilizzate non lasciano spazio a interpretazioni. Si parla di "disfatta" e "sconfitta", di "perdita d'identità" e di "nessuna inversione di tendenza". Poi il caso Grillo. Si parte con esplicite ammissioni di voto disgiunto: "in Campania ho votato il candidato del Movimento 5 stelle". Per arrivare a richieste di maggior controllo sugli organigrammi del partito. "Liberatevi dagli indagati, dai pregiudicati, dagli inquisiti. E forse un giorno tornerete al governo del Paese. Grillo non c'entra".

L'orgoglio del MoVimento. I grillini non ci stanno. Rifiutano la versione dei fatti che nelle ultime ore va per la maggiore. C'è un post che rimbalza nei mille luoghi virtuali in cui ha sede il MoVimento. Si riferisce al Piemonte. A quei 9mila voti che hanno impedito la vittoria del centrosinistra. "Il MoVimento non ha fatto perdere la Bresso. Ha tolto voto a tutti i partiti. E ha preso i voti di chi non ha mai amato la Lega e dei giovani". E ancora: "Se i partiti sono morti non è colpa nostra". Quello tra i partiti e i grillini è un reciproco sospetto che cresce di ora in ora. E che approda anche sui lidi dell'Italia dei Valori, la formazione politica più vicina al MoVimento.

Di Pietro e il richiamo all'ordine. Il presidente dell'IdV interviene di persona. E ferma il tiro al bersaglio che sulla sua pagina Facebook ha per oggetto il movimento di Grillo. "Ho letto molti commenti contrastanti sul MoVimento 5 Stelle, ma ritengo sia inutile cercare capri espiatori", scrive Di Pietro. Gli elettori dell'IdV accusano Grillo di aver eroso consenso: "Ha remato contro", "ci ha portato via migliaia di voti". E quando viene proposta la fusione tra Italia dei Valori e MoVimento 5 Stelle, si scatena un putiferio. Si va dal "Sono favorevole, fatelo per i vostri elettori", fino a "mai con Grillo".

Gli outsider, il futuro e le colpe del Pd. Se su Bersani e Di Pietro piovono più critiche che commenti positivi, Nichi Vendola ed Emma Bonino sono i più coccolati dalla rete. Le ultime dichiarazione del governatore della Puglia - "Non c'è futuro per i partiti. Io credo nelle virtù civiche" - vengono sottoscritte da centinaia di utenti. C'è chi arriva a definirlo il 'messià del centrosinistra. E chi lo elogia anche per "aver fatto dimettere Raffaele Fitto". Per Emma Bonino un coro di elogi. Con i radicali stretti intorno alla loro 'Emmatar', che non risparmiano critiche ai democratici: "Il fatto che il Pd non sia riuscito a dare davvero il suo appoggio 'senza se e senza ma e che questo abbia portato alla sconfitta è un danno per l'Italia".

La rabbia dei post-comunisti. Sulla sua pagina Paolo Ferrero riceve decine di attestati di stima. Ma anche molte critiche: "Ho votato per l'ultima volta Rifondazione Comunista. Un partito di nomenclature, fatto da generali senza truppe". E anche in Rifondazione, si avverte il problema Grillo. "Segretario, in Campania abbiamo preso 400 voti più del MoVimento 5 Stelle. In Lombardia siamo andati sotto. In Piemonte ci hanno doppiato allegramente. In Emilia da soli hanno raggiunto l'8%. Che si fa? Alziamo bandiera bianca e chiediamo scusa ai veri Comunisti?".

© Riproduzione riservata (31 marzo 2010)
da repubblica.it
« Ultima modifica: Gennaio 24, 2011, 03:08:17 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #2 inserito:: Agosto 06, 2010, 05:48:59 pm »

CENTROSINISTRA

Democratici tra alleanze, voto o transizione

Nella blogsfera Pd più timori che speranze

di CARMINE SAVIANO


DISORIENTATI. Così si sentono gli elettori del Pd alle prese con un mutamento dello scenario politico difficilmente immaginabile solo poche settimane fa. Come in un gioco di specchi, le scosse di assestamento del terremoto in casa Pdl si avvertono anche nel maggior partito d'opposizione. Basta aggirarsi qualche ora tra i forum e i blog dell'area democratica. Discussioni nelle quali in molti sposano la linea Bersani: governo di transizione per far fronte alla crisi economica e per realizzare la riforma elettorale. Ma dove na non mancano i distinguo e le insoddisfazioni.
La dialettica interna tra i democratici cresce di ora in ora. Governo di transizione o subito al voto? E le alleanze future: con Di Pietro e Vendola? Con Fini e Casini? O da soli?

Modello Bersani.
Pierluigi Bersani lo dice chiaro e tondo. La crisi della maggioranza va affrontata "accorciando le distanze tra le forze dell'opposizione". Il messaggio, lasciato sulla pagina ufficiale di Facebook del segretario del Pd, riceve molti commenti. C'è chi scrive: "Serve una grande e forte coalizione di centrosinistra", che tenga dentro "anche Di Pietro". Poi suggerimenti per ampliare il grado di partecipazione degli elettori democratici. Il modello è quello di Grillo. "Aprite un blog dove ogni cittadino che lo desidera possa dire la propria". Il richiamo a Vendola emerge spesso: "Il governatore della Puglia serve proprio per accorciare le distanze".

Mai con la Lega.
Stesso copione nei forum sulla pagina ufficiale del Pd. Il confronto tra el ipotesi in campo è aperto. "Bisogna rinunciare a Tremonti e alla Lega. Al voto dobbiamo andare insieme all'Italia dei valori"; oppure: "E' necessario un po' di coraggio. Il Pd deve andare in direzione di un governo istituzionale, guidato da un tecnico, che sappia traghettare il Paese in questa fase delicata". E non manca chi resta folgorato dall'operazione politica di Gianfranco Fini: "Mi sto rendendo conto che l'unica alternativa a Berlusconi non è la sinistra, ma l'asse Fini-Casini". Amara constatazione di un rischio marginalità che a sinistra si comincia ad avvertire.

Il fattore Vendola.
Nelle ultime ore, fa molto discutere un articolo del Pais, che dopo una dura analisi della situazione politica italiana, indica in Nichi Vendola il solo uomo in grado di battere Berlusconi. Un articolo che nella blogosfera democratica riprendono in molti, convinti che l'unica soluzione sia una streatta alleanza con il leader di Sinistra e Liberta. Tanti gruppi. Da "Nel Pd con Nichi Vendola", fino a "Vendola segretario del Partito Democratico".

Il peccato capitale del Pd.
Pippo Civati, in un post pubblicato pochi giorni fa sul suo blog: "Da qualche giorno ragiono sul  significato di alternativa, così come ce l'ha proposto Bersani qualche mese fa. E mi pare che l'alternativa sia sempre meno netta e comprensibile. E che la politica si riduca ogni giorno di più a un gioco di palazzo, nel quale nessuno degli attori vuole essere disturbato". E poi, sul futuro del partito: "Questo è un peccato capitale. E tanti mi scrivono, mi chiamano, mi messaggiano per dirmi che per loro questa è la fine del Pd. Che nasceva come partito degli elettori, della nuova politica, della novità culturale, dell'alternativa".

Un nuovo gruppo dirigente.
Nel dibattito sulla strategia del Pd interviene anche Ignazio Marino. Che vede come una sconfitta la "rincorsa a Fini". Marino: "serve un governo tecnico per cambiare la legge elettorale e tornare ad un parlamento di persone scelte dai cittadini e non nominate dai partiti.
Poi al voto, senza paura né tatticismi di palazzo". Poi un invito ai parlamentari del PD: "Facciamo meno passeggiate in Transatlantico e più maratone nel Paese". Infine la proposta: un nuovo gruppo dirigente in grado di affrontare le elezioni: "Attiviamoci perché non si sia costretti ad inseguire Fini e il suo protagonismo, ormai di opposizione: l'opposizione siamo noi e meglio la facciamo, più coraggio e forza avremo per andare al voto. Però al voto dobbiamo preparaci, presentando un rinnovato gruppo dirigente".

