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Autore Discussione: LLOYD GROVE. Gore: corsa contro il tempo  (Letto 2508 volte)
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« inserito:: Dicembre 12, 2009, 03:32:49 pm »

12/12/2009

Gore: corsa contro il tempo
   
LLOYD GROVE


Nel suo «Una scomoda verità», Al Gore ha descritto l’apocalisse in rapida accelerazione prodotta dall’uomo, creata dall’inquinamento e dal riscaldamento globale. Nel suo ultimo libro, «La Scelta. Come possiamo risolvere la crisi climatica» (Rizzoli), il sessantunenne premio Nobel per la pace traccia alcune possibili soluzioni. In questa intervista concessa dopo un suo incontro con il presidente Obama e dedicata alla Conferenza dell’Onu sul clima a Copenhagen, l’ex vicepresidente loda le ambizioni ambientaliste di Obama e bacchetta i negatori del cambio climatico che, dal suo punto di vista, portano del marcio in Danimarca. «C’è una vasta macchina delle chiacchiere che riceve ampi finanziamenti dagli inquinatori e ampio sostegno dagli oppositori ideologici che vogliono che il governo non faccia assolutamente niente», afferma Gore, rispondendo al mini-scandalo legato ad alcune mail private di scienziati britannici che vengono usate per sollevare dubbi sulla teoria prevalente sul cambiamento climatico. Coloro che negano il cambio climatico stanno saltando sopra la storia delle mail: come valuta l’andamento della guerra di propaganda? Non ho letto tutte queste mail. La più recente sembra vecchia di 10 anni, e si tratta di scambi di idee privati tra scienziati. Non ho visto niente che ponga la benché minima sfida al consenso generale sugli indizi prevalenti che abbiamo, che sono schiaccianti. Non ho visto alcuna vera sostanza. C’è chi ha chiesto che venga ritirato il suo premio Oscar. Non è certo la prima volta che i negazionisti sul clima hanno cercato di gonfiare qualche piccola cosa per farla apparire rilevante, e questa è una di quelle occasioni. Lei si chiede chi sta vincendo il dibattito e la guerra di propaganda. La vincitrice è Madre Natura. I cambiamenti che stanno avvenendo in questo momento sulla Terra sono di una portata biblica. La calotta polare artica è stata delle dimensioni più o meno degli Stati Uniti continentali per tutto il corso degli ultimi 3 milioni di anni, e adesso sta sparendo di fronte ai nostri occhi. Cominciano le emissioni di CO2 congelato e la comparsa della tundra via via che i ghiacci si squagliano nell’Oceano Artico. I livelli del mare stanno crescendo, ed è cominciato il flusso di rifugiati per motivi climatici. In ogni continente, stanno arrivando tempeste, siccità, incendi e alluvioni da record. Ci sono molte resistenze in Congresso ai progetti di limitazione delle emissioni e al programma di Obama per il clima. E le grandi società non vogliono spendere soldi e imbattersi nei costi di ulteriori regolamenti anti-inquinamento. Come le appare la situazione politica? Hanno avuto successo nel ritardare l’azione. Agiscono in buona parte allo stesso modo in cui agirono le società del tabacco, rinviando le raccomandazioni delle autorità sanitarie nel 1964, quando fecero travestire attori da medici, diedero loro sigarette e chiesero che dicessero davanti alle telecamere che non c’erano veri legami tra il fumare sigarette e le malattie polmonari. È esattamente la stessa cosa. La posta in gioco era alta anche allora: stavamo perdendo più americani per le sigarette ogni anno di quanti ne avevamo persi in totale all’anno durante la Seconda Guerra Mondiale. Oggi ciò che c’è in ballo è infinitamente maggiore. E stiamo correndo contro il tempo, perché immettiamo ogni giorno nell’atmosfera 90 milioni di tonnellate di sostanze inquinanti da effetto serra».

Ma come si possono persuadere i politici che vale la pena? La maggior parte della gente pensa che costi un sacco di soldi dar vita alle riforme ambientali e ridurre le emissioni da carbonio. E i «lavori verdi» non si sono ancora materializzati. In realtà stanno cominciando a materializzarsi. E sta emergendo un consenso di vasta portata tra i governi sul fatto che dato che i tassi d’interesse sono ai minimi storici, l’unico strumento di politica economica per stimolare l’economia è stimolare la spesa, con le infrastrutture che risultano il modo più efficace per farlo. E i provvedimenti di stimolo «verdi» che in tutto il mondo vengono inseriti in questi piani stanno facendo la differenza. Cosa vi siete detti con il presidente Obama? È stata una conversazione privata, ma molto positiva riguardo all’intervento che farà a Copenhagen e alla legislazione all’esame del Senato. Come risponde agli inevitabili articoli di giornale che parleranno delle 1200 limousine presenti a Copenhagen e della gente che arriva sui jet privati, e quindi dell’enorme impronta da carbonio che lascerà una conferenza del genere? Non penso sia importante. Alla fine ciò che conta è la realtà schiacciante di ciò che accade, e la sofferenza umana che è già cominciata. Penso per esempio alle coste del Bangladesh, dove la gente era abituata a ricostruirsi un’esistenza ogni 20 anni per effetto dei grandi fenomeni meteo, e ora devono farlo ogni 4-5 anni. Cominciano a trasferirsi in altre città. L’India ha alzato il filo spinato al confine per bloccarli. Un innalzamento di un metro delle acque provoca lo spostamento di quasi 20 milioni di persone nel solo Bangladesh.

Copyright The New York Times Syndicate

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