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Autore Discussione: Reddito procapite l'Italia perde quota  (Letto 2343 volte)
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« inserito:: Settembre 06, 2009, 12:15:06 pm »

ECONOMIA     

Triplicato il divario con l'Europa dal '99. Nove anni per tornare ai massimi

Bisognerà aspettare lo stesso tempo di Usa, Canada e Giappone

Reddito procapite l'Italia perde quota

di GIOVANNI PARENTE
 

ROMA - Risalire la china non sarà né semplice né veloce. Il Pil pro-capite scenderà nel 2009 al livello del 1999 e serviranno anni per ritornare alla ricchezza per abitante del 2007 (l'anno antecedente la crisi). Per l'esattezza nove: il tempo più lungo tra tutte le altre economie avanzate. L'appuntamento è, quindi, intorno al 2018. Bisognerà aspettare il triplo del tempo che dovrebbero impiegare Canada, Giappone e Stati Uniti. Per loro, infatti, il ritorno ai livelli precedenti dovrebbe verificarsi per il 2012. Mentre a Francia e Germania ne occorreranno quattro. Solo la Spagna si avvicina ai nostri livelli con un riaggancio al Pil per residente del 2007 entro otto anni.

È la stima di uno studio del Nens, l'associazione fondata da Pierluigi Bersani e Vincenzo Visco. Un'analisi effettuata elaborando le più recenti previsioni a medio termine del Fondo monetario internazionale, che si fermano al 2014. E ipotizzando che, dal 2015 in avanti, si mantenga per l'Italia un tasso di crescita del Pil dell'1,9% annuo. I tempi di recupero rimarrebbero comunque lunghi, anche utilizzando le stime dell'ultimo Dpef (con il mantenimento, dal 2014 in poi, di un saggio di sviluppo del 2%): si tornerebbe ai livelli pre-crisi della ricchezza pro-capite in sette anni e quindi entro il 2016.

La variabilità e l'incertezza dei dati sono due fattori messi in luce dalla ricerca. Ma la prospettiva si basa sullo scenario ritenuto più probabile: "Quello di un'economia italiana che, indebolita da anni di stagnazione e duramente colpita dalla recessione del 2008-2009, - si sottolinea - appare non in grado di recuperare in tempi brevi i livelli pre-crisi e rischia di perdere ulteriori posizioni nei confronti dei grandi Paesi avanzati".

Il problema, infatti, nasce da lontano. Tra il 1999 e il 2009 l'Italia ha registrato la crescita cumulata più bassa del Pil complessivo tra i grandi Paesi avanzati: +5,5% in termini reali. In media, invece, il Pil della zona euro è cresciuto del 13,5%. E, se dieci anni fa l'economia italiana pesava per il 18% sul totale degli Stati che hanno adottato la moneta unica, nel 2009 la quota si ridurrà al 16,7%. Ancora più impressionante il riferimento alla ricchezza per singolo abitante. È dal 2008 la più bassa tra i grandi Paesi industrializzati. Il distacco con la media dell'area euro era pari a circa 1.300 dollari nel 1999. Per quest'anno dovrebbe quasi triplicare: la forbice si allargherà a 3.500 dollari. In pratica la crisi si è abbattuta su un organismo già fin troppo debilitato. Con il termometro che misura una temperatura molto alta sul fronte dei conti pubblici. Lo studio mette in luce che l'indebitamento netto risulterà superiore di 4,4 punti di Pil rispetto al 2007 e il debito addirittura di 13,8 punti.

Tornare a correre, però, non è impossibile. La condizione necessaria è che "l'Italia affronti con coraggio - conclude l'analisi - i nodi strutturali che da troppo tempo ne limitano la competitività e il potenziale di crescita".

(6 settembre 2009)
da repubblica.it
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