(06 agosto 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/politica/2010/08/06/news/alleanze_voto_o_transizione_la_blogsfera_pd-6104885/
« Ultima modifica: Dicembre 01, 2010, 05:26:47 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #3 inserito:: Dicembre 01, 2010, 05:27:27 pm »

RIFORMA GELMINI

Fantasia al potere, ma non solo

L'organizzazione dietro la protesta

Dietro le occupazioni e le manifestazioni non ci sono solo creatività e improvvisazione.

I protagonisti del movimento raccontano l'organizzazione.

A partire dalle strategie di comunicazione e dall'importanza di internet

di CARMINE SAVIANO


SEMBRANO muoversi all'insegna dell'improvvisazione, della creatività. Ma dietro l'occupazione dei tetti, dietro cortei, sit-in e rivendicazioni c'è metodo: analisi, discussioni, decisioni. La fluidità del movimento studentesco che in questi giorni colora e prende possesso delle strade e dei monumenti italiani, è solo apparente. Organizzazione interna, rapporti con partiti e sindacati, obiettivi e modi per raggiungerli. E poi costi, il web e le strategie di comunicazione. Abbiamo chiesto ad alcuni protagonisti di raccontarci come "funziona" il movimento.

L'organizzazione di un collettivo. Discussioni orizzontali, collegamenti con le altre realtà del movimento, funzioni dei delegati. Tutto all'insegna del fai da te. "Autorganizzarsi significa tendere sempre a una discussione collettiva e orizzontale. Le decisioni sono frutto della sintesi collettiva", dicono Luciano Governali e Giorgio Sestili di Atenei in Rivolta. E se "nei singoli gruppi il raggiungimento di una sintesi è più immediato", quando la dimensione diventa quella nazionale, "sono necessari dei delegati, se necessario eleggibili e costantemente revocabili". L'obiettivo primario è "favorire sempre la massima partecipazione di tutti ad ogni processo decisionale anche attraverso votazioni". Un meccanismo comune alla maggior parte dei movimenti e dei gruppi studenteschi.

Partiti e sindacati/1. Quello dei rapporti con partiti e sindacati è un elemento che
cambia da gruppo a gruppo. E se molti collettivi sembrano refrattari all'incontro con la politica istituzionale, alcuni non nascondono legami e unita d'intenti. E' il caso della Rete 29 Aprile, quelli del tetto della Sapienza. "Siamo in contatto con tutte le componenti politiche aperte alla discussione. La R29A partecipa al tavolo intersindacale universitario insieme con FLC (Cgil) e Cisl", dice Alessandro Pezzella, coordinatore nazionale della Rete. "Abbiamo un patto di lavoro stabile con i Giovani Democratici, lavoriamo con il Pd e il suo gruppo parlamentare", ci dice Federico Nastasi, coordinatore della RUN, la Rete Universitaria Nazionale. Che aggiunge: "Tra i sindacati abbiamo sviluppato un rapporto positivo la FLC- Cgil". Ma non sempre è così. Per Claudio Riccio, portavoce di Link, "I partiti sono la nostra controparte, negli anni governi anche di centrosinistra hanno tagliato risorse all'università. Di conseguenza, è difficile che siano nostri alleati. Abbiamo un rapporto di dialogo e confronto, ma cerchiamo di essere noi a dettare l'agenda dei contenuti, e non viceversa".

Partiti e sindacati/2. Come stanno le cose sul versante dei partiti? Come s'intercettano le istanze di un gruppo studentesco? Lo abbiamo chiesto a Michele Grimaldi, membro dell'esecutivo dei Giovani Democratici - l'organizzazione giovanile del Pd - che cura i rapporti con il mondo della scuola e dell'Università. Prima una precisazione: "Anche noi siamo parte del movimento. Prima di essere militanti siamo studenti, ricercatori, precari e viviamo con la nostra generazione tutti i luoghi del conflitto, perché sono i nostri luoghi, la nostra indignazione, la nostra speranza di cambiamento". L'obiettivo è dare una prospettiva politica al movimento: "Gli studenti diffidano da un certo tipo di politica, quella fondata sul populismo e sulle leadership personali. Siamo una generazione che paga colpe, crisi, errori ed egoismo delle generazioni precedenti. Tutto questo oltre ad essere ingiusto è divenuto insostenibile. Perciò è necessario dare risposte alle istanze di una generazione che non è più disposta a sopravvivere ma vuole vivere".

I costi della protesta. E le idee, le motivazioni e le attività del movimento studentesco sono messe alla prova dai costi necessari per realizzarle. La parola chiave è autofinanziamento. "Riduciamo al minimo le spese", dice Alessandro Pezzella. Da Atenei in rivolta: "I collettivi si sostengono economicamente tramite l'organizzazione di feste all'università, pranzi sociali e iniziative di autofinanziamento. Non riceviamo ovviamente il supporto economico di nessuna organizzazione politica o sindacale". Claudio Riccio, Link: "In questo momento abbiamo in cassa 220 euro, siamo una realtà che ha scelto l'autofinanziamento e l'autonomia, anche se sappiamo che ciò comporta grandi sacrifici. L'unico aiuto dall'esterno è l'ospitalità che Libera, l'associazione antimafia di Don Ciotti, ci da nella sua sede nazionale".

L'importanza del web. "Come facevamo prima?". E' la domanda, retorica e ricorrente, che tanti protagonisti del movimento si fanno. "Tramite internet facciamo tutto, dalla pubblicizzazione delle iniziative, alla condivisione di documenti e informazioni. Decidiamo tutto attraverso discussioni di persona ma quando è necessario facciamo riunioni anche via Skype", ci dice Alessandro Pezzella. E per Federico Nastasi della Run: "In questo nostro paese restano monopoli enormi, il web è un momento di libertà, che però non riesce a sostituirsi all'importanza di guardare negli occhi le persone mentre ci si parla".

(30 novembre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/scuola/2010/11/30/news/fantasia_al_potere_ma_non_solo_l_organizzazione_dietro_la_protesta-9658679/?ref=HRER3-1
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« Risposta #4 inserito:: Agosto 01, 2011, 11:42:32 am »

LE TESTIMONIANZE

"Caro Peppe, sei l'Italia che voglio"

Il grande abbraccio a D'Avanzo sul web

La notizia della morte del giornalista ha creato una ondata di commozione e solidarietà. Lo speciale con i suoi articoli rimbalza per decine di migliaia di volte su Internet. Centinaia e centinaia di messaggi a Repubblica.it: "Non eri solo un nome in fondo a un articolo"

di CARMINE SAVIANO


La passione, il coraggio, l'utilizzo pubblico della ragione. Lo sguardo lanciato a indagare le dinamiche nascoste del potere, a tracciarne traiettorie e deviazioni. Le migliaia di parole che sul sito di Repubblica i lettori dedicano a Giuseppe D'Avanzo compongono un mosaico di sensazioni denso, partecipato, profondo. Segno di un legame forte. Segno di una comunità di cittadini stretta intorno al lavoro e alle inchieste del giornalista napoletano. I commenti, i messaggi, i ricordi arrivano senza tregua a Repubblica.it. Riempiono le pagine dei social network. Su tutto, l'amarezza, l'incredulità: "Ci mancherai Peppe, ci mancheranno i tuoi articoli, la tua capacità di spiegare il nostro Paese".

I messaggi arrivati a Repubblica.it sono quasi settecento. Attestazioni di stima, tante. Ma soprattutto ringraziamenti, per una vita intera dedicata al giornalismo: "Con lui se ne va un pezzo dell'Italia migliore e pulita, ma sono sicura che il suo lavoro non finisce qui, sarà sempre di esempio a tutti". "Grazie Giuseppe perché con i tuoi articoli mi hai fatto vedere e sentire che esiste un'Italia che vuole essere onesta". Poi l'elenco delle caratteristiche, delle qualità, la ricerca dei termini giusti per decifrare il tono del lavoro di D'Avanzo: "Realismo, obbiettività, genialità è quello che esprimeva nei suoi articoli. Con grande dispiacere ancora una volta addio".

