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Autore Discussione: PRODI  (Letto 84197 volte)
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« Risposta #75 inserito:: Maggio 28, 2013, 11:03:28 pm »

 28/05/2013 -

Prodi: l’austerità è una trappola, fa crollare il reddito

Continuare a fare un’austerità che fa calare il reddito fa crescere il debito rispetto al reddito, anche se disciplini la spesa. Siamo in una trappola di questo tipo in Europa”.Romano Prodi e la politica economica europea e italiana: l’ex presidente del Consiglio affronta l’argomento a Bologna, alla presentazione del libro dell’ex sindaco Flavio Delbono.

La spesa pubblica in Italia è un peso, ammette Prodi, ma non tutti i Paesi europei sono uguali.”Ci sono Paesi come quelli nordici che sono al massimo della spesa pubblica che hanno elevate imposte e spesa, e crescita fortissima e uguaglianza molto più forte degli altri. C’è spesa e spesa, comportamento e comportamento, Stato e Stato”.

In Italia si sono viste le conseguenze di questo tipo di politiche.”Se noi con la severità facciamo crollare il reddito facciamo aumentare il debito, facciamo il cammino inverso, ed è quello che è successo in Italia”.


da - http://lastampa.it/2013/05/28/multimedia/italia/prodi-l-austerita-e-una-trappola-fa-crollare-il-reddito-5H2KTa5t0tw5SbfEq1TCcL/pagina.html
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« Risposta #76 inserito:: Giugno 24, 2013, 11:37:39 am »

La lettera di PRODI AL CORRIERE

La mia partita è finita. Ora lascino anche altri

 di ROMANO PRODI


Caro direttore,
vorrei rispondere ai tanti riferimenti che, anche sul vostro giornale, sono apparsi riguardo a mie presunte posizioni relative alla vita interna del Partito Democratico e al mio possibile sostegno a questo o quel protagonista. Ribadisco che ho definitivamente lasciato la vita politica italiana. Ad essa riconosco di avermi concesso esperienze fondamentali e non poche soddisfazioni personali, che spero abbiano offerto un positivo contributo al Paese.

Ho affrontato due sfide importanti, battendo un opponente politico che ritenevo e ritengo non idoneo al governo del Paese. Da parte mia ho cercato di portare avanti una cultura politica moderna e solidale di cui l'Italia ha molto bisogno. Una battaglia non solo politica, ma etica e culturale. Credo che questi stessi obiettivi abbiano oggi bisogno di nuovi interpreti anche se, nel corso dei due periodi del governo da me presieduto, ci si è a essi avvicinati senza danneggiare, ma anzi migliorando sensibilmente il prestigio internazionale e la situazione debitoria del Paese.

Le aggiungo che riguardo al Pd conservo non solo un senso di gratitudine, ma anche numerose e salde amicizie. Tuttavia in politica, come nello sport e forse in ogni attività, è preferibile scegliere il momento in cui finire il proprio lavoro, prima che questo momento venga deciso da altri o da eventi esterni. Questi sono anche i motivi per cui senza polemiche ho tralasciato di ritirare la tessera del Pd, il cui rinnovamento e rafforzamento sono tuttavia essenziali al futuro della nostra democrazia. Al vostro cortese giornalista che mi chiedeva se parteggiassi per l'uno o per l'altro dei potenziali candidati al congresso ho risposto semplicemente «my game is over» che, tradotto in italiano, significa che la mia gara è finita. Una gara riguardo alla quale posso elencare tante sfide vittoriose, tra le quali non mi fa certo dispiacere ricordare le due elezioni politiche nazionali del 1996 e del 2006.

Riflettendo su tutto ciò voglio infine augurarmi che, anche chi è stato sconfitto nei due confronti diretti, possa meditare sul fatto che non dovrebbe essere solo la mia gara a una fine. Ora la saluto, perché sto partendo per New York dove dovrò discutere di fronte al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Uniti i progetti per lo sviluppo del Sahel. Perché, come Lei sa, gli esami non finiscono mai.

24 giugno 2013 | 9:44

da - http://www.corriere.it/politica/13_giugno_24/letteraprodi1_604badc2-dc87-11e2-98cd-c1e6834d0493.shtml
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« Risposta #77 inserito:: Settembre 29, 2013, 11:12:15 am »

Prodi: «Mediobanca? Mediobanca ha legato i piedi all'industria italiana»

di Paolo Bricco
27 settembre 2013

Romano Prodi, all'Università Cattolica di Milano, alterna le valutazioni storiche sul capitalismo italiano, i giudizi sui nuovi equilibri geo-economici internazionali, le analisi sulle condizioni attuali del manifatturiero italiano. Lo fa con la libertà di chi è in mezzo a un gruppo di amici. Qui, fra venerdì e sabato, si svolge infatti l'incontro annuale della rivista L'Industria. La pubblicazione, da lui fondata nel 1975 ed edita dal Mulino, si è imposta nel dibattito pubblico nazionale con la sua miscela di saggi scientifici e di interventi più divulgativi.

Intorno ad essa, si sono formate almeno due generazioni di economisti – più o meno "prodiani" in senso stretto – che, nella loro ricerca scientifica, hanno dato dignità alla realtà effettuale all'interno della modellistica più teorica e che, nella vita pratica, hanno formato il network a cui Prodi ha attinto nella sua attività di uomo di governo, italiano ed europeo. A portare la conversazione pubblica, venerdì mattina, sui binari più disparati è stato il metodo prescelto da Enzo Pontarollo, attuale direttore dell'Industria, per sondare il pensiero di Prodi: gli studenti e i neo-laureati della Cattolica a porre le domande, il Professore (per una volta) a rispondere. "Mediobanca? Mediobanca ha legato i piedi all'industria italiana". Cosi Prodi sul ruolo avuto dall'istituto fondato da Enrico Cuccia, baricentro del sistema industriale italiano per tutto il Secolo Breve. Una opinione netta, ma formulata con la prudenza di chi sa che i giudizi storici sono assai complessi e densi di criticità. "Oggi sono sparite le grandi imprese. Ne abbiamo meno dell'Olanda e del Belgio. Mi fa impressione pensare che imprese di livello come Mossi & Ghisolfi o la Techint dei Rocca, per citarne due fra le altre, siano tutte state fuori dal giro di Medioanca. Vorrei che gli storici ci aiutassero a capire meglio. C'è qualcosa su cui riflettere".

