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Autore Discussione: L'Europa fuori dalla trincea  (Letto 2075 volte)
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« inserito:: Giugno 07, 2009, 11:51:53 am »

L'Europa fuori dalla trincea


Il tasso di astensionismo è an­cora incerto, ma quello di eu­rolamentazione è sicurissi­mo e non riguarda soltanto l’Italia: gli elettori che domani e dopodomani andranno alle urne, e forse anche quelli che non ci an­dranno, avranno in mente le be­ghe nazionali assai più del rinno­vo del Parlamento europeo. La campagna elettorale, del resto, ha detto pochissimo sull’Europa men­tre si è dilungata fino all’eccesso su più o meno nobili vicende interne.

Dobbiamo indi­gnarci per questo stato di cose? Niente affatto. Sa­rebbe al contrario stupefacente che in una democra­zia i cittadini non cogliessero la posta in gioco più immediata del confronto politico interno: in Ger­mania la prova generale per le ele­zioni di settembre, in Francia il test sulla sinistra dilaniata, in Gran Bretagna la misura del crollo laburista, in Spagna il grado di te­nuta socialista davanti alla crisi economica, in Italia la verifica del primato di Berlusconi dopo terre­moti grandi e piccoli.

Se l’Europa non c’è, è perché le classi politiche non hanno voluto che ci fosse. E’ perché i canali me­diatici non si sono curati di eviden­ziarla.
Ma è soprattutto perché il peggior nemico dell’Europa, oggi, è l’Europa stessa.

L’Unione europea affronta divi­sa la crisi economica e non propo­ne piani comuni per sostenere l’oc­cupazione. Bruxelles si cura poco di priorità come le tasse o l’immi­grazione. Agli occhi del cittadino il Parlamento distribuisce molti privilegi (il che è esatto soprattut­to per gli italiani) e fa invece ben poco per il bene collettivo.

E non basta. Su questa Europa che si autoesclude dalla sua festa democratica incombono nuove pe­santi insidie. La Germania ha rispo­sto nein alla Francia che voleva pro­muovere il governo europeo del­l’economia: dove andrà dopo la prova di settembre? La Gran Breta­gna sarà presto governata da con­servatori a tal punto euroscettici da uscire dal Ppe. In Irlanda il go­verno rischia la batosta, ed è possi­bile che le cose vadano allo stesso modo quando, en­tro l’anno, si tente­rà di recuperare il Trattato di Lisbo­na.

Il già noto euro­pessimismo sta forse diventando tacita eurorinun­cia? Per fortuna si tratta di una tenta­zione impossibile. Molti lo ignora­no, ma gran parte della nostra legi­slazione deve tener conto di regole europee che incidono, eccome, sul­la nostra vita. Il mercato unico del­la Ue tiene, malgrado i soprassalti protezionistici. L’euro ci salva dal peggio, e oggi tutti ce lo invidiano. L’Europa in trincea, insomma, resi­ste. Ma resistere non basta, men­tre la crisi economica accelera fe­nomeni preesistenti quali il multi­polarismo e l’intesa privilegiata Usa-Cina. Non basta, se davvero si pensa (l’Italia è favorevole) a nuovi allargamenti capaci di affondare la barca comune.

Se vuole esistere davvero nel mondo nuovo, l’Ue deve avere il coraggio di uscire dalla trincea. Pensando a formule decisionali ri­strette tipo Eurogruppo. Utilizzan­do per farsi valere le «cooperazio­ni rafforzate» tra pochi Paesi. Di­ventando più piccola per poter es­sere più grande. Fidando che i suoi leader sappiano proporre ol­tre che criticare. E sperando che gli elettori alla resa preferiscano la voglia di esserci.


Franco Venturini

05 giugno 2009
da corriere.it
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