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Autore Discussione: Gaza, Hamas ringrazia Prodi "Italia fuori da ombrello Usa"  (Letto 4705 volte)
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« inserito:: Agosto 13, 2007, 04:57:27 pm »

ESTERI

Dopo la presa di posizione del premier italiano sul dialogo con il gruppo islamista parla il portavoce del movimento: "Così si aiuta la causa palestinese"

Gaza, Hamas ringrazia Prodi "Italia fuori da ombrello Usa"

 
GAZA - "L'invito lanciato dal premier italiano, Romano Prodi, al dialogo con Hamas indica che Roma è uscita dall'ombrello americano". E' questo il primo commento del portavoce del movimento islamico palestinese, Fouzi Ibrahim, alle dichiarazioni rilasciate ieri dal presidente del Consiglio italiano a proposito della possibilità di riprendere il dialogo con Hamas.

Intervistato dalla tv iraniana in lingua araba 'al-Alam', Ibrahim ha apprezzato la posizione espressa da Prodi e ha commentato: "Sembra che ci sia un tentativo di uscire dall'ombrello americano, visto che questa posizione dell'Italia viene dopo ciò che hanno fatto la Russia, la Norvegia e il Canada. E' questa la posizione più avanzata che dovrebbe adottare la comunità internazionale per sostenere la causa palestinese".

L'esponente di Hamas accusa inoltre l'amministrazione americana di aver esercitato pressioni sul governo italiano affinché non simpatizzasse con il movimento islamico. "L'Italia ha avuto sin dal primo momento una posizione che rispettava le scelte del popolo palestinese - ha aggiunto - se non fosse stato per il governo americano che ha costretto l'Italia e molti altri Paesi europei a non simpatizzare con la scelta democratica del popolo palestinese".

Infine Ibrahim ha evidenziato come, a suo dire, ci sia una spaccatura all'interno dell'Unione Europea circa i rapporti con il movimento islamico palestinese e ha invitato quei paesi che aprono nei confronti di Hamas a non "arrendersi all'amministrazione americana che sostiene il terrorismo dell'occupazione israeliana a spese dei diritti del popolo palestinese".

Le conseguenze negative dell'isolamento di Hamas sono sottolineate anche da un rapporto presentato oggi al Parlamento britannico. Il rifiuto della Gran Bretagna e dell'Unione Europea di avere contatti con Hamas viene duramente criticato nella relazione sul Medio Oriente della Commissione esteri del Parlamento, per la quale la comunità internazionale, proprio per questo rifiuto è "in parte responsabile" per la violenza tra fazioni palestinesi a Gaza in giugno. L'isolamento di Hamas, afferma il rapporto, è stato "controproducente", mentre il blocco dei fondi Ue all'Anp è stato "molto dannoso". Per questo nel rapporto si chiede che il governo di Londra "consideri urgentemente modi per impegnarsi politicamente con elementi moderati di Hamas".

(13 agosto 2007) 

da repubblica.it
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« Risposta #1 inserito:: Agosto 13, 2007, 06:54:35 pm »

Hamas: «Ringraziamo Prodi, siamo pronti al dialogo con tutti»

Londra: sbagliato tagliare i ponti


Il movimento integralista Hamas «è pronto ad aprire un dialogo franco con la comunità internazionale come auspicato dal presidente italiano del consiglio Romano Prodi». Lo ha detto il portavoce di Hamas a Gaza, Sami Abu Zuhri.

«Noi apprezziamo molto il ruolo svolto dall'Italia - ha proseguito il portavoce di Hamas - che anche altre volte ha esortato per un dialogo con il nostro movimento. L'atteggiamento italiano testimonia il desiderio europeo di riconsiderare la sua posizione verso Hamas».

Secondo Sami Abu Zuhri, »il mondo ocidentale sta capendo che è stato un errore non trattare con Hamas in passato, e ora noi ci auguriamo che le dichiarazioni del primo ministro italiano vengano ascoltate dall'Unione europea, all'interno della quale ci sono altri gruppi parlamentari che sostengono la medesima esigenza di trattare con noi».

