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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 04, 2010, 10:15:52 am » |
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4/1/2010 - ANNIVERSARIO. TRA LE POLEMICHE L'ANNIVERSARIO DEL FILOSOFO-SCRITTORE
Albert Camus, la scomoda eredità di un irregolare Morì 50 anni fa ma riesce ancora a dividere la Francia
DOMENICO QUIRICO CORRISPONDENTE DA PARIGI
L’allarme lo ha lanciato lo scrittore Olivier Todd, il suo migliore biografo: «Attenti a non trasformarlo in una icona disincarnata. Bisogna conservare Camus vivo nella sua complessità e nelle sue contraddizioni. Camus non era né esemplare né edificante. È uno che ci consente di riflettere». Sopravviverà dunque questo «Giusto», che può essere guardato al microscopio e non come molti eroi al telescopio, al suo inevitabile, mortifero anniversario? Mezzo secolo da quel 4 gennaio 1960 in cui morì in un incidente d’auto, da folgorante James Dean della letteratura.
Strano: il consenso è universale, oceanico, eppure sibilano le polemiche. I pretoriani dell’Eliseo lanciano la grande manovra per «panteonizzarlo»: perché il presidente Sarkozy, cinico assimilatore di epoche, uomini e Storie a suo uso e consumo, lo vuole a tutti i costi marmorizzare nelle tombe dei padri della patria. Ma un figlio resiste, l’operazione slitta, per ora si insabbia. In tv l’altra lama della tenaglia: gocciola infatti il Camus intimo, sentimentale, sgonnellatore di femmine del film per Antenne2 girato da Laurent Jaoui. Del Camus giornalista resistente autore-attore prolifico della vita intellettuale del Dopoguerra, frutto spinoso cresciuto nella terra arida, stenta, dura d’Algeria nulla o quasi. Si depreca già l’ennesima vittima del biografismo contemporaneo che spiega tutto con l’intimo: errore segreti infedeltà. Ha dunque ragione Finkielkraut: «Camus è consacrato da un’epoca che gli volta la schiena. Il nostro tempo non ama che se stesso ed è se stesso che celebra quando crede di commemorare i grandi uomini».
Eppure l’antidoto è nascosto in quella frase del discorso per la consegna del Nobel: «Ogni generazione si crede votata a rifare il mondo. La mia sa con certezza che non lo rifarà. Ma il suo compito è forse più grande. Consiste nell’impedire che il mondo si disfi...». Ecco: come ammoniscono coloro che disdegnano i frettolosi e interessati turiferari da anniversario, in una epoca in cui proliferano le corse folli agli estremismi, in cui non bisogna abituarsi al Male, uno scrittore così a lungo messo ai margini appare essenziale. Che parlava di «rivoluzioni ma relative», di «politica modesta». Che scriveva, nel 1943, La lettera a un amico tedesco e chiedeva la grazia per Brasillach. Immaginiamo oggi, dopo l’undici settembre, se risuonasse sui giornali la sua risposta a uno studente arabo, nel 1957 poco dopo il Nobel, che gli rimproverava il silenzio sull’Algeria: «In questo momento ad Algeri si gettano bombe sui bus. Mia madre potrebbe trovarsi su uno di questi. Se questa è la giustizia, io preferisco mia madre».
La Francia ha molto da farsi perdonare da Camus, forse per questo vuole esibirlo nel gulag marmoreo del Pantheon. Ad esempio lo ha rinchiuso come un veliero dentro la bottiglia di una etichetta, «filosofo da liceali» (come se l’esserlo fosse una colpa). Jean-Jacques Brochier continua a ristampare il suo pamphlet e a scagliarsi, trovando ascolto, contro l’angelismo promosso troppo rapidamente a modello, a ripetere causticamente e ferocemente che «la differenza tra Camus e Nietzsche è che il secondo sapeva pensare». Già: scrittore perfetto per i dettati, filosofo discount, moralista della Croce Rossa. Nel turgore delle celebrazioni il veleno corre tuttora come un fiume carsico sotto gli omaggi. Basterebbe a confutarlo il parere di François Feito, lo storico di origine ungherese appena scomparso che aveva provato le ispide delizie delle Rivoluzioni: «Camus era tutto salvo che un democratico molle. Nel suo amore della libertà c’era qualcosa di virile, di muscoloso».
Il nocciolo è, sempre e ancora, nella guerra degli atridi della Rive Gauche: Sartre contro Camus. Chi in Situationes IV lasciò cadere, sadico: «Voi detestate la difficoltà di pensare e decretate alla svelta che non c’è nulla da capire per evitare in anticipo il rimprovero di non aver capito»? Oggi citare Sartre è complicato, troppi i regimi indifendibili patrocinati dal filosofo per cui «ogni anticomunista (compreso l’autore de La peste) era un cane». Ma galleggiano un gauchisme reducistico, i salotti rachitici orfani di maestri del pensiero e di anatemi che non l’hanno perdonata allo scrittore che rifiutava «di mettere tra la vita e l’uomo un volume del Capitale». In una delle ultime interviste Camus alla domanda «ma lei è ancora di sinistra?», rispose «sì, malgrado la sinistra e me stesso». Attuale, scandalosamente attuale, no?
da lastampa.it
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