"LA CRISI FINANZIARIA E LE CONSEGUENZE POLITICHE GLOBALI"
Intervento del Presidente Romano Prodi presso il dipartimento Internazionale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese.
(Avvertenza per il lettore: durante il suo intervento il presidente Prodi non ha seguito questo testo).
Pechino, 26 novembre 2008, ore 09.00
- Siamo quasi certamente di fronte alla più grave crisi economica del
dopoguerra. Spesso si paragona ciò che sta succedendo oggi con quello
che accadde in altri momenti di crisi e in particolare con la crisi
del 1929 che causò un impoverimento globale che durò diversi anni.
Ogni crisi in realtà ha caratteristiche proprie (così come le
politiche per reagire ad essa) e questa non fa eccezione. Tuttavia, se
non si analizzano profondamente le cause e le dimensioni specifiche di
questa crisi, non si può trovare una soluzione.
- La crisi del 1929 partì dal crollo azionario di Wall Street del mese
di ottobre ma le cause reali scatenate da diversi fattori sia
finanziari (un sistema bancario inefficiente, un eccessivo ricorso a
prestiti "speculativi" e un corso delle azioni che non corrispondeva
più ai valori reali e prospettici delle imprese) sia reali (eccesso di
investimenti e di produzione in alcuni settori). Il crollo azionario
fece diminuire il potere di acquisto della popolazione e spinse le
banche a chiedere il rientro dei prestiti effettuati. Tutto questo
acuì la crisi e la rese globale. La crisi durò molti anni anche perché
le autorità nazionali ci misero molto tempo per capirne la portata,
perché vi erano fortissime resistenze ad ogni forma d'intervento
pubblico e perché non vi erano istituzioni internazionali in grado di
gestire un fenomeno che forse per la prima volta era realmente globale.
- Ma fu proprio dall'intervento pubblico che economie cominciarono a
riprendersi. Le politiche che portarono le economie mondiali fuori
dalla recessione furono improntate ad un forte intervento statale che
si sostanziava in spesa in deficit (e crescita del debito pubblico),
come accadde negli US sotto il presidente Roosevelt, ma anche nel
sostegno all'industria pesante nazionale e militare come fece Hitler
in Germania. Insomma in alcune delle politiche per uscire dalla crisi
del '29 vi era sia lo strumento di uscita dalle crisi economiche sia
il germe che porterà alla seconda guerra mondiale.
- In sostanza la crisi del 1929 nasce sui mercati ed è una crisi
prettamente "privata" nelle sue cause dove il pubblico ha un ruolo
marginale ed il ruolo pubblico è importante non nell'entrata ma
nell'uscita dalla crisi.
- Oggi la situazione è almeno in parte diversa. Tutti i governi sono
pienamente consapevoli di trovarsi in un momento di crisi anche se
ancora oggi non sanno quanto la crisi dei mercati "costi" all'economia
globale sia finanziaria sia reale legata ai mutui sub prime. E non
sanno nemmeno se e quando entreranno in crisi altri "pezzi" del
sistema finanziario, come ad esempio le Carte di credito e, più in
generale, gli strumenti del credito al consumo.
- La caratteristica di questa crisi non è infatti l'esistenza di
differenti interpretazioni sulle sue cause, ma l'incertezza assoluto
sulle sue dimensioni quantitative. Nessuno sa fin dove questa crisi si
estende. Nessuno ne conosce gli aspetti quantitativi.
- I mercati finanziari globalizzati hanno fatto si che la propagazione
della crisi sia stata molto più veloce che nel 1929. Tuttavia la
presenza di istituzioni internazionali (anche se meno forti di quanto
sarebbe auspicabile) e di un maggiore coordinamento tra i diversi
paesi rende meno automatica la messa in atto di quelle politiche
nazionali di protezione che causarono l'aggravamento della crisi del
1929.
- Ulteriori riflessioni sul passato e sul presente.
- La crisi attuale ha paradossalmente una origine molto più
"pubblica", legata alle scelte di politica economica del Governo degli
Stati Uniti e della Federal Reserve che ha mantenuto i tassi
d'interesse artificialmente troppo bassi per lungo tempo, al fine di
sostenere l'economia dopo lo scoppio della bolla legata ad Internet, e
dopo gli eventi dell'11 settembre 2001. In alcuni periodi di tempo i
tassi reali sono stati addirittura negativi. Ad essi si è aggiunta la
diminuzione dei controlli sul funzionamento dei mercati finanziari.
Particolare importanza hanno avuto a questo proposito le nuove regole,
tra cui segnaliamo quelle che hanno abbattuto il muro che
opportunamente divideva le banche d'affari dalle banche di credito
ordinario.
