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Autore Discussione: Il Times: «Ha gettato vergogna sull'Italia, ora deve dimettersi»  (Letto 3110 volte)
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« inserito:: Ottobre 08, 2009, 11:39:01 am »

Il Times: «Ha gettato vergogna sull'Italia, ora deve dimettersi»


«Silvio Berlusconi ha gettato vergogna su se stesso e sul suo paese con le sue buffonate sessuali e i suoi tentativi di evitare i processi. Ora si deve dimettere»: così il Times in un commento intitolato «Gotico italiano» a corredo dell'ampia copertura dedicata alla bocciatura del Lodo Alfano. L'articolo di cronaca titola: «I giudici danno un colpo mortale a Silvio Berlusconi». La vicenda ha grande spazio su tutti i giornali britannici. Dopo la sentenza della corte costituzionale, i processi contro il premier possono riprendere, dice il giornale: «Berlusconi è ora un imputato che affronta un processo penale».

«Berlusconi può restare al suo posto solo se il suo partito e i suoi alleati lo sostengono - argomenta il quotidiano - Ma sarebbero sciocchi a farlo. La disintegrazione della litigiosa sinistra ha convinto molti elettori che non c'è alternativa a Berlusconi, se l'Italia vuole un governo abbastanza forte da farle attraversare l'attuale, seria crisi. Berlusconi può quindi immaginare di essere ancora piuttosto popolare. È la classica auto-illusione di un uomo che si è convinto della propria propaganda, in larga parte portata dai giornali e dalle stazioni tv che possiede. Un'altra cosa che non ha capito è l'inquietudine generata dalla sua vicinanza con Vladimir Putin e Muammar Gheddafi, e il ridicolo che si è gettato addosso con le sue buffonate sessuali. Molti italiani hanno visto le rivelazioni sulle prostitute con indulgente divertimento. Ma il danno alla reputazione del suo paese, simboleggiato dal rifiuto di Michelle Obama di accettare il suo abbraccio, ha iniziato a mostrarsi: i suoi indici di popolarità hanno iniziato a cadere».

«Berlusconi - conclude Times - ha visto questo, così come la vicenda della corte costituzionale, come un complotto ordito dai suoi nemici politici. Non lo era. È nato dalla seria preoccupazione sull'onestà e la capacità di giudizio di un uomo che guida il governo di un'importante democrazia occidentale. Se il processo di Milano ricomincia, Berlusconi deve, come ogni altro cittadino, apparire in aula.

Lì potrà esercitare il diritto di ogni cittadino a difendersi contro le accuse. Resta innocente finchè non sarà provato colpevole. Il processo, comunque, sarà un'enorme distrazione dal suo lavoro di primo ministro. Ha tentato di vivere al di sopra della legge; ora essa lo consumerà. È sicuramente il momento che Berlusconi smetta di mettere i suoi interessi prima di quelli del suo paese. Dovrebbe dimettersi».

08 ottobre 2009
da unita.it
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« Risposta #1 inserito:: Ottobre 08, 2009, 11:39:49 am »

07/10/2009 22:23


A tutela di tutti

«È una sentenza sorprendente», dice Alfano ministro di Giustizia. Sarà sorprendente per lui. Non per i milioni di italiani che ancora credono nella giustizia nonostante la provvisoria presenza di Alfano. Un ministro passa, la Costituzione resta. Questo ci dice la sentenza di ieri: tranquilli, la Costituzione resta. La legge è ancora uguale per tutti. Più di sessant'anni dopo è ancora a quei signori i cui volti sono ingialliti nelle foto che dobbiamo dire grazie: ai padri costituenti che avevano previsto tutto senza immaginare niente. Quella era politica. Saremo capaci, prima o dopo, di ritrovare l'umiltà, la ragionevolezza, la lungimiranza, la passione civile, l'amore per lo Stato dei nonni che hanno costruito la democrazia che oggi abitiamo violentandola come fosse una palestra di periferia, teatro di privati interessi e corporali bisogni? La nostra Costituzione è nata dalla Resistenza: è stata scritta per tutti, anche per quelli che alla Resistenza non hanno partecipato. Ieri come oggi.


«La Consulta è di sinistra», dice Berlusconi presidente del Consiglio. Bisogna avere pazienza, non paura né rabbia ma pazienza. Vede comunisti dappertutto. La Consulta non è di sinistra, è composta da giuristi che hanno a lungo esaminato le carte, a lungo hanno discusso e infine hanno democraticamente votato: nove contro sei. I soldi, il potere che ne deriva non comprano tutto. Anche questa è una buona notizia per il Paese intero, berlusconiani compresi: arriverà un giorno in cui non ci sarà più chi paga e anche loro dovranno ringraziare che le regole comuni siano state da altri conservate intatte.