Dunque, Prodi lascia agli storici il compito di andare negli archivi, di incrociare i numeri, di raccogliere le testimonianze. Ma, da protagonista della storia italiana che ha tutt'altro che subito l'egemonia di Via Filodrammatici, non rinuncia al suo pensiero. "Era un sistema – ricorda Prodi – gestito da persone con una rettitudine morale molto forte, ma per cui il futuro era il passato". Prodi parla di Mediobanca per parlare di tutta l'industria italiana, in cui per quasi tutto il Novecento l'asse Mediobanca-oligopoli-establishment politico ha impostato un modello di sviluppo divergendo dal quale si deviava da una sorta di verità incrollabile. Con un doppio effetto: di impenetrabilità storica dall'esterno e di riduzione delle capacità generative all'interno. "Quando trattavo la vendita dell'Alfa alla Ford – ricorda Prodi – preservai la mia credibilità perché chiarii, con la controparte americana, che se la Fiat avesse deciso di prendersela, non ci sarebbe stato nulla da fare. Quando successe così, gli americani mi dissero: "Lei è un galantuomo"". Quel modello ha avuto un secondo effetto: il sistema produttivo ha generato molte innovazioni, ma non è riuscito a produrre e "ingegnerizzare" sui mercati i prodotti finiti derivanti da quelle innovazioni. "Perché? E' legittimo chiedercelo", riflette Prodi. Il quale, poi, torna sull'attualità: "Io e Pier Angelo Rovati, per il piano di separazione della rete da Telecom, fummo attaccati. Se fosse stato fatto, sarebbe stata una operazione di buon senso".

Quindi, al di là dell'analisi puntuale su Telecom, Prodi sceglie di considerare i punti di debolezza del nostro tessuto industriale e civico. Prima ancora che per il cuneo fiscale, "gli stranieri non compiono investimenti green-field nel nostro Paese, mentre acquisiscono i marchi, perché mancano la sicurezza e la certezza". La quotidianità del fare impresa, dunque, è minata soprattutto dall'ambiente giuridico-istituzionale. Un ambiente in cui uno degli elementi di maggiore debolezza è costituito dalla pubblica amministrazione. Un altro fattore su cui agire per modificare l'ambiente in cui fare impresa, rendendolo meno ostile, è rappresentato dalle policy. Niente soldi a pioggia. "Un pochino di grano a ogni gallina – dice Prodi – è una ricetta che non funziona proprio". Inoltre, bisogna andare al cuore – emotivo e materiale, culturale e economico – della nostra identità manifatturiera. Per rafforzare la nostra storica capacità di combinare diverse tecnologie complesse, la formazione tecnica e ingegneristica è fondamentale. "Perché non pensare – si chiede Prodi – a esentare dal pagamento delle tasse chi si iscrive alle facoltà di ingegneria? Oppure perché non dare degli incentivi alle scuole tecniche e ai ragazzi che le frequentano?"


©RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-09-27/prodi-convegno-industria-162850.shtml?uuid=AborXAdI
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« Risposta #78 inserito:: Ottobre 06, 2013, 12:16:39 am »

LA CRISI DI GOVERNO L’EX PREMIER

Prodi: «Da una telefonata con D’Alema capii che non sarei salito al Colle»

L’ex premier: mi disse che avrebbero dovuto coinvolgere i dirigenti Ho detto a mia moglie: di sicuro non divento capo dello Stato

È il giorno più lungo di Romano Prodi. Quel venerdì 19 aprile del 2013, il Professore si sveglia intorno alle 7 nella sua camera dell’hotel Laico L’Amitié a Bamako, capitale del Mali, e ancor prima di prendere un caffè legge un sms della sua portavoce, l’onorevole Sandra Zampa, che riporta un momento «commovente» al teatro Capranica di Roma, in cui si sono alzati in piedi quasi tutti per «una standing ovation» alla sua nomina per il Quirinale, appena lanciata da Pierluigi Bersani.
È il giorno del quarto scrutinio nella tormentata votazione. Il giorno in cui il Pd si è spaccato, facendo perdere a Prodi la Presidenza della Repubblica per una mancanza di 101 voti. Ed è anche il giorno delle recriminazioni, delle dimissioni di Pierluigi Bersani e delle forti smentite da parte di Massimo D’Alema, accusato di aver ispirato i franchi tiratori all’interno del Pd ad affondare Prodi.
D’Alema ha sempre smentito qualsiasi complotto. Ma stando alla testimonianza di Prodi, intervistato per un mio nuovo libro («Ammazziamo il Gattopardo», che uscirà con Rizzoli all’inizio del 2014) non c’è più bisogno di cercare i franchi tiratori, di interrogarsi su quanti dalemiani abbiano votato contro Prodi. Perché per Prodi la situazione era palese nel momento in cui ha parlato al telefono con Massimo D’Alema, da Bamako, intorno all’ora di pranzo di quel fatidico 19 aprile.
A Roma, Bersani ha già annunciato verso le 9 di mattina la nomina di Prodi ai grandi elettori del Pd. A Bamako Prodi è in missione, nella veste di Inviato Speciale per il Sahel del Segretario-Generale dell’Onu, Ban Ki-moon.
Quella mattina Prodi telefona ai suoi collaboratori storici, Arturo Parisi e Sandra Zampa, per capire cosa è successo. «Mi hanno confermato la standing ovation, poi però abbiamo riflettuto che era opportuno fare alcune telefonate», ricorda Prodi.
La prima telefonata che Prodi fa da Bamako («Perché i rapporti personali») è a Stefano Rodotà. E poi chiama D’Alema. È l’intervallo del convegno a Bamako, e quindi Prodi si allontana dall’aula del Palazzo dei Congressi per parlare con Roma. E sente una sensazione quasi surreale, nell’oscillazione di temi e circostanze tra Bamako e Roma. A Bamako, ricorda Prodi «stavamo parlando proprio dei problemi molto forti che vi erano in quel momento, quindi per una ragione importante anzi molto importante. Tutto questo è avvenuto nell’intervallo, se ben ricordo erano le 11 e mezzo a Bamako quindi un paio d’ore prima, l’una e mezzo dell’Italia, insomma... ora di pranzo in Italia. Ho telefonato a Marini, mi ha detto “tutto bene, tutto tranquillo”». Marini fa gli auguri a Prodi.
Poi c’è la telefonata con Massimo D’Alema. Prodi ricorda senza esitazione la telefonata: «Mi ha detto: “Benissimo, tuttavia queste decisioni così importanti dovrebbero essere prese coinvolgendo i massimi dirigenti”. Cioè facendone, come si fa sempre in questi casi, una questione di metodo e non di merito. E quando ho ascoltato questo ho messo giù il telefono, ho chiamato mia moglie e le ho detto “Flavia vai pure alla tua riunione perché di sicuro Presidente della Repubblica non divento”». Da Bologna, al telefono con suo marito, Flavia Prodi capisce subito e accantona l’idea di partire per Roma. Invece va alla sua riunione scientifica alla Biblioteca dell’istituto linguistico di Bologna. Dopo la telefonata con D’Alema, Prodi non ha dubbi. Per lui tutto è chiaro nel momento in cui Massimo D’Alema ne fa un problema di metodo.
D’Alema, anche lui intervistato per questo libro, conferma la sostanza della telefonata, anche se reagisce male quando gli si fa notare come sia stato accusato di aver ispirato un voto contro Prodi da parte dei suoi. In effetti D’Alema, quando viene interpellato su questo tema, reagisce con una faccia che mi ricorda la reazione sconvolta del Capitano Louis Renault nel film Casablanca, scioccato nello scoprire l’esistenza di giochi d’azzardo dentro il bar di Humphrey Bogart, il Rick’s Café Américain. Così, quando chiedo a Massimo D’Alema se ha fatto fallire Prodi nella corsa per il Quirinale, D’Alema mette le mani avanti. Taglia corto, con fermezza, e risponde: «Io non ho ispirato niente!».
Poi aggiunge che forse era anche all’estero quel giorno, forse a Bruxelles, e racconta: «Lui mi ha telefonato, credo che fosse nel Mali, e ha detto “ma tu cosa pensi?” e io ho detto “io penso che il modo come ti hanno candidato è una follia».
Prodi non ricorda che D’Alema abbia usato la parola «follia» e racconta una conversazione più formale, ma D’Alema lo racconta così. Chiedo a D’Alema perché in un momento drammatico per il Paese abbia voluto insistere così sul metodo e lui risponde che «il nostro gruppo esce dalla vicenda Marini, naturalmente con tutti i rancori, immagino che gli amici di Marini non saranno stati contenti del fatto che Marini è stato candidato e poi fucilato».
Poi D’Alema ricorda di aver detto a Prodi che la sua nomina era «un’imprudenza» e che «questa vicenda rischia di finire male» e dice che ha dato a Prodi un suo consiglio. «Il mio consiglio è che tu puoi essere candidato, però adesso li farei votare scheda bianca e aprire un confronto per vedere se almeno Monti, Scelta Civica eccetera convergono sul tuo nome». Così ricorda D’Alema. Ma Prodi di una discussione sulla tattica di un voto con la scheda bianca non ricorda nemmeno una parola. Lui ricorda soltanto di aver capito che D’Alema fosse contrario, e di aver telefonato a Flavia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
02 ottobre 2013