«Hamas - ha concluso il portavoce - è pronto ad aprire un dialogo franco con la comunità internazionale».

Proprio il «dialogo con tutti», coinvolgendo «apertamente e con trasparenza» i più diversi attori della scena internazionale, Hamas e Siria compresi era stato richiesto da Romano Prodi. Hamas non può più essere una parola tabù, aveva spiegato in sostanza oggi Romano Prodi in una pausa politica delle sue vacanze a Castiglione della Pescaia. Se si vuole aiutare veramente lo sforzo del presidente palestinese Abu Mazen e del premier israeliano Ehud Olmert a compiere «i difficilissimi gesti di pace» necessari a riavviare il processo negoziale sulla crisi israelo-palestinese occorre parlare con tutti, anche con i «cattivi» dell'area. Ovvero Siria, Iran, Hams ed Hezbollah.

Prodi aveva seguito un'analoga dichiarazione del ministro degli Esteri Massimo D'Alema alla festa dell'Unità di San Miniato. D'Alema definì Hamas è «un movimento popolare» che la comunità internazionale non ha interesse «a spingere nelle braccia di al Qaeda».

La sortita di Prodi è criticata dalla destra italiana. «Prodi in politica estera è come Caruso sul lavoro. Medesime parole e posizioni terroriste»: così Luca Volontè, capogruppo Udc alla Camera. «Caruso ha usato un linguaggio terrorista, Prodi ormai è sulla stessa strada: aprire ad Hamas, dopo la passeggiate di D'Alema con Hezbollah e l'idea della Conferenza di pace con i Talebani tagliagole. Ormai - conclude - la coalizione di maggioranza è sulla strada dell'estremismo».

Sulla stessa lunghezza d'onda Roberto Calderoni, Lega. «Prodi, avendo una maggioranza costituta anche di estremisti e non potendo più contare oggi su una maggioranza, non esita a porsi al di fuori della comunità internazionale e ad aprire ad Hamas, ovvero a ciò che per la comunità internazionale resta un pericolo terrorista: evidentemente Caruso non è stato l'eccezione ma rappresenta purtroppo la regola condivisa da molti nella maggioranza».

Anche Daniele Capezzone, ormai fuori dalla maggioranza, attacca Prodi. «Che il governo italiano, volente o nolente, continui ad esprimere ostilità e distanza rispetto ad Israele, e invece sintonia con forze di fatto terroristiche come Hamas, è follia pericolosa e grave». «Eppure - aggiunge - questo è ciò a cui tocca assistere. E i "riformisti" che faranno? Minacceranno con pistole ad acqua, salvo poi subire, come sulle pensioni? Spettacolo avvilente».

Più articolato il pensiero della comunità ebraica. «Trattare oggi con Hamas significherebbe condannare Abu Mazen». Così il vicepresidente e portavoce della comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici, commenta le recenti affermazioni di Prodi che, spera, «restino soltanto un'intenzione e non una volontà politica».

Sui rapporti con Hamas arrivano segnali simili anche dall'Inghilterra.

La decisione del governo britannico di non dialogare con Hamas ostacola il processo di pace in Medio Oriente, che al contrario va incoraggiato aprendo «un dialogo politico con gli elementi moderati» del movimento estremista. È quanto sostiene l'ultimo rapporto della Commissione Esteri del Parlamento britannico, secondo la quale non può esistere un negoziato «a macchia di leopardo» che coinvolga solamente la Cisgiordania, unico territorio palestinese controllato da Fatah. Per questo - hanno scritto nero su bianco i parlamentari del Regno Unito - la Gran Bretagna avrebbe dovuto cessare l'embargo contro il gruppo fondamentalista già da febbraio, quando si arrivò a una formazione di governo di unità nazionale Hamas-Fatah.