«Porteremo il popolo in piazza», dice Bossi l'azionista di maggioranza del governo. Questo il vero pericolo. Che si voglia trasformare una battaglia per il rispetto delle regole in una guerra civile. Non c'è da scendere in piazza coi forconi, nessuno cada nel tranello. Non è questa una vittoria di nessuno contro alcuno. È un argine, una prova di equilibrio. È un passaggio solenne a tutela di tutti. Restiamo nel solco tracciato dai Padri. Esercitiamo la parola e il pensiero, facciamolo ancora, mettiamo in minoranza coi fatti, coi progetti, con la proposta politica chi cerca di trascinare il paese nella polvere e nel fango. Questa parola si è sentita ieri: guerra. Non siamo in guerra, invece. Siamo un grande paese capace di reagire con gli anticorpi della democrazia alla deriva e alla tentazione dispotica. Ritroviamo il desiderio di aver cura di noi stessi, non lasciamoci distrarre dalle ronde dai dialetti e dal colore, oggi verde, delle camicie. Abbiamo sconfitto quelle nere, il verde non può far spavento.
Del povero Mavalà Ghedini («La Corte rinnega i suoi principi») non sarebbe da dire se non per compiangere un dipendente del Sovrano costretto a giocare quindici parti in commedia, un uomo di legge che rinnega lui sì il mandato del popolo in favore dell'interesse del suo principale. Un triste spettacolo. La Corte sta lavorando anche per lui, pazienza se gli risulta impossibile capirlo. Lo capiranno i suoi e i nostri figli, sarà scritto nei libri di storia. In prima pagina trovate un numero dell'Unità del '47. Conservate quello di oggi, servirà tra vent'anni.

da unita.it
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« Risposta #2 inserito:: Ottobre 08, 2009, 11:40:44 am »

Lodo Alfano, Fini: «Il premier rispetti la Consulta e Napolitano»


8 ottobre 2009


Dopo il silenzio di ieri Fini prende posizione contestando le parole del premier che ieri, dopo il verdetto sul lodo Alfano, aveva attaccato la Consulta e il Capo dello Stato con parole dure: «i giudici sono di sinistra», il «Capo dello Stato si sa da che parte sta». Attacco che aveva portato a una replica con una nota del Quirinale: «Il Capo dello Stato sta con la Costituzione». Per Fini «l'incontestabile diritto politico di Silvio Berlusconi di governare, conferitogli dagli elettori, e di riformare il Paese - ha sottolineato Fini in una nota - non può far venir meno il suo preciso dovere costituzionale di rispettare la Corte Costituzionale e il Capo dello Stato».


Quella aperta dalla sentenza della Corte Costituzionale sul lodo Alfano e dallo scontro istituzionale in corso, per il presidente del Senato Renato Schifani è «una crisi di sistema grave». Schifani non ha citato direttamente la sentenza della Corte, ma nel suo discorso al convegno di Roma sulla povertà, richiama i princìpi di funzionamento della democrazia: «La maggioranza e l'opposizione - ha detto - sono decise dal voto del popolo. Vie di fuga parallele non sono praticabili: opporsi alla maggioranza è innanzitutto compito dell'opposizione parlamentare, che si esprime con l'autorevolezza che ha conferito l'esito elettorale». «L'unica sovranità - ha ricordato la seconda carica dello Stato - appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Altri mezzi assomigliano ad espedienti di chi vuole aggirare il consenso popolare attraverso pratiche estranee alla sana politica.

Tali tentativi non sarebbero compresi nè accettati dalla maggioranza dei cittadini». Schifani ha ribadito che la fonte e il fine ultimo di ogni istituzione che opera in uno Stato democratico è il popolo. «Non esistono alternative; quando il popolo si esprime va rispettato. Chi ne ha paura tradisce la propria missione». Secondo il presidente del Senato «siamo oggi di fronte a una crisi di sistema grave. È necessario che dentro il Parlamento maggioranza e opposizione, legittimate dal consenso popolare, diano una vera prospettiva al Paese. Per equilibrio ma anche chiarezza; da qui si deve tutti insieme ripartire per il bene dell'Italia e dei nostri figli».

8 ottobre 2009
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