Da repubblica,it
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« Risposta #79 inserito:: Ottobre 17, 2013, 05:07:12 pm »

PRODI SUL CASO ALITALIA

Alitalia, Prodi sui capitani coraggiosi: Hanno fatto un disastro»

L’ex premier sull’operazione Cai: «Il disastro che hanno fatto mi sembra abbastanza chiaro ed evidente, è costato al Paese 5 miliardi»


E alla fine si toglie più di un sassolino dalla scarpa. Lui è Romano Prodi, premier ai tempi della prima trattativa di Alitalia con Air France-Klm, poi bocciata in nome dell’italianità. «Sono arrivati i capitani coraggiosi e il disastro che hanno fatto mi sembra abbastanza chiaro ed evidente. È costato al Paese più di 5 miliardi di euro e il problema non è ancora risolto».
Romano Prodi, interpellato sul dossier Alitalia a margine del Forum Euroasiatico a Verona, fa un affondo di quelli che non ci si aspetta da un personaggio dal temperamento mite e pacato come il suo. I capitani coraggiosi sono gli imprenditori che nel 2009 furono chiamati a raccolta da Silvio Berlusconi e decisero di partecipare al risanamento della compagnia aerea diventando azionisti di quella che poi divenne Cai, Compagnia aerea italiana. «Nel 2007 avevo cercato, vista la situazione dell’azienda, tutti gli accordi che avrebbero potuto renderla forte e che le avrebbero permesso di resistere sul mercato — ha spiegato Prodi —. Prima c’era stata una lunga trattativa con Lufthansa, abituata ad avere diversi hub: la cancelliera era favorevole, ma il consiglio di sorveglianza disse che non voleva avere a che fare coi sindacati Alitalia», ha raccontato.

«Ci fu — ha rivelato ancora il professore - una trattativa molto interessante con Air China. Parlai con l’allora premier, spiegandogli che a noi interessava avere una porta verso l’Asia e ricevere i milioni di turisti cinesi mentre a loro poteva interessare avere una porta in Europa e un centro di riferimento per l’Africa fuori dall’Africa. Erano molto interessati ma non erano pronti, avevano bisogno di tre-quattro anni». Poi arrivò la trattativa francese: «Era andata avanti con condizioni buone per l’Italia: non era la soluzione ideale ma era la migliore fra quelle rimaste. Poi sono andato via dal governo e non so cosa sia successo — ha detto l’ex premier —. Sono arrivati i capitani coraggiosi e il disastro che hanno fatto mi sembra abbastanza chiaro ed evidente. È costato al Paese più di 5 miliardi di euro e il problema non è ancora risolto».

Il professore ha evitato di commentare l’attuale operazione che prevede l’intervento di Poste Italiane, ma è stato molto chiaro nel giudizio della gestione della cordata di imprenditori italiani, tuttora presenti nell’azionariato dell’ex compagnia di bandiera che in questi giorni ha dato il via libera all’aumento di capitale da 300 milioni di euro. Un’operazione che ha ottenuto l’unanimità dei soci, che ora avranno un mese di tempo per aprire davvero il portafoglio. Intanto, sull’intervento delle Poste, la Commissione Ue si aspetta una notifica dall’Italia: «Quando ci sono dubbi sulla natura dell’operazione — ha fatto sapere il portavoce del commissario Ue alla concorrenza Joaquin Almunia — cioè se si tratti di aiuti di Stato o meno, gli Stati sarebbero saggi a notificarle a Bruxelles».

Smentita invece, da parte della ex compagnia di bandiera, l’ipotesi che sia già stato presentato un nuovo piano con tagli del personale, messa a terra degli aerei e tagli di rotte. «Sono indiscrezioni destituite di ogni fondamento» ha fatto sapere il vettore in una nota ufficiale nei minuti in cui si torna a parlare delle linee di credito e della necessità di risorse per volare ancora. «Mi auguro che tutti i soci sottoscrivano l’aumento di capitale di Alitalia» ha fatto sapere il direttore generale di Intesa Sanpaolo, Gaetano Miccichè. La banca ha ufficializzato nei giorni scorsi la sua partecipazione all’aumento con un impegno di 76 milioni di euro.