Secondo il rapporto, un ruolo di primo piano per riallacciare i contatti con Hamas, che dal 15 giugno controlla la Striscia di Gaza, può essere svolto dall'ex premier Tony Blair. Nella sua nuova veste di inviato del Quartetto (Usa, Russia, Ue e Onu), l'ex primo ministro britannico dovrebbe cercare di favorire la riconciliazione tra le forze palestinesi e riprendere la strada delle trattative per arrivare alla soluzione "Due popoli-due Stati".

Intanto il ministro degli Esteri giapponese Taro Aso ha annunciato che il Giappone riprenderà l'aiuto diretto ai palestinesi sia quelli della Striscia di Gaza che quelli della Cisgiordania. Un primo versamento di 20 milioni di dollari sarà fatto nei prossimi giorni.


Pubblicato il: 13.08.07
Modificato il: 13.08.07 alle ore 18.42   
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« Risposta #2 inserito:: Agosto 14, 2007, 02:54:25 pm »

2007-08-14 09:01

HAMAS: BENE PRODI SUL DIALOGO, GELO DA ISRAELE

 (di Paola Tamborlini)


ROMA - Plauso da Hamas, gelo da Israele. Se l'invito al dialogo lanciato ieri da Romano Prodi, convinto che sia necessario il coinvolgimento del movimento integralista nel processo di pace in medio Oriente, ha raccolto la soddisfazione di Hamas, le parole del Premier non sono piaciute al Governo israeliano che ha reagito con "stupore e preoccupazione" per l'apertura nei confronti di un movimento che non deve certo essere "premiato" per il suo "carattere terroristico".

Una polemica, quella sulla necessità o meno di un dialogo con Hamas, che irrompe nella pausa estiva della politica suscitando l'indignazione dell'opposizione, che chiede al Premier di riferire in Parlamento su questo nuovo "caso internazionale". Ma pronta arriva la replica del Governo: "dialogo -precisa il portavoce Silvio Sircana- non vuol dire negoziato", perciò "non c'é alcun cambio di rotta del governo ma solo dichiarazioni di buon senso: chiudere il dialogo con Hamas potrebbe portare alla radicalizzazione della situazione".

Ma l'invito al dialogo lanciato da Prodi non raccoglie solo polemiche: oltre al sostegno della sinistra di governo, incassa anche l'appoggio, a distanza, della commissione esteri del parlamento inglese che ha pubblicato un rapporto sul Medio Oriente nel quale definisce un "errore" il rifiuto della Gran Bretagna e dell'Unione europea di dialogare con Hamas. Quella esplosa ieri con le parole pronunciate da Prodi a Castiglion della Pescaia, del resto, è solo l'ultima tappa di una querelle iniziata un mese fa sempre in Toscana, quella volta a San Miniato. Ad innescare la miccia, durante la festa dell'Unità, fu il ministro degli esteri Massimo D'Alema, ventilando, per la prima volta, la possibilità di un dialogo con Hamas. Immediata la polemica. Con reazioni durissime dall'opposizione, ma anche da Israele che disse un "no" secco ad ogni ipotesi di "dialogo con i terroristi". Una polemica feroce, tanto che D'Alema, tornando sull'argomento, commentò: "sono stato attaccato come un pericoloso terrorista".

Ma ricordò anche che la sua posizione era la stessa contenuta nella lettera inviata dai ministri degli esteri dell'Europa mediterranea al neoeletto inviato del quartetto Tony Blair. L'ipotesi di allargare il dialogo ad Hamas cominciava quindi a prendere corpo. E non solo in Italia. Pochi giorni dopo fu lo stesso premier a tornare sull'argomento parlando di "dialogo necessario con tutte le parti in causa, Hamas compreso". Una posizione che il premier sostiene con forza da tempo e che ha voluto ribadire anche ieri.