- I tassi di interesse troppo bassi hanno creato un eccesso di
liquidità che negli anni si è spostato la dove vi erano le possibilità
di guadagno di breve periodo creando una serie continuativa di bolle
speculative in vari settori (immobiliare, azionariato, materie prime,
internet, ecc.).
- Tassi d'interesse già molto bassi, deregolamentazione ed innovazione
finanziaria rendono oggi particolarmente deboli gli strumenti di
politica economica "classici" utilizzati nel passato.
- In particolare alla prova dei fatti l'innovazione finanziaria che
doveva servire a diminuire il rischio degli investimenti e quindi
favorire la crescita ha causato la più grande crisi di fiducia degli
ultimi decenni e ha fortemente aumentato la rischiosità dell'intera
economia mondiale.
- L'innovazione finanziaria ha infatti distribuito grande parte del
rischio sulle masse degli investitori ignari.
Come intervenire?
- C'è bisogno d'interventi sia a livello del singolo paese sia a
livello internazionale. C'è bisogno di politiche ma anche di più
profonde riforme istituzionali. C'è in sostanza bisogno di interventi
che modifichino le strutture e interventi che modifichino i
comportamenti. C'è bisogno di interventi di breve periodo per evitare
che la crisi peggiori e si diffonda sempre più il panico ma c'è
soprattutto bisogno di visione di lungo periodo.
- Bisogna resistere alle tentazioni di chiusura e protezionismo.
Quest'aspetto sarà di grandissima importanza nei prossimi mesi, perché
sempre di più i politici dei diversi paesi saranno spinti ad
attribuire all'apertura dei mercati internazionali tutte le cause
della crisi economica e finanziaria. A questa tendenza generale si
aggiunge il fatto che Obama si era presentato di fronte agli elettori
con una piattaforma sostanzialmente protezionista. È vero che, in
questo campo anche i Presidenti precedenti si erano impegnati a
proteggere l'industria nazionale, ma avevano poi operato in modo
diverso, ma è anche vero che la crisi ha cambiato e sta cambiando
l'opinione pubblica in modo profondo e generale.
- La Globalizzazione è per me un valore, ma bisogna saperne contenere
gli eccessi e proteggere chi si trova nelle posizioni più deboli,
altrimenti sarà politicamente insostenibile.
Le istituzioni internazionali
- un mondo globalizzato ha bisogno di istituzioni internazionali forti
sia per gli aspetti più legati alla politica sia per gli aspetti
legati all'economia. In passato si è spinto più sull'economia e meno
sulla politica ma questo squilibrio ha mostrato limiti evidenti.
Mercati globali hanno bisogno di regole globali. Ovviamente i singoli
paesi possono adottare provvedimenti specifici ma ci vuole una base
comune.
- In primo luogo è necessario regolare fortemente l'utilizzo di
derivati. Essi non solo hanno prodotto l'alterazione dei mercati che
ci ha portato alla crisi, ma hanno anche esaltato le dimensioni della
speculazione sul petrolio e sulle materie prime. Non è possibile che i
derivati sulle materie prime siano stati in alcuni giorni di cento
volte superiori rispetto al valore reale del bene trattato. È chiaro
che questo discorso non riguarda la Cina ma è anche chiaro che la Cina
deve avere un ruolo attivo nella gestione dell'economia mondiale e
deve quindi avere la consapevolezza di agire in un contesto fortemente
deteriorato da questi comportamenti.
- È ovvio che ogni economia ha bisogno di ricette specifiche (ad
esempio è diverso il caso italiano dove è lo stato ad essere
indebitato e quello spagnolo dove sono le famiglie) ma ci debbono
essere alcuni progetti comuni.
- Ma quali politiche comuni di lungo periodo?
- In primo luogo l'energia e l'ambiente avranno una crescente
importanza nel processo di riconversione e di ripresa dell'economia.
Se si deve intervenire sostenendo l'offerta è necessario indirizzare
la produzione verso prodotti maggiormente eco compatibili. C'è forse
bisogno di simboli (auto elettrica, cellule fotovoltaiche, Biodiesel
da colture che sfruttano terreni marginali) sapendo anche che questa
riconversione può anche essere un'importante occasione di business.
- Questo settore è comunque capace di mobilitare una quantità di
risorse enorme e diffusa non solo in tutti i continenti ma in tutte le
aree, anche le più sperdute del mondo.