17 ottobre 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corinna De Cesarecorinnadecesare

Da - http://www.corriere.it/economia/13_ottobre_17/alitalia-prodi-capitani-coraggiosi-hanno-fatto-disastro-c41c1c8c-3728-11e3-ab57-6b6fcd48eb87.shtml
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« Risposta #80 inserito:: Novembre 04, 2013, 05:30:14 pm »

Prodi: bisogna cambiare i parametri di Maastricht immutati da 20 anni.

I conti non si mettono a posto senza il Pil

04 novembre 2013

«Non è stupido che ci siano i parametri come punto di riferimento. È stupido che si lascino immutati 20 anni. Il 3% di deficit/Pil ha senso in certi momenti, in altri sarebbe giusto lo zero, in altri il 4 o il 5%. Un accordo presuppone una politica che lo gestisca e la politica non si fa con le tabelline».

Romano Prodi, torna sui nodi europei e, in un'intervista alla Nazione, critica l'austerity tedesca: «Dovrebbero battere i pugni sul tavolo insieme Francia, Italia e Spagna, ma non lo fanno perché ciascuno si illude di cavarsela da solo». E sull'Italia osserva che in tre anni di austerità «il rapporto debito/Pil è sempre aumentato, é una politica sbagliata, ma se sforassimo i parametri i tassi andrebbero alle stelle. Bisogna escludere temporaneamente dal computo - propone - i 51 miliardi versati dall'Italia alla solidarietà europea e usare quelle risorse per investimenti pubblici straordinari. I conti non si mettono a posto senza crescita».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-11-04/prodi-bisogna-cambiare-trattati-maastricht-conti-non-si-mettono-posto-senza-pil-100937.shtml?uuid=ABDwqIb
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« Risposta #81 inserito:: Novembre 26, 2013, 06:23:14 pm »

Prodi aiuterà Putin a organizzare il G8.

"Russia tornata protagonista con mediazione su Siria"


L'ex premier conferma la sua disponibilità a collaborare con il Cremlino per la realizzazione dell'evento previsto a giugno nella città di Sochi. "Si parlerà di immigrazione, ho chiesto che sia data attenzione particolare al Mediterraneo". E sulla politica italiana: "Seguirò le primarie del Pd con molto interesse". ma ribadisce che non voterà.
26 novembre 2013


ROMA - "Putin assume un ex premier italiano!". E' il titolo a tutta pagina di Komsomolskaja Pravda, ma non si riferisce a Berlusconi. Secondo il quotidiano moscovita, il presidente russo Vladimir Putin avrebbe offerto a Romano Prodi di dirigere l'organizzazione sui temi politici ed economici del G8 previsto a giugno prossimo a Sochi. Nell'articolo si allude a una vera e propria collaborazione continuativa che Prodi avrebbe accettato di svolgere per conto della Russia.

Aiuterò Putin nel G8. Collaborazione che viene confermata dall'ex premier in un'intervista concessa questa mattina a Radio Capital, in cui Prodi racconta i contenuti dei suoi 35 minuti di colloquio avuti con Putin ieri a Roma. "Il colloquio riguardava l'Africa, soprattutto quello che deve fare la Russia insieme agli altri paesi per il piano di sviluppo del Sahel, la zona sotto il Sahara, che è tra le più povere del mondo. Poi il presidente mi ha chiesto se sono disponibile ad aiutare la Russia nella preparazione del G8 sull'immigrazione. Ho risposto che non sono un esperto dell'argomento, ma sono disponibile a collaborare, soprattutto se verrà dato un occhio particolare al Mediterraneo".

Alla domanda su che tipo di aiuto concreto potrà fornire a Putin, Prodi risponde: "La situazione è semplice. Prendiamo un paese qualsiasi sotto il Sahara, come il Niger, che raddoppierà la popolazione in 20 anni. Il risultato è che avremo una pressione di popolazione molto più forte di quella di oggi. Quindi o si collabora tutti insieme per una politica di sviluppo per l'Africa o siamo finiti".

La Russia di nuovo protagonista. Prodi sottolinea anche come la Russia in poche settimane sia riuscita, grazie a Putin, a riconquistare il ruolo internazionale perso dopo la caduta dell'Unione Sovietica, grazie alla proposta di mediazione del caso siriano: "Sulla Siria - spiega a Radio Capital -  Putin ha sbloccato la situazione, offrendo una via d'uscita diplomatica agli Stati Uniti. Putin ha quindi il merito di aver ricollocato il suo paese in una posizione centrale nel gioco della diplomazia internazionale".

La questione Ucraina. Altro argomento di discussione è stato la questione Ucraina e la partita sull'energia, sulla quale Putin ha ingaggiato un braccio di ferro con l'Unione Europea: "Queste tensioni - dice ancora a Capital- non giovano a nessuno e l'Ucraina può invece essere un ponte su cui far correre i futuri rapporti tra Russia ed Europa. Nel colloquio con il presidente ho sottolineato che se è vero che l'Europa ha bisogno della Russia per l'energia, è altrettanto vero che la Russia non può diventare un paese interamente moderno se non ha un legame con l'Europa. Le politiche di distacco non portano da nessuna parte. E - continua - proprio perché si sono aperte tante speranze e vi sono ancora tanti problemi sul tavolo oggi l'incontro a Trieste tra Letta e Putin è molto importante. Non dimentichiamo che la Russia è uno dei paesi verso cui l'Italia sta aumentando le esportazioni, senza contare il turismo e gli acquisti dei turisti russi che vengono a visitare il nostro Paese".

Non voterò alle primarie Pd. Nell'intervista a Radio Capital Prodi non ha voluto parlare di politica interna: "Vi prego, risparmiatemi", dice agli intervistatori. Ma poi chiarisce: "Mi sono messo in un angolo, mi dedico ad altre cose che credo siano utili, vorrei continuare così". Voterà alle primarie del Pd? "Non sono irritato (per quanto è successo durante l'elezione del presidente della Repubblica, ndr), ritengo che il Pd sia ancora l'unico punto di riferimento per lo schieramento riformista di cui abbiamo bisogno. Guarderò con molto interesse alle primarie, ma non vado a votare. Mi tiravano per la giacca e quindi ho preferito restarne fuori. Ragazzi, andate avanti voi".
 