Se il risultato, come un mese fa, è stata una pioggia di polemiche e la puntuale replica piccata di Israele, il vero elemento di novità è nella risposta di Hamas: il movimento integralista, ha detto il portavoce a Gaza, Sami Abu Zuhiri "é pronto ad aprire un dialogo franco con la comunità internazionale come auspicato dal presidente italiano del consiglio Romano Prodi". Sì al dialogo, dunque, e "apprezzamento" per il ruolo dell'Italia che "testimonia il desiderio europeo di riconsiderare la sua posizione verso Hamas". Esattamente quello che teme Israele. Il direttore generale del ministero degli esteri Aaron Abramovich ha infatti definito "preoccupanti" le parole di Prodi perché "giustificano il timore di Israele circa una progressiva erosione nella posizione europea di chiusura a Hamas fino a quando questo non avrà riconosciuto il diritto di Israele all' esistenza".

Trattare con Hamas, del resto, per il portavoce della comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici, significherebbe "condannare Abu Mazen" che "grazie al coraggio con il quale ha deciso di intraprendere una pace definitiva con Israele, sta rischiando la sua stessa sopravvivenza politica e fisica".

Hamas, taglia corto l'ex presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, 'Amos Luzzatto, 'deve essere giudicato per la sua realtà presente e non per auspici futuri". 

da ansa.it
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« Risposta #3 inserito:: Agosto 14, 2007, 02:55:43 pm »

L'intervista allo scrittore israeliano

Un’apertura che nuoce anche ad Abu Mazen

Amos Oz: «Discutere con gli islamici? Prima riconoscano lo Stato ebraico».

«Lo so già cosa volete, un commento alle parole del premier italiano!»

 
GERUSALEMME — «Aprire ad Hamas, così come ha fatto Romano Prodi, significa danneggiare allo stesso tempo sia Israele che il governo di Abu Mazen. Giusto, anzi doveroso, parlare con Hamas, ma non prima che questa abbia dichiarato di riconoscere l’esistenza di Israele. Purtroppo in Europa c’è chi non la pensa così, e non soltanto Romano Prodi. A mio parere si tratta di un errore grave, destinato ad avere ripercussioni deleterie su coloro che tra israeliani e palestinesi cercano realisticamente la via della pace». In qualche modo Amos Oz questa intervista se l’aspettava. Si è ritirato nella quiete della sua casa di Arad, nel deserto del Negev, per terminare un capitolo del suo nuovo romanzo. Ma la radio ieri l’aveva sentita anche lui, comprese le dichiarazioni di Prodi, che i media locali abbinano al nuovo rapporto della Commissione Esteri del Parlamento britannico particolarmente critico sugli effetti «controproducenti» dell’embargo imposto contro Hamas dall’Unione Europea. «Lo so già cosa volete, un commento alle parole del premier italiano!», esclama dunque lo scrittore rispondendo alla telefonata del Corriere.

Allora, parlare con Hamas rappresenta oggi un’opzione?
«La questione non è se parlare o meno con Hamas. Ma piuttosto: parlare di cosa? È molto ebraico rispondere a una domanda con un’altra domanda. Molti anni fa chiesi a mio padre perché mai noi ebrei l’abbiamo eletta a consuetudine popolare. E lui mi rispose: e perché no? Quanto ad Hamas, forse potremmo chiacchierare amichevolmente dei mutamenti climatici, o dei gusti culinari in Medio Oriente, persino trattare temi di argomento filosofico o teologico. Ma certo non potremo affrontare la soluzione diplomatica del conflitto. Come posso parlare con una controparte che non mi riconosce e non è neppure disposta ad accettare uno Stato di Israele grande come un francobollo?».

E non crede che le posizioni di Hamas possano evolversi? Tutto sommato soltanto al summit di Algeri, nel 1989, l’Olp fu disposta ad accettare il principio dell’esistenza di Israele. Quattro anni dopo si arrivò alla firma degli accordi di Oslo tra Yitzhak Rabin e Yasser Arafat.
«Se avvertissi che, anche solo tra le righe, Hamas è disposta a riconoscermi, sarei il primo a battermi per l’avvio del negoziato diretto. E in quel caso, ben prima del governo Prodi, dovrebbe essere proprio quello di Ehud Olmert a farsi avanti, subito, senza indugi. Ma, mi spiace, sino ad ora non ho sentito levarsi alcuna voce credibile in questo senso».