Poi i particolari, i dettagli, i racconti provenienti dalla vita quotidiana dei lettori. Un almanacco di riti e ricordi. "Il mio caffè, la mattina senza i tuoi editoriali, sarà un po' più amaro". E ancora: "Se ho iniziato a leggere Repubblica è merito tuo". Ancora: "Per me non eri solo un nome e cognome in fondo a un articolo. Eri un riferimento di onestà intellettuale, di lucidità, di coraggio, di enorme professionalità". Poi l'etica pubblica, lo spirito di servizio, la battaglia incessante per la trasparenza e la qualità democrazia: "Caro Peppe, per il futuro dei nostri figli, per uscire da questo 'pantano', abbiamo bisogno anche di persone come te". In tanti non nascondono lacrime e dolore: "Caro Giuseppe, senza averti mai visto neppure in fotografia, ti abbiamo pianto come si piange un amico. Ci hai accompagnato per anni. Grazie per averci aiutato a capire meglio questo triste mondo, nel quale siamo condannati a vivere".

E sui social network il tenore dei messaggi non cambia. In un ricordo condiviso che va avanti sin dalle tre di ieri pomeriggio. Da quando la notizia è apparsa sulle agenzie, sui siti d'informazione. C'è chi rende omaggio al magistero quotidiano di D'Avanzo: "Ci hai dato gli strumenti per comprendere meglio e più a fondo il nostro Paese", "eri il principe dei cronisti, non ti conoscevo ma mi sembrava di conoscerti. Grazie per quello che mi hai dato", "io non ti leggevo, io ti studiavo". E in decine di migliaia condividono sul web lo speciale con le sue inchieste realizzato da Repubblica.it. Va in scena un confronto serrato, un'analisi collettiva degli articoli. Alla ricerca di chiavi di lettura e spunti per riflettere. 

E la rete restituisce anche il ricordo di numerosi colleghi. Di chi con Giuseppe D'Avanzo ha condiviso anni o solo poche ore di lavoro. Le attese negli uffici, nei commissariati, nei tribunali. Le giornate passate "sulla notizia". E tutti ne ricordano lo sguardo, i consigli, l'assenza di compromessi, le asperità insieme alla grande generosità. E la totale dedizione al lavoro, anche nei momenti in cui, apparentemente, se ne allontanava. E in tanti mettono in rete l'ultimo articolo di D'Avanzo. Quello dedicato all'analisi della sentenza sul lodo Mondadori: "Con tutta evidenza, siamo soltanto all'inizio del triste spettacolo che andrà in scena nelle prossime settimane perché - è chiaro - Berlusconi può abbozzare sulla manovra fiscale che riguarda gli altri, ma qui parliamo di lui, della sua "roba". E' per la "roba" che si è fatto politico e con la politica che vorrà salvare la sua "roba". Costi quel che costi". Quasi a tentare di raccoglierne il testimone.

(31 luglio 2011) © Riproduzione riservata
da - http://www.repubblica.it/cronaca/2011/07/31/news/messaggi_web_d_avanzo-19845301/
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« Risposta #5 inserito:: Settembre 07, 2011, 05:36:17 pm »

6
set
2011

L’alternativa degli Indignati

Carmine SAVIANO

In piazza il 15 ottobre. L’abolizione per decreto legge dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. L’estensione della precarietà.
Le norme che affossano l’esito del referendum dello scorso giugno. Il continuo impoverimento dell’università e della scuola pubblica.
Tutto in una manovra finanziaria “poco credibile” e che aumenta le diseguaglianze. Crescono gli appelli contro le ultime decisioni del governo Berlusconi. Tra gli altri: “Verso il 15 ottobre. Costruiamo l’alternativa”, un documento firmato da numerosi esponenti della società civile. Un invito alla mobilitazione e a scendere in piazza, a Roma, il prossimo 15 ottobre. “Siamo indignati perché si potrebbe fare altro; perché vorremmo uscire dalla crisi attraverso la costruzione di un nuovo modello di sviluppo che colga la sfida della riconversione ecologica dell’economia e di uno sviluppo sociale partecipato, basato sulla centralità dei saperi e dell’innovazione”

Dall’alternanza all’alternativa. Già fissate le tappe di avvicinamento alla manifestazione. Si partirà con un’assemblea pubblica a Roma, sabato 26 settembre. “Crediamo sia necessario aprire una discussione pubblica nel paese, tra tutti coloro che si stanno prodigando sulla mobilitazione internazionale del 15, ma anche e soprattutto con tutti coloro che pagano sulla loro pelle quanto sta accadendo”. L’obiettivo è “connettere i fili della resistenza alla crisi, per immaginare e costruire un’alternativa politica con passione e spirito d’innovazione”. Perché il rischio è sostituire “a una vera alternativa al governo di Berlusconi e della Lega, un’alternanza, fatta delle stesse politiche con maggioranze diverse, perché tutto cambi senza che in realtà nulla cambi”.

Tra i primi firmatari: Ugo Mattei, Luciano Gallino, Gianni Ferrara e don Andrea Gallo. L’indirizzo mail per aderire all’iniziativa:  15ott2011 at gmail.com

Scritto martedì, 6 settembre 2011 alle 17:01


da - http://saviano.blogautore.repubblica.it/2011/09/06/lalternativa-degli-indignati/
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« Risposta #6 inserito:: Ottobre 15, 2011, 05:27:01 pm »

LA MANIFESTAZIONE

La "rete" degli Indignati in piazza

"Da dieci anni viviamo in apnea"

Voci dal corteo che sfila per le strade di Roma. Le etichette vanno strette a tutti. Ma l'obiettivo è comune: uscire dalla crisi

di CARMINE SAVIANO


ROMA - Piazza della Repubblica è già piena poco dopo mezzogiorno. Arrivano in massa: studenti, precari, rappresentanti dei partiti. Operai, esponenti dei collettivi, sindacati di base. Dopo ore passate in treno o sugli autobus. Microlotte. Microfratture nel tessuto sociale del Paese. Che oggi si uniscono in un fronte comune. Per lanciare un'alternativa di sistema: ripensare il modello di sviluppo, abolire l'egemonia della finanza e del mercato, costruire una nuova politica. Basata sulle esigenze delle persone e non su quella delle banche e delle istituzioni economiche sovranazionali. E le etichette vanno strette a tutti: "Non siamo indignati, non siamo il popolo del no, non siamo l'antipolitica". Ma le uniche energie disponibili per "portare l'Europa e l'Italia oltre la crisi".

Arrivano da ogni città del Paese. Ogni gruppo con la propria battaglia. I No Tav, i No dal Molin, sono tra i primi a occupare in modo pacifico la piazza. Ragazzi, certo. Ma anche molti genitori. "Sono qui con i miei figli perché credo nella loro battaglia, nel loro impegno". L'orizzonte, la prospettiva è comune a molti: trasformare l'indignazione, renderla il carburante per elaborare e disegnare nuovi scenari politici. "Basta con le sigle, abituiamoci a pensare che siamo persone, individui che mettono insieme esperienze, conoscenze". Una rete. Tenuta insieme anche dal disagio e dalla stanchezza per le politiche del governo Berlusconi. E che, con le strade di Roma sullo sfondo, cerca un primo, reciproco,
contatto. "E' solo il primo passo per un cammino comune".

"La nostra indignazione non è un dato nuovo, dura da più di un decennio", dice Nunzio, 31 anni, laurea in lingue, precario e con la voglia di lasciare l'Italia. "La situazione della mia generazione è diventata insostenibile". E se ne esce solo "con un'azione capillare, diffusa". Se ne esce solo dando vita a un "movimento critico, che si opponga alla classe politica e quella economica". Una lotta dal basso per "influenzare e cambiare la classe politica: perché solo così possiamo rendere concreta l'alternativa". Senza paura per il confronto: "Conosciamo le dinamiche sociali che scorrono in profondità meglio di chi ci governa. Le abbiamo studiate, le viviamo sulla nostra pelle. E vogliamo contribuire a cambiarle".