© Riproduzione riservata 26 novembre 2013

Da - http://www.repubblica.it/esteri/2013/11/26/news/prodi_aiuter_la_russia_a_organizzare_il_g8-71980620/?ref=HREC1-3

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« Risposta #82 inserito:: Dicembre 03, 2013, 04:40:20 pm »

3 dicembre 2013

Prodi: ''Rehn, parole severe valgano anche per altri''

Quella del commissario Olli Rehn "è una dichiarazione severa, vorrei che la usasse anche per altri che sono nella stessa situazione dell'Itala o stanno peggio. Ma ha dei fondamenti di verità. Non abbiamo fatto cose per cui ci eravamo impegnati", così Romano Prodi commenta le parole di Rehn, che ha espresso scetticismo sulla situazione economica italiana
(VISTA Agenzia Televisiva Parlamentare - Alexander Jakhnagiev)

Da - http://video.repubblica.it/economia-e-finanza/prodi-rehn-parole-severe-valgano-anche-per-altri/148826/147333?ref=HREA-1


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« Risposta #83 inserito:: Dicembre 05, 2013, 11:46:03 pm »

L’ex presidente del consiglio alla presentazione del libro sulla Comit
Prodi: Mediobanca ha messo l’Italia nel freezer
Critiche alla gestione Cuccia che avrebbe contribuito alla sparizione della grande industria italiana

Se si vuole immaginare il rilancio del Paese e se si vuole tornare a essere competitivi è necessario sostenere il sistema delle banche. Viceversa, se si facesse come in passato, la crescita sarebbe compromessa. Ne è convinto l’ex presidente della Commissione Ue ed ex presidente del Consiglio, Romano Prodi che, a margine della presentazione del libro ‘La sfida internazionale della Comit’ a Milano, ricorda come un tempo «Mediobanca ha difeso il sistema mettendo le cose in freezer, ma le cose in freezer non si possono cucinare subito». Insomma, «per difendere il sistema» Mediobanca «ha reso il Paese immobile - spiega Prodi - proprio quando si preparavano le carte per il cambiamento futuro». In proposito, confessa l’ex premier, «non me la sento ancora di dare un giudizio definitivo», certo è che «la sparizione delle grandi industrie italiane deve molto a questo congelamento. ne sono convinto». Il congelamento è stato utile? si domanda: «a me pare di no».

I PATTI DI SINDACATO - Ecco perché oggi Prodi vede con favore l’allentamento dei patti di sindacato. «è positivo» afferma, spiegando che non si può andare ancora «con il motore a scoppio quando c’è la macchina elettrica». «Un paese come l’Italia è sempre cresciuto con l’idea che siamo deboli e piccoli, che non siamo a livello. Io sono invece convinto che siamo a livello degli altri paesi, ma se non ci misuriamo con il mondo dove andremo a finire?» si chiede Prodi. «La nostra ossessione di mettere recinto ci ha impedito di fare quello che avremmo potuto fare». Dunque oggi, «o riteniamo che il sistema bancario sia strumento indispensabile, e allora dobbiamo fare una politica economica che glielo permetta, oppure non lo riconosciamo»: ecco il punto secondo il Professore. «Avevamo 9 delle prime 50 grandi imprese europee. Oggi ne abbiamo soltanto due. Un bel passo avanti», dice sarcastico.

SOSTEGNO ALLE BANCHE - «E perché ci sentiamo inadatti alle grandi strutture, abbiamo un complesso di inferiorità o non abbiamo capito cosa succede nel mondo»? chiede ancora. «Chi pecora si fa, il lupo se lo mangia», afferma l’ex premier citando un proverbio. «Se l’85%» del paese «dipende dal sistema bancario, significa che qui è più importante che altrove. Se è così il processo di ripresa passa attraverso le banche» conclude ricordando ancora che «le misure future non possono non tenere conto del ruolo delle banche, nel bene e nel male. Ci vuole una politica coerente. Bisogna dare alle banche energie e mezzi».

04 dicembre 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Redazione Economia

DA - http://www.corriere.it/economia/13_dicembre_04/prodi-mediobanca-ha-messo-l-italia-freezer-6205c76c-5ceb-11e3-a319-5493e7b80f59.shtml
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« Risposta #84 inserito:: Dicembre 11, 2013, 06:11:08 pm »

La Francia concede la Legione d'onore a Prodi

Lo ha annunciato l'ex premier durante una conferenza a Bologna: "Sono molto onorato". La cerimonia a gennaio

La Francia concede la Legione d'onore a Prodi (agf)
BOLOGNA - L'ex presidente del consiglio, Romano Prodi, sarà insignito della Legione d'oro francese a gennaio 2014. Ad annunciarlo è stato lo stesso professore nel corso di un incontro alla "Alliance francaise" di Bologna: "Sono molto onorato", ha detto prima di iniziare la sua lezione sulle questioni socio-politiche in Mali e Sahel.

La massima onorificenza della Repubblica francese - l'ordine cavalleresco istituito da Napoleone - sarà consegnato a Prodi per la sua "vicinanza con la Francia e per il suo impegno in Europa". Il titolo sarà ritirato soltanto a gennaio, presso l'ambasciata francese.

Oggi a Bologna, in occasione della conferenza sulle questioni africane, il presidente della fondazione per la collaborazione tra i popoli e presidente del gruppo di lavoro Onu-Unione africana, ha ritirato la tessera del centro ufficiale di lingua e cultura francese "Alliance francaise" di Bologna.

(10 dicembre 2013) © Riproduzione riservata

Da - http://bologna.repubblica.it/cronaca/2013/12/10/news/la_francia_conferisce_la_legione_d_onore_a_prodi-73252370/?ref=HREC1-1
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« Risposta #85 inserito:: Febbraio 05, 2014, 06:13:02 pm »

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Italicum, le paure di Prodi sulla linea Renzi: “Così rischia di vincere Berlusconi”
Il Professore vede il rischio di una "sindrome Veltroni", il leader democratico che invocava l'autosufficienza e fu pesantemente sconfitto dal Cavaliere. A destra litigano, ma alla fine tutto fa pensare a una riunificazione. Mentre per il segretario Pd i rischi potrebbero arrivare quando la legge elettorale arriverà in Senato e i numeri della minoranza del partito sono più consistenti
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 4 febbraio 2014

