LA-U dell'OLIVO
Novembre 26, 2024, 03:46:26 am *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: Andrea Carugati. Perché il Cavaliere non può dire "non sapevo"  (Letto 2975 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Ottobre 06, 2009, 11:08:02 am »

Perché il Cavaliere non può dire "non sapevo"

di Andrea Carugati


I 750 milioni di euro che la Fininvest deve alla Cir di De Benedetti per l’affaire Mondadori sono la conseguenza di un «fatto illecito» commesso da Silvio Berlusconi.
Secondo il giudice milanese Raimondo Mesiano, il Cavaliere è «corresponsabile della vicenda corruttiva» che ha dato il via alla causa civile giunta a sentenza il 3 ottobre.

La vicenda è assai nota: la sentenza della Corte d’Appello di Roma del 24 gennaio 1991 con cui fu annullato il lodo arbitrale che assegnava la Mondadori alla Cir di De Benedetti. Quella sentenza fu frutto di corruzione del giudice Vittorio Metta, che ricevette 400 milioni da conti Fininvest, attraverso una serie di passaggi che videro protagonisti Cesare Previti e gli avvocati Acampora e Pacifico. Berlusconi fu prescritto nel 2001 nel processo che si è concluso nel 2007 con le condanne definitive di Previti, del giudice Metta (estensore della sentenza) e degli avvocati Pacifico e Acampora.

Nel complesso, il movimento di denaro per «finalità corruttive» che partì dai conti Fininvest Ferrido e All Iberian (il 14 febbraio 1991, dunque pochi giorni dopo la sentenza Metta) era di circa 3 miliardi di lire. Una cifra importante di cui, secondo il giudice Mesiano, il patron di Fininvest, e cioè Berlusconi, non poteva non sapere.
«Sarebbe assolutamente fuori dall’ordine naturale degli accadimenti umani che un bonifico di circa 3 miliardi di lire sia disposto ed eseguito senza che il dominus della società ne sia a conoscenza e lo accetti», scrive il giudice nelle 140 pagine di motivazioni della sentenza rese pubbliche ieri. «Pertanto è da ritenere, “incidenter tantum” ed ai soli fini civilistici del presente processo, che Silvio Berlusconi sia corresponsabile della vicenda corruttiva». «Corresponsabilità che, come logica conseguenza, comporta la responsabilità della stessa Fininvest, per il principio della responsabilità civile delle società di capitali per il fatto illecito del loro legale rappresentante o amministratore commesso nell’attività gestoria della società». Berlusconi, all’epoca, siamo a cavallo tra la fine degli Ottanta e l’inizio dei Novanta, era ben lontano dall’impegno politico diretto. La sua condotta, scrive ancora il giudice Mesiano, «è stata all’evidenza posta in essere nell’ambito dell’attività gestoria di Fininvest, e cioè nell’ambito della cura degli interessi di quest’ultima».

Nel 1999 la procura di Milano aveva chiesto il rinvio a giudizio di Berlusconi insieme a Metta e Previti per corruzione in atti giudiziari. Accusa che, grazie alle attenuanti generiche, era stata trasformata per il Cavaliere dalla Corte d’Appello di Milano in «corruzione ordinaria», e successivamente prescritta. Il Cavaliere aveva poi chiesto il proscioglimento con formula piena alla Cassazione, nel 2001, ma questo era stato respinto. «Se Berlusconi non è stato prosciolto nel merito dalla Corte d’Appello», scrive Mesiano, «è perché, ad avviso della medesima, non vi era l’evidenza...dell’innocenza dell’imputato». Il fatto illecito di Berlusconi, dunque, è solo presunto.
«Ma la prova per presunzioni», scrive Mesiano, «nel processo civile ha lo stesso valore della prova diretta» ed è «perfettamente utilizzabile facendo uso dei criteri di ragionevolezza e normalità». E secondo questi criteri, ribadisce il giudice, chi ricopriva «una incontrastata posizione verticale» in Fininvest non poteva non sapere.

Il giudice spiega nel dettaglio la misura del risarcimento, i 750 milioni, la ragione del medesimo e le voci di cui si compone. Si tratta, per la Cir, di un danno «da perdita di chance», visto che «la Corte d’Appello di Roma emise (nel 1991) una sentenza indubbiamente ingiusta come frutto della corruzione di Metta». «Certamente è vero che la corruzione del giudice privò la Cir della chance di ottenere da quella Corte una decisione favorevole», è il pilastro del ragionamento del giudice Mesiano.

Che confronta il risultato della definitiva sparizione della Mondadori nell’aprile del 1991 con quello che la Cir avrebbe potuto ottenere senza quella sentenza «ingiusta» che ha «capovolto le posizioni negoziali delle parti», rafforzando Fininvest e indebolendo Cir. Risultato: 312 milioni di risarcimento che diventano 937 con interessi e rivalutazioni. Di questi, il giudice assegna a Cir 749 milioni, l’80%, pari alla percentuale di probabilità che la Cir ottenesse una sentenza favorevole senza la corruzione del giudice Metta.

06 ottobre 2009
da unita.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #1 inserito:: Ottobre 06, 2009, 05:11:22 pm »

Annozero, minacce di morte a Sandro Ruotolo


Una lettera anonima con minacce di morte per Sandro Ruotolo, il più stretto collaboratore di Michele Santoro per "Annozero". La missiva è arrivata al domicilio privato del giornalista e, a quanto si apprende, ci sarebbero indicazioni così precise e dettagliate da rendere pressochè certo che Ruotolo sia stato pedinato e tenuto d'occhio da parte di sconosciuti che così hanno mostrato di aver acquisito più elementi di «pressione» nei suoi confronti. Indagini sono in corso da parte della Digos di Roma, cui Ruotolo si è rivolto recandosi presso gli uffici di polizia e consegnando la missiva minatoria ricevuta.

Nella lettera anonima viene detto inoltre che il giornalista è il secondo obiettivo di una lista, che però non comprenderebbe - a quanto sinora si sa - altre persone legate ad 'Annozerò. «Mi fido degli investigatori, quello che loro dicono mi va bene, sono dei professionisti», l'unico commento di Ruotolo alla richiesta di informazioni.

«Non posso dire di più per ovvie ragioni di riserbo legate alle indagini. L'unica cosa che posso sicuramente affermare è che continuerò a fare il giornalista con la schiena dritta, queste cose non mi fermano». Da rilevare che l'indirizzo dell'abitazione nè il numero di telefono di Sandro Ruotolo compaiono negli elenchi telefonici sul web, un motivo in più per ritenere che il giornalista sia stato effettivamente seguito e sorvegliato fino ad ottenere i suoi recapiti.

06 ottobre 2009
da unita.it
Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!