La piazza si anima. Una decina di ragazzi entra nell'atrio dell'Hotel Esedra. Sale rapidamente le scale, raggiungendo l'ultimo piano. Hanno con se uno striscione, cercano di calarlo, di mostrarlo a tutti. Ma vengono fermati. E sempre più spezzoni si aggiungono al corteo. Anarchici, associazioni di volontariato, Ong. La speranza è unica. "Spero che cambi il sistema. E quella di oggi è un'occasione", dice Lucilla, volontaria dell'associazione A Sud. Ripensare il proprio stare insieme, elaborare un nuovo senso di comunità. "Il sistema è profondamente ingiusto, pagano sempre i soliti". Poi Maria, 30 anni, un contratto a termine con il Parlamento Europeo per organizzare seminari alla Sapienza: "Certo, quando vivo giornate come questa la voglia di restare in Italia si rafforza. Ma a fine mese la mia voglia di restare non mi serve a pagare l'affitto".

L'arrivo degli studenti provenienti da piazzale Aldo Moro è accolto da un boato. Gli operai dei sindacati di base li guardano con un sorriso, fanno segni di approvazione con il capo. Poi si lasciano andare ad un lungo sfogo. "Oggi il sentimento principale è la gioia di ritrovarsi. Ma portiamo addosso un sacco di rabbia. Le nostri condizioni di lavoro peggiorano giorno dopo giorno nell'indifferenza generale". Ma "vogliamo trasformare tutta questa energia negativa in qualcosa di utile, in politica. Vogliamo vivere nell'Italia dei lavoratori, non nell'Italia dei faccendieri. Vorremmo che chi Silvio Berlusconi, invece di sorridere provasse una sana vergogna: sta sabotando la nostra democrazia giorno dopo giorno".

Poi i partiti. Anche loro in piazza. Nonostante le accuse di essere una casta. Nonostante la litania ripetuta da tante parti del movimento: "Non vi vogliamo". Ma leader, dirigenti e militanti, portano un semplice messaggio. "Siamo qui per ascoltare, con umiltà. Sappiamo che le forme della politica vanno ripensate che i partiti e i movimenti organizzati non bastano più", dice Peppe De Cristofaro, ex parlamentare ed esponente di Sinistra e Libertà. "Ci chiedono un'inversione di rotta radicale: criticano in modo feroce il centrodestra e non risparmiano accuse al centrosinistra". Ma non si tratta di "antipolitica: ci chiedono di ripensare la delega e la rappresentanza. Ed è l'unico modo che i partiti hanno per far fronte alle nuove istanze sociali". Poi tutti in cammino. Verso piazza San Giovanni. Musica, marionette, striscioni, happening improvvisati ai lati delle strade. Per stabilire un contatto reciproco. E per mostrare al Paese che l'altra Italia è già in movimento.
 
(15 ottobre 2011) © Riproduzione riservata
da - http://www.repubblica.it/politica/2011/10/15/news/la_rete_degli_indignati_in_piazza_da_dieni_anni_viviamo_in_apnea-23275784/
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« Risposta #7 inserito:: Gennaio 25, 2012, 10:00:50 am »

CENTROSINISTRA

Primarie con polemica

Molti i vincitori Pd nelle sfide locali

Gli elettori di Pd, Sel, Idv alle urne per scegliere i candidati-sindaco delle prossime amministrative.

Bersani: "Noi siamo un pilastro". Di Pietro: "Basta rincorse al Terzo Polo". A Rieti effetto Vendola.

E scoppiano scintille per le future sfide di Genova e Palermo

di CARMINE SAVIANO

Primarie con polemica Molti i vincitori Pd nelle sfide locali Primarie per il sindaco a Sesto San Giovanni (fotogramma)
ROMA - Acclamate, applaudite, desiderate. Ma anche fonte infinita di polemiche. Ovvero: le primarie. Il giorno dopo le votazioni per la scelta dei candidati sindaco del centrosinistra in numerosi comuni italiani, il bilancio è fatto di luci e ombre. Tra le feste di Lecce, Rieti, Monza e Sesto San Giovanni e i dissidi per le consultazioni in vista a Palermo e Genova. Tra Pierluigi Bersani che segnala "la massiccia partecipazione, la correttezza e la serenità" del voto e Antonio Di Pietro che approfitta per ricordare ai dirigenti del Pd che "rincorrono il Terzo Polo" e che "hanno mal di pancia a dialogare con Idv e Sel, che le primarie le facciamo insieme". E sullo sfondo, la questione della legge elettorale. Con i messaggi dei militanti democratici a Bersani: "Primarie sempre e basta liste bloccate".

Vittorie "made in Pd". A Lecce 1, netta la vittoria di Loredana Capone, tessera del Pd e assessore allo Sviluppo Economico della giunta Vendola. Circa quattromila i votanti. La Capone vince con il 48,22% staccando di poco Carlo Salvemini, candidato di Sel che si ferma al 41,35%. In Lombardia le consultazioni più importanti a Monza, dove si afferma, con il 34,4% dei consensi, Roberto Scanagatti. Poi gli altri candidati del Pd, Egidio Longoni, con il 24,4% e Donatella Paciello con il 13,7%. In
Piemonte vittoria degli esponenti Pd ad Asti 2 e Brignolo. Effetto Vendola a Rieti, con Simone Petrangeli che batte Franco Simeoni, Pd, per appena 53 voti.

"Primarie truffa". Le polemiche dominano a Palermo. Dove il segretario provinciale dell'Idv, Pippo Russo, accusa Pd e Sel di voler imporre primarie farsa. Sullo sfondo la candidatura di Rita Borsellino. "Mentre il Pd con i suoi candidati alle primarie si accinge a mortificare il diritto al futuro dei palermitani, noi siamo impegnati su un percorso democratico del tutto alternativo e incompatibile con quella inaccettabile fiera di vanità e di ambiguità". E ancora: "Riteniamo di dover rilevare quanto sia ormai nota e grave la subalternità al Pd e alle sue ambiguità da parte di Sel". A Genova 3 scintille tra il sindaco uscente, Marta Vincenzi, e Roberta Pinotti, che ha scritto una lettera aperta ai dipendenti comunali per chiedere il loro sostegno e sottolineare le differenze con la gestione dell'attuale sindaco.

Le primarie, le alleanze e la foto di Vasto. Caustico il commento del leader di Idv, Antonio Di Pietro. "Bersani faccia presente ai suoi dirigenti che hanno mal di pancia a dialogare con Idv e Sel, mentre rincorrono il Terzo Polo, che stiamo facendo insieme le primarie o coalizioni insieme in 1.500 comuni". Poi il consiglio al segretario del Pd: "Faccia come Ulisse, si leghi per resistere alle sirene e non rinneghi l'idea di un sistema bipolare". Poi le alleanze per le prossime elezioni politiche. "Ci auguriamo che quella foto di Vasto rappresenti quel che era all'inizio: un punto di partenza di una coalizione ampia e riformista. E' una proposta che intendiamo rilanciare con i partiti ma soprattutto agli elettori".

Versante Pd. Per Pierluigi Bersani, "il Partito Democratico si conferma sempre di più la forza a cui i cittadini si rivolgono per superare la crisi e avviare la ricostruzione". E quella di ieri è stata una giornata di "buona politica e per questo voglio ringraziare tutti gli elettori e i militanti che l'hanno resa possibile". E sulla pagina Facebook del segretario del Pd, si scatena il dibattito: "Quindi primarie ovunque e, visto che non riuscite a cambiare la legge elettorale primarie per la scelta dei deputati, ce le dovete". E ancora: "Quindi primarie sempre e basta liste bloccate che portano in parlamento i portaborse dei portaborse dei portaborse. Gli elettori vogliono partecipare e contare".