Vince facile nella sfida dialettica Matteo Renzi: “Se per farci paura basta uno starnuto di Pier Ferdinando Casini, allora ‘Houston abbiamo un problema’”. E ancora: “Si vince con gli elettori, non con i leader di partito”. Vince facile nello scambio di dichiarazioni, ma un po’ meno nei sondaggi e nelle impressioni degli osservatori. Compreso Romano Prodi, l’unico dirigente del centrosinistra ad aver battuto Silvio Berlusconi alle elezioni e a essere uscito indenne da tentazioni di accordicchi e larghe intese. Tanto che a sorpresa finì nei primi posti nel referendum del Movimento Cinque Stelle per i candidati al Quirinale. “Rischiamo non solo di resuscitare Berlusconi, ma di farlo vincere, che è molto peggio” dice, secondo il racconto del Secolo XIX firmato da Marco Marozzi (cronista che da anni segue il Professore). All’ex presidente del Consiglio è piaciuto che Renzi abbia cercato e trovato un’intesa anche con l’opposizione, non ha disprezzato l’incontro tra il segretario democratico e il Cavaliere, ma ravvisa un “eccesso di fiducia”. Insomma il pericolo è quello della maledizione del partito principale del centrosinistra: la cosiddetta “vocazione maggioritaria” porta male. Detta più semplice, il pericolo è di finire come Veltroni: nel 2008 professava l’autosufficienza, poi all’ultimo tuffo scelse di imbarcare anche l’Italia dei Valori, ma non bastò. Il centrodestra stravinse come mai accaduto prima e l’allora leader democratico (che pareva destinato a una carriera da statista) fu costretto alle dimissioni di lì a meno di un anno.

Dunque il tema non è solo della sinistra Pd (D’Attorre, Cuperlo, Zoggia). “Con Matteo candidato non ci saranno problemi – dice David Ermini, renziano, sempre al Secolo- Certo, Berlusconi riesce a mettere insieme la Lega e la destra. Noi abbiamo il problema di ciò che è a sinistra del Pd”. “Pd, Sel e poi? – rifletteva lo stesso Prodi – Bisogna che davvero Renzi sia in grado di portare via voti al centrodestra, ma così rischia di perderne a sinistra, da Rifondazione, Pdci, tutti quelli che comunque non raggiungerebbero il quorum e magari non votano il Pd”. Tanto che fanno di nuovo capolino le formazioni che sembravano perse nelle memoria: “Renzi attento – dichiara il segretario nazionale dei Comunisti Italiani, Cesare Procaccini – Vincere le primarie non vuol dire vincere le elezioni vere”.

No, l’Unione per carità no, però il centrodestra mette insieme di tutto – dai quasi-nazionalisti a una specie di indipendentisti. Anche per questo l’Italicum potrebbe non avere proprio un’autostrada davanti. Al Senato, per dirne una, la commissione Affari costituzionali è presieduta da Anna Finocchiaro, esponente della sinistra del partito come altri 5 componenti Pd (Maurizio Migliavacca, Miguel Gotor, Francesco Russo, Luciano Pizzetti, Doris Lo Moro). Solo due senatori Pd in commissione sono renziani (Isabella De Monte e Giorgio Pagliari). L’ultimo componente è Corradino Mineo, sostenitore del Mattarellum e di Pippo Civati.

Quello che tutti dimenticano è che Silvio Berlusconi è come se non esistesse, per la legge elettorale. Essendo stato condannato e sottoposto alla legge Severino il Cavaliere non ha diritti né di elettorato attivo né di elettorato passivo. E’ incandidabile, non se ne esce. Ma a ricordarlo non è il centrosinistra.
Sono gli ex del Pdl:  “Per metterci insieme e battere la sinistra le primarie sono il metodo migliore – dice Angelino Alfano – Nel momento in cui il presidente Berlusconi non è candidabile, possiamo fare una gara che ci metta nelle condizioni di scegliere il candidato voluto dalla base del centrodestra. In questo momento, per ragioni che non sono ascrivibili alla sua volontà e che abbiamo sempre considerate ingiuste, non è candidabile. La differenza non è da poco”. Oggi lo ribadisce Renato Schifani: “Silvio Berlusconi non è candidabile alle primarie del centrodestra, né è pensabile che si possa fare il premier per interposta persona”. Ma da quell’orecchio Renato Brunetta non ci sente: “Se si votasse oggi il centrodestra sarebbe vincente – dice al Tg2 – Berlusconi vincerebbe al primo turno grazie proprio al potere di coalizione di Forza Italia. Con l’Italicum vince chi ha più potere di coalizione, e Berlusconi ce l’ha”. Certo, Casini è stato riaccolto come il figliol prodigo da Berlusconi, ma non dal resto del centrodestra. Roberto Maroni, per dire, ha precisato più o meno: “O c’è un programma serio o stia dov’è”. Ma il centrodestra ci ha abituato a tutto in questi anni: dal “mafioso” gridato da Umberto Bossi al Cavaliere alle comiche finali pronunciate da Gianfranco Fini sempre all’indirizzo di Berlusconi, dalle responsabilità per le cose non fatte che l’ex presidente del Consiglio ha dato sempre ai leader degli alleati più piccoli (Casini, Fini), da separazioni e ricongiungimenti continui. Quindi l’operazione di ricompattamento della coalizione delle destre partirà probabilmente già in occasione delle Europee, visto che da più parti si ipotizza l’unione delle forze tra Alfano e Casini. Tutte alchimie, certo. Ma chi sia lo stregone è più che noto.

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/04/renzi-prodi-e-la-paura-della-sindrome-veltroni-cosi-facciamo-vincere-berlusconi/868318/
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« Risposta #86 inserito:: Febbraio 05, 2014, 06:16:06 pm »



Carlo Calore

Romano Prodi è intervenuto il 21 gennaio alla conferenza "Dove va l'Europa?" in occasione dei 180 anni dalla fondazione della Giovine Europa di Giuseppe Mazzini

Romano Prodi non ama i tecnicismi. E gli basta un’ora e mezza spedita nell’Aula magna dell’università di Padova, per fare un’analisi (che non ha nulla di bonario) degli ultimi 30 anni di politica europea. Senza rinunciare alla semplicità e all’ironia, bacchetta tutti i medici riuniti al capezzale dell’Unione. A partire dal loro 'primario', l’onnipresente commissario finlandese agli affari economici e monetari Olli Rehn con il suo consueto “monito settimanale” sul rigore dei conti pubblici. “Le norme sul patto di stabilità – ricorda – sono sane, ma diventano stupide se non ci sono gli strumenti politici per farlo rispettare in modo sostenibile. I primi a trasgredirlo? Furono Francia e Germania”. Ovvero l’asse portante di un’Europa a due cilindri che non esiste più. “Oggi la Germania ha cambiato lo schema europeo ed è lei a dominare, da sola”. Per capirlo – invita il Professore – basterebbe guardare ai vertici del recente passato tra i due Paesi: una recita a soggetto, con “la Merkel che scriveva le conclusioni e Sarkozy che si occupava delle conferenze stampa”. Questo senza neppure contare la capacità tedesca di interpretare il ruolo di organizzatore della politica industriale europea (coinvolgendo ad esempio Polonia e Repubblica Ceca) e il suo attivismo in Cina. Dove ha ‘piazzato’ tra i 6.000 e i 7.000 funzionari pubblici, in ambasciate, camere di commercio e istituzioni. “L’Italia, per dare un’idea dell’impegno, ha lì circa 250 persone”.