- In secondo luogo grandi progetti di ricerca e sviluppo soprattutto
nei settori legati alla salute ed alla scienza della vita. Anche
questi possono e debbono coinvolgere nel lungo periodo le energie
diffuse non solo di alcuni grandi paesi, ma di tutto il mondo.
- Come abbiamo già specificato in precedenza, i modi e gli aspetti
particolari delle politiche debbono essere decise dai diversi paesi,
ma vi sono alcune grandi direzioni che debbono guidare l'azione di
tutti noi.
- Non voglio tuttavia entrare negli aspetti particolare della politica
di lungo periodo anche se questo è l'aspetto che più personalmente mi
interessa, essendo io di professione Professore di Economia
Industriale. Spero che troveremo in futuro qualche altra occasione per
parlare di come agire nel lungo termine sull'economia reale per fare
riprendere al mondo la via dello sviluppo.
- Ora vorrei fare alcune riflessioni sul ruolo che la Cina può
svolgere in questa situazione così particolare.
- Voglio partire con l'affermazione che questa è forse la più grande
occasione per l'Asia e la Cina in particolare per svolgere un ruolo
centrale e positivo nell'economia globale. La Cina è ad oggi il più
forte elemento di stabilità e crescita nell'economia mondiale anche
perché è l'unico paese, insieme ai produttori di petrolio, che ha una
importante liquidità disponibile per investimenti. Ma, a differenza di
questi paesi, ha anche un grandissimo mercato interno.
- Ma ancora di più perché la Cina ha la possibilità di operare da sola
o in cooperazione con le istituzioni internazionali, nella maggior
parte dei paesi del mondo, sia nei paesi industrializzati che in
quelli più poveri come i paesi del continente africano.
- Nell'intera storia economica mondiale la Cina di oggi è infatti
l'unico caso di un paese che esporta contemporaneamente capitali,
tecnologie e mano d'opera. Questa è una realtà senza precedenti, che
attribuisce al Vostro paese grande potere ma anche grande
responsabilità. In questo senso la responsabilità cinese è davvero
unica e deve essere esercitata con un crescente livello di
coinvolgimento in tutta la politica mondiale. Anche se l'autonomia
della politica interna è un sacro principio della convivenza fra i
popoli, i contatti sono ormai tali che diventa praticamente
inevitabile una reciproca "interferenza" fra i diversi paesi. Ed è
questa influenza che deve essere esercitata in modo consapevole.
- È quindi necessario un ruolo attivo della Cina anche sui grandi temi
che saranno fondamentali per il futuro del mondo. Bisogna definire un
percorso che accompagni il protocollo di Kyoto , tenendo presente che
esso prevede linee di azione ancora imperfette.
- Nel dibattito sull'economia nelle ultime settimane, si parla sempre
di più di "ritorno alla produzione" intendendo con questo un ritorno
di importanza sia della produzione agricola che di quella industriale.
- Il "ritorno alla produzione" non sarà privo di conseguenze politiche
anche nei paesi occidentali, in primo luogo negli Stati Uniti, ma
anche in Europa e negli altri paesi ad elevato livello di sviluppo.
- Parlo di "ritorno alla produzione" non solo per la diffidenza sempre
più diffusa nei confronti della finanza. Ma anche perché il crollo
della domanda sta spingendo i governi non solo in aiuto del sistema
bancario e finanziario, ma anche del sistema produttivo.
- Il dibattito non è ancora concluso ma l'aumento della
disoccupazione, soprattutto in aree politicamente sensibili, sta
spingendo i governi a spostare risorse verso il sistema industriale. È
lecito pensare che queste forze si faranno sentire anche in una fase
più avanzata della crisi o dopo la crisi e si faranno sentire sia
negli Stati Uniti che in Europa.
- In Europa questo sforzo di "ritorno all'industria" sarà diverso da
paese a paese, perché estremamente diverso è già oggi il ruolo
dell'industria nei differenti paesi europei.
- Negli ultimi due decenni abbiamo infatti assistito ad una
concentrazione dell'industria soprattutto in una parte dell'Europa che
trova il suo centro nella Germania e nell'Italia del Nord, mentre la
parte che si è dedicata con assoluta prevalenza ai servizi vede il suo
centro in Gran Bretagna ed Irlanda.
- Naturalmente sarà un'industria diversa molto attenta ai problemi
dell'energia e dell'inquinamento (quindi diversa anche nelle
automobili) e alla domanda in continuo aumento nei settori della
salute e delle scienze della vita.
- Questa "grande correzione" dovrà essere accompagnata da un
sostanziale riequilibrio tra risparmi e consumi. La grande crisi
dimostra che lo squilibrio esistente oggi soprattutto negli Stati
Uniti, ma anche in molti paesi europei, non può prolungarsi nel futuro
perché è fonte di enormi squilibri.