(23 gennaio 2012) © Riproduzione riservata

http://www.repubblica.it/politica/2012/01/23/news/primarie_con_polemica_nel_centrosinistra_molti_i_candidati_pd_nella_corsa_per_il_sindaco-28627670/
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« Risposta #8 inserito:: Marzo 10, 2012, 03:56:55 pm »


IL CASO

Riccardi raccoglie il plauso del web "Ha detto come stanno le cose"
 
In Rete i commenti alle parole che hanno provocato una bufera politica.

Ma c'è anche chi attacca: "Così alimenta l'antipolitica"

di CARMINE SAVIANO

"Vogliono solo strumentalizzare. E' la cosa che più mi fa schifo della politica". Le parole del ministro Andrea Riccardi non fanno scoppiare solo un caso istituzionale. Alla mozione di sfiducia presentata da quarantacinque senatori del Pdl, si accompagna la discussione in rete. Fiducia nei partiti, antipolitica, le capacità comunicative dei ministri del governo Monti. I temi sul tavolo sono tanti. E i cittadini si dividono tra chi approva le dichiarazioni del ministro alla Cooperazione e chi, invece, ne chiede le dimissioni. Un passo indietro in nome della corretta dialettica tra l'esecutivo e i partiti.

"Riccardi ha solo detto come stanno le cose", "ha già esagerato a definirla Politica", "è solo stato onesto". Sono in tanti che sui social network difendono le affermazioni del ministro. C'è chi prova a distinguere: "Riccardi non ha offeso la politica. Ha solo detto la sua su un certo modo di farla". Il riferimento è alla decisione del segretario del Pdl, Angelino Alfano, di non partecipare al vertice tra Mario Monti e i segretari dei partiti che appoggiano il governo. "Riccardi è sgradito al Pdl perché è quanto di più lontano possa esserci dalla loro cultura. Leggi alla voce cittadinanza e immigrati".

In tanti non risparmiano
critiche ai vertici del Popolo delle Libertà. "Nitto Palma  -  l'ex guardasigilli che si è fatto promotore della mozione di sfiducia  -  ha solo la coda di paglia". E ancora: "Visto che il Pdl sta con Putin e la Lega con Boni, non ho nessuna remora a dire che sto dalla parte di Riccardi". E interviene, su Twitter, anche il democratico Paolo Gentiloni: "La fatwa del Pdl contro Andrea Riccardi è la perfetta rappresentazione di un partito allo sbando". C'è addirittura chi esulta. "Ho letto che c'è una mozione di sfiducia. Bisogna esultare. Ma a favore del ministro".

Non mancano, però, le critiche all'ex presidente della Comunità di Sant'Egidio. "Queste dichiarazioni servono solo ad alimentare il clima di antipolitica. E sinceramente non se ne sente assolutamente il bisogno". Ancora: "Se è così schifato perché non lascia la poltrona?". Poi: "Certo, avrebbe potuto formulare meglio la sua posizione. E comunque non deve dimenticare che fa il ministro grazie ai partiti che hanno votato la fiducia al governo". Decine i commenti negativi su Spazio Azzurro, il Forum del Pdl: "Deve dimettersi, ha insultato i rappresentanti del popolo".

Poi i paragoni. "Ma come? Riccardi usa la parola 'schifò e quelli che hanno messo agli atti parlamentari che Ruby era la nipote di Mubarak chiedono la sfiducia? Sono ridicoli...". Poi: "Hanno fatto finta di niente sul Bunga Bunga e adesso fanno gli indignati. I parlamentari del Pdl dovrebbero vergognarsi". Infine: "E quante volte, Gasparri e gli altri, avrebbero dovuto chiedere la sfiducia per Bossi, che un giorno si e l'altro pure insultava la bandiera italiana, le istituzioni e il Capo dello Stato?".
 

(08 marzo 2012) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2012/03/08/news/riccardi-31198257/?ref=HRER2-1
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« Risposta #9 inserito:: Novembre 19, 2012, 09:08:29 pm »


17
nov
2012


Primarie e Tv


Primarie in Movimento. Stefano Corradino è direttore di Articolo 21, l’associazione che da anni si occupa del grado di libertà d’informazione nel nostro Paese. Ecco il suo contributo sulle primarie del centrosinistra.

“Primarie e tv”, di Stefano Corradino direttore di Articolo 21

All’indomani del primo confronto su Sky tra i candidati alle primarie del centro sinistra tv, giornali, siti, blog e social network si sono sbizzarriti nell’esprimere giudizi sulle performance dei “fantastici 5?. Giudizi e voti. Come all’indomani di una partita di calcio in cui si stila la pagella dei meritevoli e di quelli che avrebbero meritato la panchina. Qualcuno ha fatto anche di più come il “Corriere della Sera” che ha passato al microscopio anche il look degli aspiranti premier: “Matteo Renzi, meglio con la cravatta o senza?”.

Devo confessare che il confronto modello “X Factor” era seducente. Tutt’altra cosa dai talk show a cui siamo abituati. Niente risse verbali, niente voci che si sovrappongono e conduttori impegnati a placare gli animi più tempestosi e a limitare l’enfasi retorica e la prolissità dei contendenti. Un tema. Un minuto, massimo un minuto e mezzo per ciascuno. Tre sole possibilità di replica.

La mattina dopo però nel commentare con amici e colleghi la serata su Sky ciò che mi ricordavo erano gli slogan, le frasi ad effetto scandite più o meno fragorosamente dagli applausi del pubblico. “In Marchionne ci credevo ma mi ha deluso” affermava Renzi. “Io non ci ho mai creduto” ribatteva Vendola. E poi le scelte sul Pantheon ideale, e Giannino ribattezzato Giannetto. Sessanta secondi e poco più per spiegare ai cittadini elettori la propria visione dell’economia, del lavoro, dello stato sociale e dei diritti civili.

La riflessione, l’argomentazione ridotta a uno spot. Basta scivolare su una parola, un tentennamento iniziale, magari uno starnuto (sarebbero dieci secondi in meno) e il round è irrimediabilmente compromesso.

Vince ovviamente il più televisivo, quello più smaliziato davanti alla tv, chi sa guardare dentro la telecamera ma senza puntare lo sguardo troppo a lungo. Chi sa alternare un piglio serioso ad un sorriso distensivo. Chi gesticola senza risultare nervoso. Tutto il resto appare un dettaglio. Matteo Renzi, a suo agio in piedi davanti al leggio trasparente come ai tempi della “Ruota della fortuna” (1994). Ieri era candidato a vincere un premio in denaro (e portò a casa 48 milioni di vecchie lire). Oggi nello studio di Sky si candidava a vincere la sfida con 4 compagni di partito per la gara a chi è più convincente. E probabilmente ha vinto lui, più diretto, incisivo (ed effimero) degli altri.

Non so ancora con certezza quale nome indicherò sulla scheda alle imminenti primarie del centro sinistra. So che non voterò per Renzi.
Che è giovane e simpatico ed è un onesto liberista. Ma che sarebbe stato un perfetto candidato di un Pdl con l’ansia di risalire nei sondaggi e di rifarsi una verginità. Mi piacerebbe che al secondo turno arrivassero, appaiati al traguardo Bersani e Vendola, vincendo per una manciata di voti su una Puppato che dopo una sostanziale invisibilità (soprattutto nei media) guadagna terreno incalzando i principali sfidanti.
Vorrei soprattutto che a vincere non fosse un leader ma il portatore sano di una idea collettiva di eguaglianza sociale.


twitter: @carminesaviano

da - http://saviano.blogautore.repubblica.it/2012/11/17/primarie-e-tv/
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« Risposta #10 inserito:: Novembre 23, 2012, 04:51:47 pm »

"Una nuova stagione costituzionale"

Libertà e Giustizia domani a Milano

L'iniziativa alle 14.30 al Mediolanum Forum di Assago con Gustavo Zagrebelsky, Umberto Eco, Roberto Saviano, Gad Lerner, Giuliano Pisapia.
"Dobbiamo tornare alla politica", spiega Sandra Bonsanti, presidente dell'associazione. Repubblica.it trasmetterà in diretta la manifestazione
di CARMINE SAVIANO


E’ passato un anno da “Ricucire l’Italia”. Poi le dimissioni di Berlusconi, il governo Monti. L’Italia è ancora un Paese dove c’è un alto grado di separazione tra politica e cittadini?
"La distanza è ancora molto forte, almeno per quanto possiamo giudicare noi. Ma bisogna fare una differenza. Nella società civile, nel mondo del volontariato la partecipazione dei cittadini non è mai diminuita, anzi la “buona volontà” degli italiani non fa che aumentare. Il problema riguarda la partecipazione alla politica dei partiti. Siamo ancora lontani dall’obiettivo,
ma le primarie del centrosinistra stanno muovendo qualcosa: sembra un’ultima opportunità data dai cittadini ai partiti. Anche se, in questa campagna elettorale, alcuni silenzi sono stati molto forti".