La fuga in solitario della Germania, insomma, è una realtà. L’arretramento delle istituzioni europee, con l’eccezione della Banca centrale (“la sola a dimostrarsi capace di impedire un disastro”) una semplice conseguenza. Eppure, nonostante siano queste difficoltà politiche a mettere in crisi l’euro, e non il contrario, “alle prossime elezioni per il Parlamento di Bruxelles c’è il rischio dell’affermazione di partiti che sfruttano il drammatico momento economico per schierarsi su posizioni antieuropeiste”, registra Prodi. Accadrà ovunque, tranne in Germania, dove il successo di certe formazioni non sembra possibile.

“Lì – argomenta – sono la Merkel e il governo ad aver assunto i toni di durezza che tanto piacciono ai populisti”. E che impediscono l’avvio di politiche di ripresa viste con favore anche dagli uomini d’affari. Il paradosso tedesco è proprio questo: "un Paese con 240 miliardi di euro di surplus, con un’inflazione e uno sviluppo prossimi allo zero che rifiuta di dare benzina alla propria economia”. E rimane ‘estraneo’, schiavo di un’opinione pubblica ossessionata dallo spettro di un possibile ritorno dell’inflazione e indisponibile ad ogni misura che possa suonare come un favore ai pigri meridionali.

Niente di più sbagliato, perché “nessuno chiede l’elemosina alla Germania” – afferma il Professore – “anzi, nelle politiche di salvataggio durante la crisi l’Italia ha contribuito per più di 50 miliardi di euro, con la Germania che ha superato i 70.” Ma l’impegno italiano appare anche superiore, fatte le proporzioni tra le due economie. “Serve allora un’alleanza politica di Francia, Spagna e Italia” per uscire dall’attuale stallo politico e fronteggiare la sopravvalutazione dell’euro, spinta dal surplus di Berlino. In fondo, ricorda, “quando incontravo il cancelliere tedesco Helmut Kohl [l’artefice della riunificazione tedesca, uno dei padri dell’euro e dell’allargamento dell’Unione, ndr] lui mi diceva che i tedeschi non volevano la moneta unica, ma che lui pensava a una Germania europea e non a un’Europa germanica”.

In quel momento, anche se l’Italia aveva molti punti deboli (“Certo avrebbe fatto comodo qualche tempo in più per aggiustarci”, ammette), era necessario salire sul treno della storia, che passa una volta sola. E poi “cosa sarebbe stata l’Italia se non fossimo entrati nell’euro?" Infatti, quando fu presa la decisione sull’ingresso nella moneta, il rapporto tra lira e marco aveva ormai sfiorato quota 1.000 (un bel salto dal 144,24 dei primi anni Sessanta). Le difficoltà nascono dopo. In particolare per l’assenza di una politica economica e finanziaria coordinata (anche dal punto di vista fiscale) che doveva seguire l’entrata in vigore della moneta: un insieme di regole comuni per i momenti di crisi. A stopparle ci hanno pensato prima il cambio dei leader europei, che allora ne sostenevano la necessità, poi l’affacciarsi delle grandi paure. “Paura della Cina, della globalizzazione, della disoccupazione, dell’immigrazione, di tutti gli aspetti nuovi della politica europea”, paure che sono anche la causa dell’immobilismo attuale.

Ai molti critici dell’allargamento dell’Unione europea, Prodi ricorda il vuoto che si era venuto a creare dopo la caduta della Cortina di Ferro, con la possibilità di nuove tragedie per l’intero Continente. Un’affermazione rivelatasi tempestiva: basta confrontare i progressi della Polonia di oggi con le tensioni in Ucraina, che dall’Unione è invece rimasta esclusa.

“L’Italia stessa era il centro del mondo durante il Rinascimento, e per il fatto di non essersi unita è scomparsa dalla carta geografica, per più di tre secoli”, ammonisce Prodi. Una lezione da tener presente nel completamento del disegno europeo. Anche perché “aver succhiato col latte il concetto di nazione non basta più per confrontarsi con il mondo e con i cambiamenti di forza nei rapporti politici”. Quanto ha pesato infatti l’Europa in Iraq o in Libia? Quanto pesa oggi in Medio Oriente? Tempo dieci anni, al mondo ci sarà spazio per tre o quattro protagonisti. E con due posti già occupati da Cina e Stati Uniti, non c’è tempo da perdere.

Inutile poi guardare al passato come a un rifugio sicuro. “Ci ha lasciato due guerre mondiali. Ancor oggi scrivere un libro di storia per gli studenti, che usi le stesse parole per francesi e tedeschi, risulta un dramma”, conclude. Eppure, messi di fronte al bivio tra ‘museo’ e ‘laboratorio’, gli europei sceglieranno davvero il futuro?

Carlo Calore

{ Pubblicato il: 03.02.2014 }

Da - http://www.criticaliberale.it/settimanale/199028


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« Risposta #87 inserito:: Marzo 16, 2014, 06:17:56 pm »

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Prodi: “Il mio governo tagliò cuneo fiscale come Renzi. Ma ci sputarono sopra”
L'ex presidente del Consiglio a Bologna in un dibattito con Alan Friedman, considera positiva la scelta del premier Pd: "I tempi sono cambiati. Ora si è disposti al cambiamento"

di David Marceddu | Bologna | 14 marzo 2014

Troppo facile far passare tutto come una rivoluzione quando c’è un Paese allo stremo e la gente che accetta tutto pur di smuovere la situazione asfittica dell’economia. Romano Prodi legge così dalla sua Bologna la ‘svolta buona’ di Matteo Renzi. “C’è un’atmosfera di attesa, con presupposti positivi, ben diversa da quella che c’era nel passato”, ha spiegato l’ex premier. “Quando il mio governo adottò la misura del cuneo fiscale di 7 miliardi e mezzo di euro, che non è molto distante dalle norme annunciate dal governo Renzi, il giorno dopo ci hanno sputato sopra. È stata un’esperienza scioccante”. A lui e ai suoi ministri – è il senso del discorso del professore in occasione della presentazione bolognese del libro di Alan Friedman ‘Ammazziamo il Gattopardo’ – l’opinione pubblica e le parti sociali non fecero passare nulla. Col suo secondo governo, condannato da una maggioranza risicata al Senato e con una situazione economica non da ultima spiaggia, far passare le riforme o fare apprezzare il calo del debito pubblico (“Lo abbassammo al 104% col mio governo, oggi è oltre il 130%”, non smette di ribadire il Professore ), tutti alzarono le barricate.