Negli ultimi tempi avete assistito alla visita di Fausto Bertinotti al parlamento di Gaza, poi alle aperture di Massimo D'Alema verso Hamas, quindi alle frenate di Piero Fassino e ora di nuovo alle avances di Prodi. Come legge tutto questo?
«Non sono un esperto di politica italiana. Però sono un uomo che crede nel compromesso e so bene che per arrivarci occorre essere in due, bisogna in qualche modo trovarci a metà strada. Lo ripeto, una parte delle mosse del governo italiano nei confronti di Hamas non serve affatto al processo di pace, anzi lo allontana, si rivela controproducente, diventa come bombe a scoppio ritardato destinate a esplodere in faccia sia ad Abu Mazen che Olmert. Sino a che Hamas non ci riconoscerà, non esisterà spazio per alcun compromesso. Dopo tutto non è ammissibile che Israele venga riconosciuto di lunedì, mercoledì e venerdì, ma poi annullato la domenica, il martedì e giovedì».

Aziz Al Dweik, considerato tra i deputati moderati di Hamas e portavoce del parlamento della Cisgiordania arrestato un anno fa da Israele, parlava di una «Hudna», una tregua, lunga sino a 25 anni. Niente guerra per un quarto di secolo, non è già un passo gigantesco verso la pace?
«E chi dice nulla contro la Hudna? Ben venga, la possono mettere in pratica subito, non c’è bisogno di alcun negoziato. Se poi, con il completo cessate il fuoco e i miliziani di Hamas che arrestano i provocatori armati, ci offrissero di trattare, vorrebbe dire che Hamas è cambiato. Trattare implica riconoscere l’esistenza del proprio partner. Non si tratta con il nulla».

Ciò significa che la trattativa non necessita del riconoscimento?
«Non ho detto questo. Prima di tutto Hamas deve annunciare a chiare lettere che riconosce Israele».
Perché al tempo del ritiro da Gaza, nell’estate del 2005, Israele non si coordinò con Abu Mazen? Gli stessi dirigenti del Fatah affermano che è stata un’occasione perduta, tanto che oggi il presidente palestinese appare a molti qui come un leader artificiale, promosso a partner da Israele e Usa solo in chiave anti-Hamas.
«Sono assolutamente d’accordo con loro. L’allora premier Ariel Sharon commise un errore gravissimo. Hamas ha vinto alle elezioni del 25 gennaio 2006 anche grazie al fatto di aver potuto presentare quel ritiro come risultato del terrorismo e dei suoi kamikaze. Se ci fossimo coordinati con Abu Mazen, l’intero ritiro da Gaza sarebbe invece diventato parte del processo di pace. Ma che posso dire? Occorre imparare dai nostri errori per non ripeterli».

È certo che Abu Mazen sia il partner giusto? La sua popolarità appare in caduta libera anche in Cisgiordania.
«Difficile essere profeta nella terra dei profeti. C’è troppa concorrenza nel predire il futuro, meglio giudicare il passato. Maquesta volta arrischio una profezia: nel momento in cui si arrivasse davvero a un accordo per la soluzione comprensiva del conflitto, credo che i tassi di popolarità di Olmert e Abu Mazen salterebbero alle stelle. La gente che sostiene Hamas è in maggioranza convinta che questa terra debba essere divisa in due Stati. Potremmo provarlo con un referendum: votano per Hamas contro la corruzione del Fatah e non perché intendono davvero distruggere Israele. Come del resto la maggioranza degli israeliani in cuor suo sa bene che alla fine dovrà ritirarsi dai territori occupati nel 1967. Questo fattomi dà speranza. E la speranza è una droga fortissima ».