Per esempio?
"Cosa ne sarà domani dei partiti politici? Qual è il loro progetto? I partiti dovranno diventare strumenti per sondare i territori, per incontrare i cittadini. E questo non lo fai ne in camper ne in treno. E’ un inizio. Ma bisogna affrontare meglio la questione. Poi la Costituzione…"

Ecco. Il vostro manifesto chiama a una “Stagione Costituzionale” mentre il discorso pubblico è attraversato dalla formula “stagione costituente”. Non è solo una sfumatura…
"No assolutamente. C’è una differenza sostanziale. Parto dalla notizia: una commissione di novanta persone incaricata di modificare la seconda parte della Carta. Cioè: novanta persone per ridefinire l’ossatura istituzionale del Paese: poteri del Presidente della Repubblica, Magistratura, Corte Costituzionale. Il punto è il metodo: non si può trattare la Costituzione come un oggettino da modificare e in un momento di crisi così profondo non basta dire: “Cambiamo la Costituzione”. Bisogna ripartire dalla totalità della Costituzione: dai suoi ideali e dai suoi valori".

Ritorniamo ai “silenzi” delle primarie.
"Non si è parlato degli sbocchi della crisi. Cosa sarà il nostro Paese? Il pericolo di una situazione modello “Germania anni ‘30” è ancora presente. La violenza e il razzismo dilagano. Dalle irruzioni nei licei romani fino ai casi di intolleranza quotidiana. Tutto questo si combatte con la passione civile. Insomma, bisogna dare passione a questa competizione".

E’ lo scopo della vostra manifestazione?
"Faremo quadrato intorno ad alcuni temi: la Costituzione appunto, ma anche il Paesaggio, il ruolo dell’Europa. E, grazie alle parole di chi interverrà dal palco, racconteremo quel dramma rappresentato dalla corruzione".

Le parole, appunto. La politica sembra un luogo dove manca del tutto la cura del linguaggio. Semplificazioni, slogan. E questo influisce sui comportamenti collettivi. Come se ne esce?
"C’è una retorica che ormai è dilagante. Si usano parole del tutto vuote. Come si fa, in questa crisi che colpisce le famiglie italiane in modo duro, a parlare attraverso tecnicismi e frasi fatte? Ci vuole altro: qualcosa che tolga questa patina di tecnica e di buonismo. Ci vogliono parole che sappiano raccontare, per esempio, la Lotta di Casta in atto nel nostro Paese: gli sfruttatori contro gli sfruttati. Ci vogliono nuovi codici, c’è bisogno di una politica che sia contendibile, aperta".

Ci parli delle vostre ricette? Nel vostro Manifesto parlate di atti di contrizione e dei segni di discontinuità.
"Ricordo Bobbio: se non ci si rende conto delle proprie insufficienze, del come si è sbagliato, di dove non si è stati sufficientemente attenti, non cambia nulla. Auguriamoci che la Terza Repubblica non nasca come la Seconda: affrontiamo le questioni aperte, non nascondiamole".

(23 novembre 2012) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2012/11/23/news/una_nuova_stagione_costituzionale_libert_e_giustizia_domani_a_milano-47241440/
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« Risposta #11 inserito:: Dicembre 10, 2012, 11:19:10 pm »


9
dic
2012

Alleanza per la Costituzione

 Carmine SAVIANO

Il rischio per il Paese. Il ritorno di Berlusconi. Il “veleno della sua politica anticostituzionale”. L’annuncio delle dimissioni di Mario Monti. Le elezioni anticipate e il rischio, per il Paese, di un enorme salto all’indietro. Il momento della “responsabilità” per il Pd e per le forze di centrosinistra. Ecco il commento di Sandra Bonsanti, presidente di Libertà e Giustizia, agli eventi che agitano il sistema politico italiano.

“Alleanza per la Costituzione”

Era solo un’illusione: che Berlusconi se ne fosse andato dalla scena politica e l’Italia si fosse liberata dal veleno della sua presenza, della presenza dei suoi scherani, dal veleno della sua politica anticostituzionale.

Oggi, a poco più di un anno dal governo Monti, a due anni dal voto comprato in Parlamento che salvò il Cavaliere, il Paese affronta la fase più rischiosa dal dopoguerra: rischia cioè un immenso salto all’indietro, quando l’Italia non era ancora  repubblicana, e un sistema democratico era il grande sogno di pochi illuminati.

La campagna elettorale che sta cominciando potrebbe infatti mettere in secondo piano le proteste giuste e sacrosante di chi sta già facendo sacrifici inumani, e invece scatenare ed esaltare la protesta strumentale e populista della propaganda del Pdl accanto alla protesta diversa, ma con alcuni temi in comune, che sarà quella di Grillo e del suo movimento.

Rimane l’area del centro sinistra a guardia del sistema istituzionale. Non è cosa da poco.

A poche ore dalla scelta di Mario Monti di non sottostare più ai ricatti di Berlusconi lo spettro che si aggira è proprio quello di una pericolosissima campagna elettorale. Forse il risultato finale non sarà devastante (i sondaggi oggi sono incoraggianti per il Pd e alleati eventuali). Ma sono questi due mesi che ci aspettano l’incubo vero, e con quale Italia e con quale Parlamento avremo a che fare da febbraio in poi.

Molto dipende, si dice, dalla scelta che farà Monti: avrà il coraggio di mettersi a guidare una forza politica di centro-destra, sfidando l’impopolarità della propaganda populista e le critiche inevitabili del centro sinistra? Ora che ha conosciuto direttamente la forza eversiva e ricattatoria di Berlusconi, si presterà ad ostacolarla direttamente? Consentirà all’Italia di poter contare su una destra democratica?
Le sue possibilità di arrivare al Quirinale, dopo una campagna elettorale giocata tutta contro di lui, si sono assottigliate. Il ritorno agli studi sarebbe una scelta comprensibile: dopo tutto quello che ha visto.

Disse, Gustavo Zagrebelsky, che il governo tecnico poteva essere un farmaco o un veleno. Forse è ancora presto per dare un giudizio definitivo. Perché sappiamo che ci salvò dal crack ma il suo errore fu di non vedere contemporaneamente il crack in cui mezza Italia stava già precipitando. Insomma, se errore ci fu, fu quello di pensare ai due tempi: prima il rigore, poi l’equità e la crescita. Questo non si poteva né doveva fare. E non era solo una mera questione di immagine, ma una questione di vita delle persone.

Adesso non resta che lavorare con l’impegno di una buona parte d’Italia affinché i populismi beceri, l’antieuropeismo e l’antieuro, insieme all’antitasse, non si saldino in un incontro che non può che portare al disastro. Del nostro Paese e delle sue istituzioni democratiche.

Adesso bisogna che il Pd sia all’altezza delle aspettative: che abbandoni i tentennamenti e le resistenze forti al cambiamento che ancora esistono al suo interno, che rinunci alle ambiguità e alle furbizie delle quali sono fatti i programmi, che presenti finalmente una carta d’identità non buona per tutte le stagioni, ma buona per questa stagione: tremendamente dura, tremendamente intrisa ancora dei veleni del berlusconismo.