Ma oltre l’amara constatazione che l’Italia è un Paese che si sveglia solo “un minuto prima di mezzanotte”, con l’acqua alla gola, Secondo Prodi, Renzi ha una chance enorme: “C’è il senso che il Paese sia all’ultima spiaggia e che una soluzione vada maturata in fretta. C’è una grandissima attesa, bisogna agire anche rischiando. C’è un presupposto positivo – ha concluso l’ex premier – le parti sociali sembrano più disposte ad accettare rischi, la Confindustria è più disposta a dialogare, il sindacato è più disponibile. Perfino il rigore tedesco oggi è più isolato di allora”. Poi il cattolico ‘di sinistra’ Prodi la butta lì: “Abbiamo una Chiesa molto diversa rispetto agli anni del mio ultimo governo”. E la memoria va alle crociate della Chiesa contro i Dico pensati dal suo governo, al Family day. Tutte cose che finirono per logorare ancora di più quell’esecutivo così debole. Oggi no: oggi Matteo Renzi al di là del Tevere ha papa Francesco. Troppo facile così, sembra dire.

Tuttavia, è il ragionamento di Prodi, anche Renzi non ha poi tutto questo tempo: le elezioni europee sono alle porte. “Ci andiamo ancora con la mentalità che siano decisive per la situazione interna. Saranno un banco di prova pro o contro Renzi. Il giorno dopo la chiusura delle urne i parlamentari capiranno come dovranno comportarsi con il suo esecutivo”. Per Prodi infatti il nuovo presidente del Consiglio “sta facendo una scommessa molto alta, quindi ha necessità di fare in fretta, per incontrare le aspettative. La difficoltà è che Renzi sa che se non cambia le cose subito, viene corroso, e allora non avrà più tempo”.

Poi, di fronte a centinaia di persone accorse a sentirlo, il premier racconta ancora la vicenda della sua ‘non-elezione’ al Quirinale. “A farmi male non furono i 101 che in segreto non mi votarono. Io quella mattina dopo che mi chiamò al telefono Pierluigi Bersani per dirmi della decisione unanime nel Partito democratico sul mio nome, capì che invece non sarebbe passato. Telefonai dall’Africa e dissi a mia moglie che non sarebbe successo nulla quel pomeriggio. Quello che mi fece male davvero accadde qualche giorno prima. Berlusconi disse che come Capo dello Stato loro avrebbero accettato qualunque nome del Partito democratico, tranne il mio. Ecco, nessuno si ribellò a queste parole. Quello mi ferì”.

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03/14/prodi-il-mio-governo-taglio-cuneo-fiscale-come-renzi-ma-ci-sputarono-sopra/914612/
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« Risposta #88 inserito:: Marzo 16, 2014, 07:24:15 pm »

Ucraina né russa né europea.

Romano Prodi

Nel giorno del referendum in Crimea, un’analisi originale e forte dall’ex Presidente della Commissione europea e ex-premier, che parla a ruota libera della geopolitica dell’Ucraina. «Io condivido alla lettera quello che ha scritto Sergio Romano sul Corriere, quello che ha scritto Kissinger sul Washington Post, cioè: l’idea che l’Ucraina possa essere o dell’uno o dell’altro è un’idea assolutamente folle.

L’ultimo atto del mio governo, insieme ai francesi e, credo, anche ai tedeschi, fu quello di votare contro l’entrata nella Nato dell’Ucraina con un discorso europeo che era estremamente serio, dicendo qui è cultura russa e cultura europea assieme, o noi dilaniamo il paese o dobbiamo avere un assoluto accordo fra Russia e Europa.

Cioè: “Ucraina non come campo di battaglia ma come ponte”, sono le parole che io ho utilizzato nell’ultimo colloquio che ho avuto con Putin. Si è inserito qui un altro problema, incredibile, che l’Europa così divisa, così pasticciata, fa sì che adesso i protagonisti siano la Russia e l’America, e l’Europa è solo un protagonista secondario.»

Prodi ha fatto questa analisi venerdì sera, 14 marzo, rispondendo a una domanda di Armando Nanni, Direttore del Corriere Bologna, durante la presentazione del libro di Alan Friedman alla Libreria Coop Ambasciatori.

Da - http://video.corriere.it/prodi-l-ucraina-non-puo-essere-ne-russa-ne-europea/a99f71c8-ac5e-11e3-a415-108350ae7b5e
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« Risposta #89 inserito:: Marzo 26, 2014, 10:43:06 am »

Romano Prodi unione europea: "Il patto di stabilità? Lo dicevo 10 anni fa che è stupido"

Ansa  |  Pubblicato: 25/03/2014 08:45 CET  |  Aggiornato: 25/03/2014 08:45 CET

"Quando io dicevo che il Patto di stabilità era stupido, allora mi davano tutti torto. Adesso dopo dieci anni tutti mi dicono 'avevi ragione'. La politica vuol dire tener conto della realtà delle cose. Si è voluto costruire invece un'Europa formale". Lo ha detto stamani Romano Prodi a Unomattina.

Per l'ex presidente della Commissione europea ed ex premier italiano, "il problema dell'Europa non è una Unione europea spendacciona. Il bilancio dell'Ue è meno dell'1% del pil europeo. Il problema è che non c'è solidarietà europea. Il difetto non è delle istituzioni europee, ma è dei singoli stati, che adottano una politica nazionale e non una politica di interesse comune".

"Credo che avremo delle elezioni europee difficili - ha concluso Prodi -. Ma so anche che quando si arriva vicini al burrone, c'è una saggezza dei popoli che fa tornare indietro. Arrivati al punto 'sì o no', tutti sanno che il nostro futuro senza l'Europa non esiste".

DA - http://www.huffingtonpost.it/2014/03/25/romano-prodi-europa-patto-stabilita-stupido_n_5025629.html?utm_hp_ref=italy
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