Lorenzo Cremonesi
14 agosto 2007
 
da corriere.it
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« Risposta #4 inserito:: Agosto 14, 2007, 02:57:26 pm »

Prodi dice: «Hamas esiste. Occorre aiutarlo ad evolversi»

Cattivi esempi in politica estera

Il presidente del Consiglio si sarebbe in tal modo collocato a mezza strada fra il suo ministro degli Esteri e il segretario dei Ds 

 
ROMA - Dice Romano Prodi: «Hamas esiste. Occorre aiutarlo ad evolversi. E la situazione di Hamas è molto complicata ». L'Italia — aggiunge — non è una grande potenza, ma può avere un ruolo politico. «Dialogare con tutti, e in tale logica rientra il rapporto con Hamas. D'altra parte, sto aiutando fortemente, lealmente, lo sforzo di Abu Mazen e di Olmert per fare gesti di pace difficilissimi. Ma non avremo mai la pace con i palestinesi divisi in due nazioni». Il presidente del Consiglio, riferiscono i giornali, si sarebbe in tal modo collocato a mezza strada fra il suo ministro degli Esteri, Massimo D'Alema — «Hamas è una forza reale che rappresenta tanta parte del popolo palestinese, e non bisogna spingerlo nelle braccia di Al Qaeda» — e il segretario dei Ds, Piero Fassino, il quale, invece, ha detto recentemente che bisognerebbe rafforzare Abu Mazen senza aperture ad Hamas.

Il direttore generale del ministero degli Esteri israeliano, Aaron Abramovich, ha manifestato «stupore e preoccupazione» per la sortita di Prodi. A sua volta, il portavoce di Hamas, Fouzi Ibrahim, ha detto che, con le dichiarazioni del suo presidente del Consiglio, «Roma è uscita dall'ombrello americano». Per parte mia, a voler ironizzare, potrei dire che Prodi ha ragione quando dice che «non avremo mai la pace con i palestinesi divisi in due nazioni». Una delle quali, è bene ricordarlo, vuole la distruzione di Israele.

Ma, forse, ha ragione anche chi si chiede se l'Italia avrà mai una politica estera — per non dire un governo — col presidente del Consiglio che dice una cosa, il ministro degli Esteri che ne dice un'altra, il segretario del maggior partito della coalizione una terza ancora e la sinistra alternativa che è dalla parte di Hamas. La situazione di Hamas — dice Prodi — «è molto complicata». Mi pare, però, che anche quella del nostro governo lo sia. Il presidente del Consiglio sembra ritenere infatti possibile aiutare contemporaneamente Abu Mazen e Olmert a «fare gesti di pace difficilissimi» e Hamas — che la pace non la vuole e si libererebbe volentieri, oltre che di Israele, anche di Abu Mazen — a «evolvere».

Un ossimoro politico e diplomatico, oltre che logico, il suo?

Frutto della vocazione ecumenica e pedagogica di un capo di governo che parla come un buon prete di campagna?

L'antica vocazione dell'Italia a recitare il ruolo internazionale della «mosca cocchiera»?

No, a me è sembrato solo un brutto esempio di opportunismo. Certo, per la pace. Ma non in Medio Oriente. A Palazzo Chigi.

Piero Ostellino
14 agosto 2007
 
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« Risposta #5 inserito:: Agosto 14, 2007, 10:09:37 pm »

ESTERI

Telefonata di chiarimento dopo le polemiche nate dalle dichiarazioni del premier

Ma da Gerusalemme il ministro degli Esteri Livni torna all'attacco

Prodi rassicura Olmert su Hamas

"No al negoziato se non riconosce Israele"

Rimane però una differenza: Israele non ammette neppure contatti

Per il premier italiano sono invece possibili a livello "informale"

 

