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« inserito:: Giugno 15, 2009, 06:31:09 pm » |
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15/6/2009 (7:30) - INTERVISTA
"A cena con Silvio parlando di Gheddafi" La conduttrice tv, Afef Jnifen Afef: sui respingimenti il governo ha ragione
LUCA UBALDESCHI MILANO
«Mi chiedo dove trovi tanta energia», dice Afef Jnifen accompagnando le parole con un sorriso. Parla di Silvio Berlusconi, della serata che lei e il marito, il presidente della Pirelli Marco Tronchetti Provera, hanno trascorso cenando con il premier a Portofino, da Puny, dove il Cavaliere ha cantato e naturalmente ha raccontato qualche barzelletta.
Eppure, poche ore prima, davanti ai giovani di Confindustria, aveva parlato di un piano eversivo per spodestarlo. Non ne ha accennato con lei e suo marito? «No, non è un argomento di cui abbiamo discusso».
Avete parlato dell’incontro che il premier avrà con Obama? «Non molto, si è limitato a dire che è presto perché ci possa essere un rapporto di amicizia con il nuovo presidente Usa, ma che è fiducioso sulla possibilità che nasca un’intesa. In realtà abbiamo parlato soprattutto di Gheddafi, di come valutavamo la visita in Italia».
E qual è stato il giudizio? «Ci siamo trovati d’accordo nel dire che sia andata molto bene. Si è chiusa una ferita che senza l’intervento di Berlusconi non si sarebbe rimarginata».
A che cosa si riferisce? «Al lavoro che il Cavaliere ha svolto per ricostruire un rapporto. Le scuse dell’Italia, l’invito al Colonnello. E’ qualcosa che il premier ha fatto perché convinto, non soltanto per una questione di rapporti economici. Gheddafi lo ha capito e infatti ha molta stima di Berlusconi. Era ora che si chiudesse una pagina terrificante. Magari altri Paesi con un passato colonialista prendessero esempio dall’Italia e chiedessero scusa».
Aspetti un attimo. Lei che è stata spesso associata a posizioni del centrosinistra, che si è esposta appoggiando Veltroni, adesso è diventata berlusconiana? «Il punto è un altro. Non ho niente contro Berlusconi, se fa qualcosa che ritengo sbagliato glielo dico, così come posso applaudire altre decisioni. Perché sono libera, non vincolata a uno schieramento. E nella vicenda della Libia ha agito bene».
Anche per i respingimenti? «Il rispetto dei diritti umani è fondamentale, ma se ci sono persone che partono dalla Libia, la Libia deve occuparsene. Dobbiamo essere realisti. La crisi è molto pesante e so di un numero crescente di persone che tornano nei Paesi di origine perché non hanno più un lavoro. Con queste difficoltà, che cosa possiamo offrire a chi arriva in Italia? Ecco perché è ancora più importante che oggi sia accolto chi viene secondo le regole».
E a chi fugge per chiedere asilo politico non pensa? «Certo, il problema esiste, ma non è neppure giusto vedere rifugiati politici che poi vivono su una panchina a Milano. Succede. Dobbiamo invece assicurare condizioni di vita dignitose, altrimenti siamo nella giungla».
Torniamo a Gheddafi, che lei ha incontrato più volte durante il soggiorno a Roma. Anche il leader libico è rimasto soddisfatto del viaggio, nonostante l’incontro saltato alla Camera? «Le nostre famiglie si conoscono, mio padre è stato ambasciatore della Tunisia in Libia, ma noi non ci eravamo mai incontrati. Comunque sì, il suo bilancio è positivo e anche l’episodio della Camera spero non lasci traccia. E’ falso che l’incontro sia saltato perché Gheddafi aveva letto il discorso di Fini, non lo conosceva».
Beh, le critiche non sono mancate. A partire dalla foto dell’eroe libico che combattè gli italiani, Omar Al Muktar, che si era appuntato sulla divisa. Un po’ troppo, non crede? «Ma si sa che Gheddafi ama provocare. Il punto è un altro: è arrivato per fare pace. Ha atteggiamenti che possono non piacere, nei suoi discorsi c’è un po’ di tutto, ma è comunque disponibile e ha fatto un passo importante».
Le è piaciuto anche il discorso pronunciato a mille donne? «D’accordo, è stato un po’ colorito, ma si vedeva che voleva stuzzicarci».
da lastampa.it
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