Admin
Utente non iscritto
|
|
« Risposta #1 inserito:: Agosto 13, 2007, 05:15:59 pm » |
|
La legge che non c´è
Giovanni Salvi - Andrea Balbi
Maria Antonietta Multari avrebbe potuto esser salvata?
La giovane donna era stata perseguitata dal suo ex fidanzato per mesi, con telefonate, appostamenti, minacce.
Questo comportamento viene definito con un termine inglese, stalking.
Un termmine tratto dal gergo della caccia e che si può tradurre con "fare la posta".
Lo stalker perseguita la sua vittima per le più diverse ragioni (a volte si tratta di personaggi famosi, oppure di persone in contatto col pubblico per il loro lavoro) ma molto di frequente tra lo stalker e la sua vittima vi è una relazione prossima: spesso si tratta di ex (ex coniugi, ex fidanzati).
Questi comportamenti possono in alcuni casi essere sintomo di un grave disturbo mentale e possono portare a comportamenti sempre più aggressivi, fino all´omicidio. Alcuni casi clamorosi negli anni 80 portarono lo Stato della California ad approvare nel 1991 la prima legge antistalker nel mondo. In Italia non vi è invece una protezione specifica, anche se vi sono disegni di legge, da tempo presentati in parlamento e che prevedono l´autonoma punizione delle condotte persecutorie. Attualmente l´unica protezione per le vittime è data da un´ipotesi di reato punita assai lievemente (quello di molestie), con la conseguenze che altrettanto modesti sono gli strumenti processuali nelle mani delle forze di polizia e dell'autorità giudiziaria. In campo civile si riconosce ormai senza incertezze il danno esistenziale che lo stalking può causare, ma - appunto - si tratta di azioni "risarcitorie", quando cioè il danno è ormai stato fatto, con potere dissuasivo poco o nullo.
Eppure lo stalking è fenomeno di enorme diffusione nel nostro Paese e di gravissimi effetti. La maggior parte delle vittime sono donne, ma lo stalking va chiaramente distinto da altre forme di violenza ed in particolare da quelle generiche nei confronti delle donne. Da una recente ricerca del ministero per le Pari Opportunità e del ministero dell´Interno risulta che oltre due milioni di donne hanno subito forme di persecuzione che le hanno particolarmente spaventate e ciò soprattutto a causa della cessazione di rapporti affettivi. Spesso le molestie sono giunte fino a qualche forma di aggressione fisica. Il dato è particolarmente allarmante se lo si coordina con quello relativo agli omicidi. Paradossalmente, mentre il numero degli omicidi si è più che dimezzato negli ultimi 15 anni (da 1441 nel 1992 a 621 nel 2006), con trend costante, con altrettanta costanza è invece aumentato il numero degli omicidi commessi in famiglia o a causa di relazioni: da 97 nel 1992 a 192 nel 2006, con un aumento percentuale che è - di conseguenza - spaventoso. Per di più, le vittime di tali omicidi sono in maggioranza donne, cosicché la percentuale di donne assassinate è passata dal 15,3 al 26,6 % sul totale degli omicidi.
In conclusione, le donne sono le vittime principali dello stalking, ma questa condotta persecutoria vede come vittime anche moltissimi uomini.
Pur distinte concettualmente, la violenza in famiglia e lo stalking sono dunque vere emergenze nazionali, che come tali devono essere affrontate. La sola repressione penale non è sufficiente e anzi, in assenza di strumenti idonei, può addirittura risultare controproducente. In attesa di una normativa che consenta di punire (e quindi anche di prevenire in sede penale) gli atti di persecuzione in quanto tali, prima che sfocino in fatti più gravi, è possibile muoversi con gli strumenti esistenti, purché si abbia consapevolezza della complessità della minaccia e quindi anche della risposta.
Il punto centrale è che lo stalking va affrontato non come "eventi singoli" ma come una "sequenza potenziale". Quindi esso non va valutato solo per il danno immediato, causato dalle singole condotte persecutorie, ma come rischio di un danno potenziale ben più grave. L´intrusione nella vita di una persona con telefonate, messaggi, appostamenti, minacce può essere la premessa di un´aggressione, anche mortale. Vi è quindi immediatamente un danno al benessere psico-fisico (sospetto, insicurezza, sensazione di essere preda ecc.) che può generare un disturbo da stress grave. Ciò legittima la previsione già in questa fase di un trattamento sanzionatorio più incisivo di quello attuale. Tale previsione faciliterebbe al tempo stesso notevolmente la valutazione del rischio potenziale e quindi consentirebbe anche di muoversi in un´ottica preventiva. Il collegamento tra sistema giudiziario, polizia di prevenzione e sicurezza e servizi sanitari dovrebbe esser l´architrave di un sistema integrato.
In attesa di un´auspicabile, pronta discussione del disegno di legge governativo sulla materia, è possibile già ora muoversi utilizzando gli strumenti esistenti: dalla perizia in sede giudiziaria ad un´applicazione dell´Accertamento Sanitario Obbligatorio, disposto dal sindaco sulla base delle indicazioni del Servizio sanitario, che tenga conto del fatto che alcuni di questi casi costituiscono una delle pochissime situazioni psichiatriche di reale pericolo. Nei casi invece in cui da tali accertamenti non si rivelasse una patologia psichiatrica (i cosiddetti stalkers predatori), aver potuto comunque individuare il persecutore e mettere in atto azioni di controllo costituirebbe di per sé un´opera di prevenzione del rischio, che ridarebbe alla vittima il suo diritto ad una vita libera dalla paura.
*Giovanni Salvi, magistrato, è stato componente del Consiglio Superiore della Magistratura *Andrea Balbi è docente di psicopatologia delle psicosi all´Università Cattolica di Roma
Pubblicato il: 13.08.07 Modificato il: 13.08.07 alle ore 14.06 © l'Unità.
|