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Autore Discussione: GIUSEPPE CULICCHIA Avrei voluto guardare oltre il muro  (Letto 2021 volte)
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« inserito:: Novembre 10, 2009, 09:37:37 am »

10/11/2009 - IL MURO - 20 ANNI DOPO. LO SCRITTORE


Avrei voluto guardare oltre il muro
   
GIUSEPPE CULICCHIA

Oh, no. Ecco che cosa pensai la sera del 9 novembre 1989, mentre in tivù passavano le immagini dei berlinesi dell’Est che scavalcavano il Muro accolti a braccia aperte dai berlinesi dell’Ovest. I Vopos osservavano la scena palesemente storditi e ancora ignari del fatto che molto presto le loro temute uniformi verdi si sarebbero trovate in vendita sulle bancarelle di souvenir con i frammenti multicolori della barriera a cui avevano fatto la guardia per decenni. Ma il mio «Oh, no» non era dovuto a una particolare simpatia nei confronti di Erich Honecker o della Stasi, anche se come molti amavo i libri di Christa Wolf. Semplicemente, avevo 24 anni e non ero mai stato al di là della Cortina di Ferro, e alla pari di tanti coetanei sognavo di andare almeno a Berlino Ovest, miraggio della decadenza capitalista a mollo nel realismo socialista. Da quelle parti, giurava chi il viaggio l’aveva fatto, si respirava un’atmosfera unica. Magari perché lì si sentiva più da vicino il brivido della Guerra Fredda, e poi perché si trattava della città più giovane d’Europa o forse del mondo, visto che da sempre non pochi tedeschi occidentali vi si trasferivano intorno ai vent’anni per evitare il servizio militare. Senza contare che una volta nei pressi della Porta di Brandeburgo si poteva almeno provare a dare un’occhiata dall’altra parte, come gli angeli di Wenders ne Il cielo sopra Berlino. Sia come sia: quella sera, guardando meglio le facce dei berlinesi dell’Est e dell’Ovest, mi resi conto che avevano un’aria incredula e felice. E anche se non avevo fatto in tempo a vedere la loro città divisa, me ne feci una ragione, benché sapessi che da quel giorno in avanti mi sarebbe sempre mancato qualcosa.

Nei vent’anni trascorsi dalla caduta del Muro, sono stato nella Berlino nuovamente capitale moltissime volte. E l’ho vista cambiare come nessun altro luogo in Europa, o forse nel mondo: con i vuoti lasciati dai bombardamenti che uno via l’altro venivano riempiti da scintillanti edifici progettati da celeberrimi architetti, e le ferite aperte dai kalashnikov sulle facciate dei palazzi nell’aprile del 1945 che una per una venivano infine cancellate, come i segni del tempo sul volto di una vecchia signora in realtà bellissima ma fatalmente tentata dalle mirabolanti promesse della chirurgia estetica. Oggi che Berlino non profuma più di cantieri, i vuoti sono merce rara, e così le cicatrici dell’ultima battaglia combattuta sul nostro vecchio continente; e pazienza se non pochi dei nuovi scintillanti edifici restano sfitti. Berlino tuttavia resta la città più giovane d’Europa o forse del mondo, proprio come all’epoca in cui il Muro era ancora in piedi. Difficile vedere altrove un tale numero di passeggini e aree gioco, per tacere dei bar e delle gallerie d’arte e dei locali alla moda. Malgrado sia fortemente indebitata, quella in riva alla Sprea e allo Havel è anche tra le capitali più verdi, vivibili ed economiche. Certo dai primi Anni Novanta quasi tutto è cambiato, e solo chi ha più di trent’anni riesce ancora a distinguere l’Est dall’Ovest. Tra un viaggio e l’altro, parlando con qualche ex cittadino della Repubblica Democratica, ho poi scoperto che non sono il solo a cui dal 9 novembre 1989 manca qualcosa. Intendiamoci: malgrado nel frattempo in tanti abbiano provato sulla propria pelle licenziamenti e disoccupazione, e nonostante siano tornati in auge cibi e bevande prodotti dalle marche in voga nella ex Ddr, è assai difficile sentirsi dire che l’oggetto della mancanza è il vecchio regime. Ma più d’uno, a cominciare dallo scrittore Thomas Brussig, tra i primi a raccontare nel romanzo Eroi come noi la caduta del Muro, mi ha detto che quel 9 novembre di vent’anni fa è sparito improvvisamente l’Altrove. E con esso la possibilità di sognarlo.

da lastampa.it
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