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« Risposta #1 inserito:: Marzo 20, 2010, 08:51:40 am » |
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L’arte di non essere Berlusconi
Antonio Di Pietro rivolto a Ignazio La Russa: «Perché non guardate la trave nel vostro occhio invece di guardare lo stuzzicadenti?». Lo stuzzicadenti? Ma in che razza di vangelo apocrifo il leader dell’Italia dei Valori ha imparato il catechismo?
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Non è la prima volta che mi capita, ma in questa occasione il dubbio si è manifestato più insidioso: e se avessero ragione gli altri? Ovvero quelli che, all’interno della sinistra, coltivano un’idea della lotta politica totalmente diversa dalla mia. Ripeto: mi accade di pensarlo frequentemente, ma stavolta l’idea che sia io a sbagliare tutto si è fatta più incalzante. Mi spiego. Parto da due fatti accaduti la scorsa settimana. Il primo: la sentenza della Corte di Cassazione che ha affermato come l’interesse alla sicurezza (identificata con l’espulsione degli immigrati irregolari) debba prevalere su quel bene pubblico che è il diritto dei minori stranieri a frequentare una scuola e a ricevere un’istruzione. Il secondo: il presidente del Consiglio ha esercitato pressioni per ottenere la chiusura di Annozero. A scanso di equivoci: considero quest’ultima azione a dir poco gravissima (oltre che un po’ ridicola) e mi auguro, di cuore, che quelle e altre simili pressioni non abbiano alcun esito. Ma, se dovessi stilare una gerarchia di importanza tra i due fatti e, dunque, scegliere quello su cui concentrare maggiori energie e risorse, iniziativa e mobilitazione, non avrei il minimo dubbio: scelgo il primo.
Il mio smarrimento, e la sensazione che mi sto sbagliando di brutto, nasce dalla constatazione che praticamente tutti, ma proprio tutti, all’interno della sinistra nelle sue diverse articolazioni, e tutti i giornali, ma proprio tutti, nella pluralità delle posizioni (Unità, Repubblica, Europa, Manifesto, Liberazione, Fatto...), scelgono come largamente prevalente il secondo episodio. Dunque, forse hanno ragione loro. Eppure, gli sforzi di autoconvincimento fatti nel corso di tutta una settimana non sono bastati a persuadermi del mio torto, e i dubbi restano. La prima risposta che mi viene offerta, e che dovrebbe tranquillizzare, la trovo zoppicante. Si dice: ma se non ci fosse Berlusconi, le cose andrebbero meglio anche per gli immigrati. Dunque, per contrastare gli effetti velenosi di quella sentenza della Cassazione, il primo e principale bersaglio rimane sempre Berlusconi. Contesto proprio l’assioma: senza l’attuale premier, non è detto che la condizione degli stranieri in Italia migliorerebbe (io li ricordo bene, gli anni precedenti il 1994). E, in ogni caso, siamo proprio sicuri che – per sconfiggere il governo Berlusconi – non si debba aggredire preliminarmente l’ideologia della discriminazione etnica, alimentata dal centro destra e che finisce col rafforzare e legittimare il centro destra stesso? Pertanto, nella mia personale gerarchia delle priorità è quella sentenza della Cassazione la prima preoccupazione e il primo obiettivo. A questo punto mi si può obiettare: la politica affronta gli avversari politici e non le sentenze della magistratura. Ma questo, lungi dal tranquillizzarmi, inquieta ancora di più. La sinistra, noi, questa congrega che siamo - di sbandati e irriducibili, di masochisti e sconfittisti, di speranzosi e pugnaci, e anche di molte cose buone – abbiamo maturato un atteggiamento tutto rispettabile e benpensante, bacchettone e codino, in ragione del quale “le sentenze non si discutono”. Ma quando mai! E poi, quelle sentenze fanno parte intimamente di un clima sociale dove, se ti capita di litigare con un immigrato, la sera dopo gli organizzi un bel raid, per fargliela vedere.
Ciò che voglio dire, insomma, è che il berlusconismo come senso comune e cultura condivisa precede il movimento politico Forza Italia e, in larga misura, ne prescinde, penetrato com’è nei comportamenti quotidiani e nelle opzioni ideologiche delle istituzioni e delle amministrazioni, degli operatori della giustizia e di quelli dell’ordine pubblico, dei facitori di opinione e delle agenzie della socializzazione (dalla scuola al sindacato). E allora, davvero crediamo che una migliore qualità della vita collettiva e una tutela rigorosa dei diritti (da quelli civili, correlati all’autonomia individuale, a quelli sociali, come la formazione e il lavoro) possano dipendere dalla sconfitta di Silvio Berlusconi? Quella sconfitta è condizione ineludibile, ma se nel frattempo non siamo stati in grado di vincere - come recita la battuta di Gian Piero Alloisio, riportata da Giorgio Gaber - oltre che il Berlusconi in sé, “il Berlusconi in me” (e in tutti noi), l’esito sarà fatale. A Berlusconi Primo succederà Berlusconi Secondo.
19 marzo 2010 Luigi Manconi
da unita.it
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