22/11/2009
Galileo e le sue "reliquie" con Odifreddi al Planetario di Torino
PIERO BIANUCCI
L’ultima notizia su Galileo Galilei non è scientifica, è da film dell’orrore: gli oscuri meandri di un’asta hanno restituito il dito pollice e il dito indice della sua mano destra, nonché un dente. Diventeranno una macabra attrazione del “Museo Galileo” che si aprirà nella prossima primavera, riallestimento sotto nuovo nome del Museo di storia della scienza di Firenze diretto da Paolo Galluzzi. I reperti ora riemersi, dei quali non si aveva notizia dal 1905, si aggiungono al dito medio e alla quinta vertebra lombare, già in possesso rispettivamente del museo fiorentino e dell’Università di Padova.
Tutte queste reliquie laiche furono sottratte al cadavere di Galileo il 12 marzo del 1737 quando, sopiti gli echi della condanna del Sant’Uffizio, le sue spoglie, che novantacinque anni prima erano state sepolte in sordina sotto il campanile di Santa Croce, furono esumate per essere solennemente accolte in chiesa, nel sepolcro monumentale fatto costruire di fronte alla tomba di Michelangelo, dove avrebbero poi ispirato il poeta Ugo Foscolo.
Del dito medio e della vertebra non si sono mai perse le tracce. Protetto in una ampolla di cristallo che poggia su una base di marmo con una iscrizione celebrativa opera dell’astronomo Tommaso Perelli (1704 – 1783), il dito medio passò ad Angelo Maria Bandini, che lo fece esporre nella Biblioteca Laurenziana, di cui era direttore. Nel 1841, fu trasferito nella “Tribuna di Galileo”, appena inaugurata nel Museo di Fisica e Storia Naturale. Insieme con gli strumenti scientifici delle collezioni mediceo-lorenesi, dal 1927 è patrimonio del Museo di Storia della Scienza di Firenze. Quanto alla vertebra, dalle mani del Cocchi passò a quelle del figlio Raimondo e da questi al patrizio veneto Angelo Querini, che a sua volta la diede al letterato vicentino abate Agostino Vivorio, amico del concittadino medico Domenico Thiene. Quest'ultimo, dopo aver tentato con ogni mezzo di venirne in possesso, vide realizzato il suo desiderio grazie alla contessa Isabella Thiene, che riuscì a convincere l’abate ad affidare al medico la reliquia galileiana, il giorno di natale del 1820. In realtà Domenico Thiene non voleva il cimelio per sé, ma desiderava donarlo all’Università di Padova perché lo collocasse nell’aula di scienze. E così in effetti è stato, in memoria del fatto che a Padova Galileo insegnò matematica per 18 anni e trascorse il periodo più felice della sua vita.
Le altre due dita e il dente, acquisiti dal marchese Capponi, passarono per molte mani, fino a quando, nel 1905, se ne persero le tracce. Sono riemerse ora dall’ombra del passato con la vendita all’asta di un lotto di provenienza ignota: una teca di legno ottocentesca con un busto di Galileo. Aperta la teca, si è trovata un’ampolla settecentesca in vetro soffiato contenente le due dita e il dente. L'anonimo collezionista ha identificato i resti di Galileo e, con un gesto che gli fa onore, li ha consegnati al museo di Firenze.
Non del Galileo anatomico ma del Galileo matematico parlerà venerdì 27 novembre, ore 19, Piergiorgio Odifreddi (foto) al Planetario Infini.To, accanto all’Osservatorio astronomico sulla collina di Pino Torinese (
www.planetarioditorino.it). Odifreddi, logico matematico già professore all’Università di Torino e alla Cornell University di New York, ha appena pubblicato presso l’editore Mondadori “Hai vinto, Galileo!”. Questo libro è il punto di arrivo di una frequentazione iniziata nel 2001, quando durante un viaggio in India Odifreddi si portò come lettura il “Dialogo dei massimi sistemi”. Seguirono a Cosenza e a Ivrea messe in scena teatrali dell’abiura con padre George Coyne, allora direttore della Specola Vaticana, e monsignor Luigi Bettazzi, poi letture delle opere galileiane al Circolo dei Lettori di Torino e una “intervista impossibile” al Festival della Mente di Sarzana.
“Hai vinto Galileo!” è l’esclamazione attribuita a Giuliano l’Apostata nell’atto di arrendersi al trionfo di Gesù Cristo e del cristianesimo il 26 giugno 363. Il primo a riprenderla fu Keplero nel 1611 scrivendo la “Relazione sulle proprie osservazioni dei quattro satelliti di Giove”, dove riconosce i meriti scientifici dello scienziato italiano.
E’ superfluo dire che quello di Odifreddi è un libro polemico. Contro la Chiesa che condannò Galileo, ma anche contro Galileo stesso, al quale vengono rimproverati molti errori scientifici, esistenziali e morali, incluso il cedimento che lo portò ad abiurare le proprie convinzioni sul moto della Terra, in ginocchio davanti agli inquisitori del Sant’Uffizio. L’incontro con Odifreddi al Planetario di Torino si annuncia quindi molto interessante e imprevedibile. Tra gli altri spunti ci sono infatti anche il confronto con Giordano Bruno, che finì al rogo per aver sostenuto la pluralità dei mondi abitati e l’infinità dell’universo, con Isaac Newton, che completò l'opera di Galileo, e con l’opinione provocatoria espressa da Italo Calvino sul “Corriere della Sera” il 24 dicembre del 1967, secondo la quale Galileo Galilei fu anche il più grande scrittore italiano.
da lastampa.it