Nell’immediato futuro che ha preso il via con l’annuncio delle dimissioni di Monti, avremo per la terza volta un Parlamento di nominati. Avremo anche, come ormai accade da decenni, una Costituzione sotto assedio.

La stagione costituzionale che chiede Libertà e Giustizia è una strada che potrebbe essere scelta sia dalla destra democratica che dal centro sinistra che dalla sinistra. Una grande alleanza per salvare il Paese nel nome della Costituzione.

Sull’orlo dell’ennesimo baratro è una roccia a cui aggrapparsi. Forse la sola che ci sia concessa, oggi, e sarebbe infame sottovalutare la forza che da essa ancora sprigiona.


twitter: @carminesaviano

da - http://saviano.blogautore.repubblica.it/2012/12/09/alleanza-per-la-costituzione/?ref=HREA-1
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« Risposta #12 inserito:: Gennaio 03, 2013, 12:47:29 am »

Pd, l'avanzata dei Giovani Turchi

La politica come azione collettiva

Da Stefano Fassina a Matteo Orfini e Andrea Orlando. Fino a tanti giovani amministratori e dirigenti del partito guidato da Pierluigi Bersani.

Una generazione politica che vuole "prendersi il rischio del cambiamento"

di CARMINE SAVIANO


ROMA - Cinquanta parlamentari, ma la cifra è approssimativa. E dire che li definivano "pasdaran del nulla", "antichi", "nostalgici".
Poco conta: di sicuro c'è che dopo le primarie per i parlamentari i cosiddetti "Giovani Turchi" del Pd si apprestano a pesare sempre di più.
Sia nella vita del partito guidato da Pierluigi Bersani, sia nel prossimo Parlamento delle Repubblica. Stefano Fassina, Matteo Orfini, Andrea Orlando. E non solo. Una nutrita schiera di giovani amministratori, di dirigenti del Pd, di uomini e donne espressione del mondo dell'associazionismo. Uniti in "Rifare l'Italia", un luogo dove elaborare risposte alla crisi italiana ed europea. Nella convinzione, granitica, che la politica sia azione collettiva e non terreno di protagonismi deleteri e rischiosi per il tessuto democratico del Paese.

Il primo documento. Un cammino che parte da lontano. E che ha la prima ribalta pubblica nel settembre del 2010, quando compare il loro primo documento pubblico, "La crisi del governo Berlusconi come crisi di sistema". Un'analisi che parte dall'immobilità dell'esecutivo guidato dal Cavaliere. E che si conclude con la necessità di una "nuova sfida" per il Partito Democratico. Quella sintetizzata nello slogan "Tornare Avanti". Vi si leggeva: "Il Pd deve affrontare questo passaggio storico dicendo chiaramente cosa pensa, quale idea di Italia intende portare avanti, e cioè quale Italia in quale Europa, con quali soggetti economici e sociali". Polemiche infinite, attacchi. Ma il dibattito cresce. Intorno a un punto: il Pd deve recuperare la propria rappresentatività, rivolgendosi, in prima istanza, al mondo del lavoro.

Rifare l'Italia. Passa un anno. E nel 2011 nasce Rifare l'Italia. Sembra l'ennesima corrente del Pd. Ma i "turchi" mettono subito paletti.
"Ci lega un punto di vista, molto più che un perimetro anagrafico. L'idea che oggi tocchi alla generazione politica che qui è raccolta avere il coraggio della concretezza, il coraggio di assumersi la responsabilità di una proposta di cambiamento", scrive Andrea Orlando.
Ancora: "Si tratta di rompere con certa pigrizia nella cultura politica e nelle formule organizzative che rischiano di ridurre i riformisti ad uno stadio di impotente attendismo". Una questione politica che diventa questione generazionale: "Per la nostra generazione, quella che abbiamo di fronte è la sfida della vita, quella che aspettavamo. Non possiamo avere dubbi. Dobbiamo misurarci. E questo significa pensare nuove categorie, per dare significato a parole come rappresentanza, cittadinanza, mobilità sociale".

Renzi è il vecchio. Rinnovare senza cadere nel nuovismo a tutti i costi. Le parole d'ordine e le posizioni dei Giovani Turchi trovano in quelle di Matteo Renzi il principale antagonista. Il campione della rottamazione contro i fautori del rinnovamento. Il sindaco di Firenze è oggetto di una critica serrata. Prima gli scontri quasi quotidiani con Stefano Fassina, poi le analisi al vetriolo di Matteo Orfini. Che nel settembre 2012, in pieno clima primarie afferma: "Possiamo dire a un giovane precario che adesso gli riproponiamo la stessa classe dirigente che lo ha portato nelle condizioni in cui è oggi? Oppure gli possiamo proporre uno che parla in dialetto fiorentino e dice oggi che dobbiamo continuare a fare esattamente quello che facevamo venti anni fa".

La lettura della crisi e i partiti. Sullo sfondo una lettura precisa della crisi politica ed economica. Con la soluzione individuata nella ricostruzione della "democrazia dei partiti". Ancora Orfini: "Bisogna riaffermare quell'idea secondo la cui c'è un nesso inscindibile tra qualità dei partiti e qualità della democrazia. E che nel nostro paese serve come il pane uno strumento che consenta a un giovane povero, di una zona povera del Mezzogiorno, di avere un luogo in cui andare per cercare di combattere per cambiare la propria condizione individuale e quella del proprio Paese. E tutto questo si fa con i partiti".

Gli strumenti. E quello dei Giovani Turchi non è solo un lavoro che mette insieme attività sul territorio. L'analisi della situazione economica e sociale del Paese è costante.
E gli strumenti teorici proposti per alimentare il discorso pubblico sono numerosi. Come "Il lavoro prima di tutto" di Stefano Fassina, un viaggio nelle teorie liberiste che hanno prodotto la crisi e una denuncia dell'inutilità di alcuni strumenti economici messi in cantiere dall'Italia e dagli altri paesi europei: inutili perché basati sullo stesso liberismo che ha prodotto la recessione. Infine, per i pasdaran, esiste anche un "Manuale dei Giovani Turchi". Realizzato da Francesco Cundari, giornalista dell'Unità: teoria e prassi del Giovane Turco.
Definito come "l'ultima traccia rimasta dell'attitudine a un pensiero collettivo, o forse il primo tentativo di fuoriuscire dalla nevrosi di un individualismo radicale che in politica è sconfinato da tempo in un narcisismo inconcludente e bilioso".

(02 gennaio 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/01/02/news/giovani_turchi-49823186/?ref=HREC1-1
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« Risposta #13 inserito:: Febbraio 28, 2013, 11:31:18 am »

I militanti Pd a Bersani: "Mai con Berlusconi cerchiamo il dialogo con il M5S"

Centinaia di mail dalla base al segretario del partito per chiedere attenzione verso il Movimento 5 stelle: "Un'occasione per cambiare il Paese e il partito".

E sul governissimo: "Il Cavaliere va dimenticato"

di CARMINE SAVIANO


Interventi e discussioni sui social network, ma anche centinaia di mail direttamente all'indirizzo del segretario e in massima parte con un'unica richiesta: "Mai con Berlusconi e dialogo con il Movimento 5 stelle". La pancia del Partito democratico insomma sembra non avere dubbi: lo scenario uscito dalle urne può essere un'occasione per cambiare il paese, ma anche per cambiare il Pd. Il dato saliente, se si vuole, è che gran parte dei suggerimenti dei militanti a Pier Luigi Bersani sono gli stessi che in queste ore una parte della base di 5 Stelle sta avanzando a Beppe Grillo.

Certo, le ultime uscite di Grillo non aiutano. Ma un dato sembra assodato: il riconoscimento, tra i militanti del Pd, della forza politica del M5S. E dell'importanza della domanda politica che ha innescato la vittoria dei grillini. Scrive Roberto, insegnante: "Caro segretario, siamo di fronte a un movimento nella nostra società, un movimento che se lasciato solo sarebbe inconcludente se non pericoloso. Il popolo italiano con questi risultati elettorali sta chiedendo cambiamento". E il Pd ha il "dovere di farsene carico". Perché si tratta di diventare "quel soggetto che guida l'istituzionalizzazione di un movimento di protesta". E ancora: "Offriamo alle persone che hanno voluto esprimere il proprio sdegno la giusta risposta, lo dobbiamo perché questa necessità è maggioritaria nel paese".