ROMA - Romano Prodi telefona al premier israeliano Ehud Olmert, dopo le polemiche suscitate dalle dichiarazioni del primo ministro italiano su Hamas. Olmert smentisce tensioni con Roma: "Nessun disappunto, anzi sincero apprezzamento per ciò che l'Italia fa a favore del processo di pace". E precisa: "La posizione italiana era e rimane la stessa, e cioè che non bisogna avere contatti con Hamas, a meno che Hamas non rispetti interamente le 3 condizioni del Quartetto". Palazzo Chigi conferma che la posizione di Roma non è mutata, e che i negoziati si potranno avere solo in questo caso. Ma precisa ulteriormente e non esclude la possibilità di contatti, "che possono essere anche informali", come ha detto il portavoce del premier, Silvio Sircana. Nel pomeriggio, però, da Gerusalemme il ministro degli Esteri, Tzipi Livni, aveva insistito nella polemica: "Da Roma e Londra un gravissimo errore".

La giornata del presidente del Consiglio era iniziata con una lunga telefonata, quella con il presidente egiziano Hosni Mubarak. Conversazione già in programma, come si è affrettato a precisare Palazzo Chigi. Da quando l'Italia è leader della missione Unifil in Libano, infatti, è prassi che Prodi mantenga costanti contatti coi principali leader mediorientali, da Mubarak ad Olmert, dal siriano Bashar al Assad, con cui il premier ha parlato una settimana fa, al primo ministro libanese Fouad Siniora, a cui probabilmente telefonerà domani.

Anche la telefonata con Olmert, quindi, era già in agenda da tempo. E di certo gli argomenti tra Roma e Gerusalemme non mancavano, dopo il vespaio di polemiche suscitate dalle dichiarazioni di Prodi su Hamas. "E' una realtà, esiste, e occorre aiutarlo ad evolversi", aveva detto il primo ministro italiano a proposito del movimento terroristico palestinese, che ha vinto le ultime elezioni legislative e controlla di fatto la Striscia di Gaza. Hamas aveva ringraziato Prodi per l'apertura al dialogo, e le reazioni israeliane erano state immediate. Ieri il governo aveva espresso "stupore e preoccupazione". Oggi il ministro degli Esteri di Gerusalemme, Tzipi Livni, ha rincarato la dose. Rispondendo alle domande dei giornalisti sulle aperture di Londra e Roma ha detto, battendo ripetutamente il pugno sul tavolo, che "cercare di far riconciliare Hamas e Fatah è un errore, un enorme errore". Infatti, secondo la Livni, "qualsiasi compromesso della comunità internazionale con il terrore può indebolire il nuovo governo dell'Anp".
D'altra parte, però, il ministro ha ostentato ottimismo: "C'è una chance nel dialogo tra Israele e il nuovo governo palestinese. Possiamo ottenere qualcosa, ci siamo quasi".

Più tardi Prodi ha telefonato a Olmert, e le parole del primo ministro israeliano hanno stemperato la tensione. Secondo quanto ha riferito la Farnesina, nella conversazione, "lunga e molto calorosa", il premier italiano ha spiegato che "l'azione di Roma è tesa a fare in modo che Hamas ottemperi alle 3 condizioni poste dal Quartetto Usa-Ue-Onu-Russia, ossia il riconoscimento dello Stato d'Israele, la rinuncia alla violenza e il rispetto degli accordi pregressi tra Gerusalemme e Anp". Tesi confermata, in una nota ufficiale, dal governo israeliano, per cui la posizione di Prodi resta immutata, e il dialogo con Hamas è subordinato all'accettazione delle condizioni del Quartetto. In seguito è arrivata la precisazione di Sircana, che ha distinto tra i "negoziati" e i semplici "contatti".

Un altro argomento della telefonata tra i due leader è stata la Conferenza di pace sul Medio Oriente, lanciata dall'amministrazione americana e prevista per il prossimo autunno, oltre alla situazione in Libano, dove l'Italia ha assunto la leadership della missione Onu.

(14 agosto 2007) 

da repubblica.it
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