- Questo adattamento sarà perciò lungo e penoso e porterà conseguenza
non solo di breve ma anche di lungo periodo riguardo alle importazioni
di Stati Uniti ed Europa e quindi avrà notevole impatto anche
sull'economia cinese.
- La crisi finanziaria in corso sta mettendo infatti in discussione la
sostenibilità di squilibri fra le grandi aree economiche come quelli
che si sono creati in questi anni.
- Le tentazioni protezionistiche non potranno che crescere con il
ritorno di un ruolo centrale della produzione. Parlo di "tentazioni"
perché una notevole parte dell'opinione pubblica di questi paesi è
tuttora convinta che l'apertura dei mercati e il libero commercio
internazionale portino alla fine più vantaggi che danni.
- È tuttavia molto probabile che su temi specifici, sui temi
soprattutto legati all'ambiente e alla protezione sociale "social
dumping") si venga a creare una situazione politica diversa.
- Per essere più espliciti mentre non vedo probabile (anche se ancora
possibile) un'adozione diffusa e generale di dazi doganali, vedo più
probabile l'adozione di difese commerciali che traggono spunto
dall'esistenza di costi addizionali dovuti alla difesa dell'ambiente e
ad alcuni aspetti delle politiche del lavoro.
- È quindi utile (e forse necessaria) un'iniziativa da parte cinese su
questi temi. Non tanto un impegno su obiettivi irraggiungibili, quanto
un programma che in qualche modo accompagni il protocollo di Kyoto o
le altre iniziative che verranno prese su questi temi.
- Questa è solo un esempio di come, soprattutto dopo la crisi
finanziaria, i temi di carattere ambientale e sociale avranno
crescente influenza in ambito economico.
- Vorrei ora terminare queste mie brevi riflessioni con alcune
osservazioni specifiche nei rapporti fra la crisi economica e
finanziaria in atto e il particolare ruolo che la Cina svolge o può
svolgere. Prima di tutto occorre fare tesoro di un insegnamento
riguardo al passato. Io credo profondamente nell'economia di mercato
ma credo che il mercato funziona bene solo quando è oggetto di regole
e di controlli severi e precisi.
- Se attualmente siamo caduti in una crisi di cui ancora non
conosciamo gli aspetti quantitativi né la durata, è proprio perché
negli ultimi dieci anni (soprattutto a partire dagli Stati Uniti) sono
state allentate le regole e i controlli. Si potrà obiettare che in
molti paesi le autorità di controllo si sono moltiplicate (controllo
sulle banche, sulle assicurazioni, sulle borse, sui mercati
finanziari, ecc.). ma proprio queste moltiplicazioni hanno reso i
controlli meno efficaci, isolando e dividendo i vari mercati.
- Questi controlli, inoltre, hanno soprattutto mantenuto un carattere
nazionale, mentre i mercati finanziari sono diventati mondiali. È
quindi interesse di tutti operare per regole e sorveglianze più severe
a livello internazionale. Non sarà una battaglia facile ma utile a
tutta l'umanità.
- Io conservo personalmente l'esperienza della difficoltà di questa
battaglia: quando ero Presidente della Commissione Europea e abbiamo
prospettato direttive severe in materia, queste sono state impedite
dall'opposizione di alcuni governi nazionali e dalle lobby di gruppi
finanziari e bancari. Una comune azione efficace non solo dovrà
aumentare il potere delle autorità di regolamentazione a livello
internazionale ma dovrà nello stesso tempo:
- a) impostare un'azione comune di controllo e regolamentazione dei
mercati, ora sottratti ad ogni controllo.
- b) Impedire comportamenti speculativi alle banche di deposito ordinario.
- c) Limitare, con un'organica serie di strumenti di trasparenza e
fiscali, l'esplosione dei così detti "derivati".
- d) Stabilire regole per il mercato delle ipoteche.
- e) Imporre rigorosi criteri di comportamento alle agenzie di "rating"
- Queste azioni si debbono aggiungere alle decisioni che la maggior
parte dei governi ha preso per immettere risorse pubbliche nel sistema
economico e vincere quindi la paura che ha colpito l'economia mondiale
nelle scorse settimane.
- Insisto sul fatto che le misure prese vanno nella giusta direzione,
ma non sono certo sicuro che queste misure siano sufficienti perché
non abbiamo ancora un quadro quantitativo preciso e credibile della
dimensione della crisi.