Poi la tattica, i passi da seguire. Giuseppe scrive: "L'esempio è Il Laboratorio Sicilia. Occorre provarci con prudenza e tenacia cercando di costruire un'alleanza sui contenuti, con un punto fermo: con le destre che hanno portato l'Italia sull'orlo del baratro si dialoga esclusivamente a livello di riforme istituzionali". Un laboratorio costruito intorno a temi specifici. Per Alessandro, elettore socialista, si tratta di "sparigliare e di spingere per un accordo con il Movimento. Per fare soltanto le seguenti cose: riduzione dei parlamentari, controllo del Parlamento sugli emolumenti per i consigli regionali, riduzione delle presenze e degli emolumenti in tutti i Cda di aziende pubbliche, riduzione o abolizione delle provincie". E, ovviamente, una nuova normativa elettorale e una "legge sul conflitto d'interessi".

L'incubo per quasi tutti, invece, è un'eventuale linea del partito che tenda un ponte verso il Popolo della Libertà. E le ricadute "elettorali" di "un inciucio" con Silvio Berlusconi. "E' improponibile un governissimo con Berlusconi che non ci consentirebbe di fare nulla di serio per gli italiani e finirebbe solo per screditarci ulteriormente agli occhi della gente", scrive Francesco. E Lucia aggiunge: "Vi prego, non fate un governo di larghe intese con il Pdl. Dialoghiamo con Grillo su una legge anticorruzione e sulla legge elettorale". Ancora: "Berlusconi va emarginato: abbiamo creduto in una politica moralmente corretta. Non è possibile fare compromessi con chi non sa nemmeno come si pronunciano parole come senso civico, moralità, correttezza".

Infine, le richieste di cambiare non solo atteggiamento nei confronti dei grillini. Ma di cambiare anche il partito. Itala: "Il risultato delle elezioni è un brutto voto al sistema politico italiano, quindi anche a noi". Quindi, "con coraggio cambiamo il sistema generale politico. Ma anche il Pd".

(27 febbraio 2013) © Riproduzione riservata
   
   
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« Risposta #14 inserito:: Marzo 02, 2013, 03:22:49 pm »

I militanti del Pd contro il governissimo "L'alleanza con Silvio è la nostra estinzione"

Militanti ed elettori in larghissima maggioranza contro l'ipotesi di un accordo di governo con Berlusconi.

Swg: Il 66% di chi ha votato Grillo vuole che il Movimento si allei con i democratici

di CARMINE SAVIANO


L'ORIZZONTE sembra restringersi. Da un lato Grillo che risponde alle proposte del Pd a suon di "stalker", "facce da culo" e "adescatori".
E dall'altro, la base dei democratici che manifesta in maniera sempre più intensa e radicale la propria avversione a qualsiasi ipotesi di "governissimo" con il Pdl. Chiedendo a Pierluigi Bersani di non desistere in uno sforzo politico: coinvolgere, i deputati e i senatori del MoVimento Cinque Stelle, nella delineazione dell'agenda politica del prossimo governo della Repubblica.

L'eventuale apertura di un cantiere politico con Silvio Berlusconi viene da più parti definito un "suicidio politico".
E il dibattito tra elettori e militanti democratici si sfoga in rete. Cercare sul motore di ricerca di Twitter la parola "governissimo" significa trovarsi di fronte velenose invettive in 140 caratteri. "Se lo fate, giuro, non vi voto più", "Se ci accordiamo con Berlusconi non oso neanche immaginare quali potrebbero essere i risultati di Grillo alle prossime elezioni", "Sarebbe solo autolesionismo, quali riforme si potrebbero fare con il Popolo della Libertà?". E gli ultimi annunci dei peones berlusconiani non fanno altro che inasprire i commenti. "Come no, alleiamoci con chi vuole scendere in piazza contro la magistratura".

E le discussioni si alimentano anche di numerosi contributi di chi "vive" il Partito Democratico dall'interno. La sensazione è che l'ipotesi governissimo sia da più parti considerata come il primo punto da evitare. Netta la posizione di Cristiana Alicata, che a Repubblica.it dice: "Chiusura totale al PDL per quanto mi riguarda pena l'estinzione del PD alle prossime elezioni. Il PD deve provare a fare una nuova legge elettorale, tagliare i costi della politica, approvare una legge su conflitto di interesse. E inchiodare Grillo sui punti del suo programma.
E tra un anno si va al voto".

Il rapporto con Grillo potrebbe anche significare l'apertura di nuovi scenari per quanto riguarda l'agenda politica dei democratici.
Sul suo blog, Pippo Civati scrive: "Se poi con il M5S si mettesse in scacco una parte del Pd, finalmente si riuscirebbero a fare cose che una parte del partito non ha mai voluto fare". E per il neo deputato di Monza, i punti essenziali sono: conflitto d'interessi, legge elettorale, lotta alla corruzione, legge sui partiti e riduzione delle spese militari. Poi reddito di cittadinanza e riforma del sistema bancario.

Tra i neo parlamentari del Pd, anche la posizione di Fausto Raciti, segretario dei Giovani Democratici. Che su Facebook scrive: "Sarebbe un errore cercare le larghe intese. Non per calcolo tattico, ma per impossibilità di realizzare, dentro la cornice di un accordo Pd-Pdl-Monti, qualsiasi riforma che non sia di carattere recessivo sul piano economico e sociale. Sia chiaro che il problema, anche in questo caso, non sarebbe semplicemente il vedere sparire la sinistra italiana, ma che un governo così non servirebbe al paese".

E i dati delle elezioni consegnano al Pd nuove possibilità. Spiegate nell'analisi del voto di Left Wing, blog collettivo vicino alla sinistra Pd. Si legge: "Ora è possibile emarginare il Cavaliere dal gioco politico, liberare la democrazia italiana dall'ipoteca che ne ha così pesantemente condizionato lo sviluppo, aprire veramente una fase nuova della storia d'Italia". Poi il consiglio al segretario: "Quello che bisogna dire chiaramente, prima di tutto ai grillini, è che il Partito democratico non avanzerà alcuna proposta tattica, non farà esperimenti né manovre parlamentari di alcun genere. Presenterà il programma dei primi cento giorni pubblicamente, davanti a tutti gli italiani".
E se Beppe Grillo "vorrà assumersi la responsabilità di impedirne la realizzazione, se i suoi parlamentari decideranno di non sostenerlo, vorrà dire che si tornerà a votare e giudicheranno gli elettori".

Notevole anche l'attività dei cittadini in rete. Da segnalare la petizione firmata da Guido Allegrezza su Change. org. Una lettera diretta a Bersani, Vendola e Grillo. Vi si legge: "L'Italia ha scelto e ha scelto bene, anzi benissimo. Gli elettori e le elettrici hanno dato le carte. Adesso voi dovete giocare la partita bene e con abilità. Guardate a ciò che vi unisce, tramutate i vostri programmi in un'agenda per i prossimi 5 anni e trasformate l'Italia. Questa è una partita con una mano sola. Non sprecatela".

Infine, il ritorno dei sondaggisti. Istituto Swg per Agorà, la trasmissione di RaiTre: "per il 72% degli elettori di centrosinistra e per il 66% di quelli del Movimento 5 Stelle, Bersani e Grillo dovrebbero allearsi e governare assieme". Le larghe intese? "Per il 16% degli elettori del centrosinistra e per il 14 percento di quelli del movimento 5 stelle, il Pd dovrebbe puntare sull'appoggio di tutte le forze in parlamento".
Il governissimo si ferma al 2% dei consensi per entrambi i bacini elettorali.

(01 marzo 2013) © Riproduzione riservata

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