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Autore Discussione: Fmi: Italia maglia nera alla fine della tempesta  (Letto 2161 volte)
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« inserito:: Novembre 08, 2009, 10:18:29 am »

8/11/2009 (7:22)  - ANALISI

Fmi: Italia maglia nera alla fine della tempesta

Tra i grandi è il Paese che uscirà peggio dalla recessione nel 2010

Tremonti: «Non alzare le imposte oggi come oggi è un risultato»

STEFANO LEPRI
SAINT ANDREWS


Ministri e banchieri centrali del G20 fanno proprio il giudizio del Fondo monetario internazionale: la ripresa economica resta «ineguale».

Non solo, è ancora «dipendente dalle misure di politica economica e monetaria» di governi e banche centrali, mentre «preoccupa molto l’elevato livello della disoccupazione». Unica vera novità del vertice in Scozia (ieri inaspettatamente rallegrato da una giornata di sole) è un calendario preciso per cooperare alla ripresa. Nel documento economico che il Fmi ha illustrato ieri, molto cauto sulla ripresa, non c’è traccia di attese positive per l’Italia.
Al contrario, anzi, tra tutti i paesi membri del G20 (dall’Argentina alla Turchia, in ordine alfabetico) l’Italia sarebbe quello avviato a uscire peggio dal triennio di crisi 2008-2010. Il nostro prodotto lordo nei tre anni si ridurrebbe del 5,9%, contro il 4,4% del Giappone, il 3,8% della Germania, il 2,7% del Messico; in contrasto con una crescita del 26,5% in Cina e del +19,1% in India. Tra gli europei, l’unico Paese dove il Fmi vede (debolmente) avviato un recupero al momento è la Francia.

C’è un contrasto fra l’ottimismo delle Borse e le preoccupazioni di molti imprenditori. Il Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi non si sbilancia: «I mercati si stanno riprendendo, perché la situazione economica sta migliorando; migliorano in fretta in alcuni casi, più lentamente in altri. Dobbiamo restare cauti e vigilare».

L’argomento che molti esperti ritengono più urgente per la ripresa, ossia il livello di cambio della moneta cinese, è stato il convitato di pietra: non se ne è parlato affatto. Anzi all’uscita del vertice il Governatore della Banca nazionale cinese, Zhou Xiaochuan, si è permesso di dichiarare, con una certa sufficienza: «Non mi pare che la Cina abbia ricevuto molte richieste di far apprezzare il cambio». Lo yuan (ufficialmente detto renminbi) viene tenuto agganciato al dollaro, dunque al momento lo segue nel ribasso. Condiviso il principio che ognuno dei paesi membri dovrà confrontare le sue politiche economiche con quelle degli altri, si procederà così:

1) entro gennaio ciascuno dovrà rendere noti i suoi programmi;

2) entro aprile Fondo monetario e Banca mondiale lo esamineranno;

3) poi si appronterà un ventaglio di opzioni (su come meglio cooperare) da sottoporre al vertice dei capi di Stato e di governo in giugno;

4) più precise scelte da condividere verranno precisate per il successivo vertice dei leader, in novembre.

«Più che altro è stato una specie di seminario» questo incontro scozzese, secondo Giulio Tremonti, che ha parlato anche di tasse: «Non aumentarle, in questo momento, è già un goal. Non mi riferisco all’Italia, ma a tutto il mondo» Nella conferenza stampa conclusiva, il britannico Alistair Dalrng, presidente di turno, ha fatto molta fatica a presentarlo come un successo. Tanto più che sul clima, secondo argomento in discussione, il caos è stato totale.
«Abbiamo realizzato perfino meno di quanto ci attendevamo all’inizio della riunione» commenta il tedesco Wolfgang Schauble, nuovo all’incarico di ministro delle Finanze ma politico di lunga esperienza. Affrontare i costi della lotta all’«effetto serra» avrebbe dovuto facilitare il prossimo vertice di Copenaghen sul clima.

da lastampa.it
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