- Se sarà vinta la paura occorrerà molto tempo e molto spirito di
collaborazione per guarire un sistema economico internazionale fondato
sul debito cresciuto a dismisura e caratterizzato da un crollo del
risparmio sia pubblico che privato.
- In questo quadro il ruolo dell'Asia e della Cina appaiono
determinanti e non solo perché l'Asia è uno dei pilastri della
produzione manifatturiera di cui abbiamo parlato in precedenza.
- L'aspetto più importante è infatti quello che l'Asia è ora il
principale sottoscrittore del debito pubblico degli Stati Uniti.
- Oltre il 40% dei 2600 Miliardi di debito degli Stati Uniti è stato
infatti sottoscritto dai paesi asiatici. E di questo una cifra di
circa 573 M$ da parte del Giappone e 585 M$ da parte della Cina.
- E questo senza contare gli investimenti in altre società americane
(es. Freddie Mac e Fannie Mae). È importante sottolineare come gli
acquisti cinesi siano proseguiti anche nell'ultimo mese. Io interpreto
questo atteggiamento consapevole e responsabile come un corretto modo
del governo cinese per inserirsi tra i grandi decisori della
governance mondiale.
- Il mondo (occidentale e non solo occidentale) non può fare a meno,
nell'attuale crisi economica della domanda cinese, degli investimenti
cinesi e delle risorse finanziarie cinesi.
- Capacità produttiva industriale e alto tasso di risparmio fanno
della Cina uno dei pilastri fondamentali per uscire dalla crisi con un
nuovo e duraturo equilibrio. Grande potere e grande responsabilità si
sommano quindi nel futuro delle Vostre decisioni politiche.
- Alla luce di questi dati e della necessità di perseguire un nuovo
equilibrio mondiale, vanno valutate le recenti decisioni prese dal
Governo Cinese di rilanciare l'economia interna alla vigilia del
Vertice dei G20.
- Di fronte alla diminuzione del tasso di sviluppo dell'economia (9%
di crescita del PIL di fronte al 10,4% del trimestre precedente) è
stato deciso un piano di rilancio di 580 Miliardi di dollari nei
settori dell'edilizia residenziale, dei lavori pubblici, dell'energia,
dei trasporti, della sanità, dell'istruzione e di rilancio delle
attività produttive sia tramite incentivi alla ricerca e
all'investimento che attraverso incentivi fiscali.
- A questo si aggiungono gli aumenti ai sussidi agricoli, ai salari e
alle pensioni.
- Dato il basso debito pubblico e i 2000 miliardi di riserve valutarie
questo piano di rafforzamento della domanda interna cinese appare
realistico e sostenibile e sarà di grande utilità all'economia
mondiale e all'economia cinese. Esso potrà infatti mantenere un
elevato tasso di sviluppo all'industria manifatturiera che ha visto
calare le proprie prospettive di esportazione per effetto della crisi
dei mercati mondiali.
- Una crisi che probabilmente avrà anche sulla Cina un'influenza
maggiore rispetto a quanto fino ad ora ipotizzato.
- Questo piano ha dimensioni davvero cospicue, è accompagnato da
politiche monetarie espansive e avrà conseguenze positive nel breve e
nel lungo periodo. Naturalmente come tutte le decisioni che segnano
cambiamenti radicali, il suo effetto sarà tanto più efficace quanto
più rapida sarà la sua realizzazione.
- In ogni caso l'economia cinese sta cambiando gli equilibri mondiali
con la stessa forza con cui gli Stati Uniti ci hanno cambiato nel
secolo scorso.
- Per questo motivo il mondo ha bisogno di una Cina stabile e cooperativa.
- Un'ultima riflessione.
- Noi ci incontriamo qui nel momento in cui la crisi ancora è in
espansione e, ancora, i suoi confini non sono ancora ben chiari.
- Di fronte a questi sconvolgimenti non possiamo non farci la domanda
che i politici e gli economisti si facevano durante la grande crisi
del 1929.
- E la mia risposta, non si discosta da quella che diede Keynes in una
conferenza tenuta a Madrid nel 1930 e che cioè, nonostante il
pessimismo dei conservatori (che pensano che la crisi sia il preludio
della fine) e il pessimismo dei rivoluzionari (che pensano che tutto
debba finire perché il mondo è profondamente ingiusto) la nostra
società abbia grandi risorse (scientifiche, tecnologiche e morali) per
riprendersi e ricominciare a camminare in avanti.
- Ritengo cioè che il mondo abbia ancora tante energie sane, per cui
questa crisi (come diceva allora Keynes) non è una malattia di
vecchiaia dell'umanità, ma solo un disturbo di crescita.
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