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Autore Discussione: NELSON MOE. Dai Corleone ai Soprano il mito resiste  (Letto 2486 volte)
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« inserito:: Gennaio 05, 2010, 10:27:05 am »

5/1/2010

Dai Corleone ai Soprano il mito resiste
   
NELSON MOE


Molti di noi, almeno in Nord America, si chiedono da un po’: dove è finita la mafia? Possibile che i giorni gloriosi di John Gotti se ne siano andati? Notizie sulla mafia appaiono sempre più raramente sui media, perfino il Daily News sempre avido di storie sensazionali, non ne parla spesso. Del resto, l’affaire di Tiger Woods è certamente più avvincente di un’investigazione su un concorso truccato per gli appalti per lo smaltimento dei rifiuti.

La serie televisiva «I Soprano» sembra essere stata il canto del cigno di Cosa Nostra, sia come organizzazione criminale che come mito cinematografico. Come ha detto Tony Soprano, «ultimamente provo la sensazione che le cose tendono ad andare in discesa». L’immagina della mafia - almeno dalla parte americana dell’Atlantico - sembra aver perso la sua rilevanza sociale e la sua potenza simbolica. Non passerà molto tempo e guarderemo i film sulla mafia con gli stessi occhi e lo stesso sentimento con i quali oggi guardiamo le pellicole western ambientate nel mondo dei cowboys: storie drammatiche, perfino eroiche, che però appartengono a un’epoca irrimediabilmente lontana.

Eppure, proprio quando avevamo pensato che fosse finita, che ne eravamo fuori, la mafia - come dice Michael Corleone ne «Il Padrino III» - «continua a tenerci insieme». Nick Rizzuto junior, il figlio del boss Vito Rizzuto, viene ammazzato in una via centrale di Montreal. Gli hanno sparato nel petto quattro o sei volte, in pieno giorno. E le fotografie scattate al suo funerale risvegliano in noi un’inquietante sensazione di familiarità, di déjà vu. La sfilata di un esercito di imponenti uomini con la faccia di pietra, avvolti in soprabiti neri e con un’espressione leggermente torva. La bara placcata in oro portata dentro la chiesa cattolica di Notre Dame de la Défense in Little Italy. File di enormi corone di fiori. Immagini alle quali non riusciamo a dare una collocazione precisa: queste facce, questi gesti, questi abiti (aspettate, sono pronto a giurare che la chiesa sia la stessa de «Il Padrino»!), ma sicuramente li abbiamo già visti prima, in qualche film sulla mafia.

E’ la vita che imita l’arte o l’arte che imita la vita, almeno in questo caso? Alla fine non ha molta importanza. Una sola cosa resta certa. Un gruppo di giornalisti osserva la scena del funerale dall’alto, tutti insieme su un balcone, vicino a una salumeria che espone un fiero tricolore. Sono saliti fin laggiù per fotografare e filmare il funerale di Nick Rizzuto junior. Le fotografie che hanno fatto ci hanno raggiunto, le abbiamo viste, ne siamo rimasti colpiti. Quelle immagini resteranno con noi. Si mischieranno nella nostra mente con le infinite immagini di mafia che abbiamo visto in precedenza, sia nei media che nei film. E la storia di Nick Rizzuto junior e della mafia non finisce qui. Il Padrino è morto. Lunga vita al Padrino.

Professore di storia italiana alla Columbia University

da lastampa.it
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