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Autore Discussione: Moro: 'Io come Kennedy'.  (Letto 2424 volte)
Admin
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« inserito:: Maggio 28, 2009, 10:31:32 pm »

28/5/2009
 
Moro: 'Io come Kennedy'
 
Maria Fida Moro sta scrivendo un film per raccontare pezzi inediti o dimenticati della vita di suo padre
 
 
FLAVIA AMABILE
 

E' l'autunno del 1977. Aldo Moro esce dall'aula di Scienze Politiche all'Università La Sapienza di Roma. Ha appena finito una lezione del suo corso di «Istituzioni di diritto e procedura penale». E' un momento difficile negli atenei, alla Sapienza in particolare, la tensione è altissima, ma a Moro gli studenti sono affezionati. «Professore, come faremo quando lei sarà presidente della Repubblica e non ci farà più lezione?». Aldo Moro è un uomo schivo, non ama compatirsi né parlare di sé ma anche su di lui la pressione deve essere molto forte se quel giorno si lascia sfuggire una frase: «Ma voi davvero credete che io non sappia che farò la fine di Kennedy?»

A ricordare la frase è stato uno dei suoi ex-allievi, lo scorso anno, in occasione di una trasmissione di un'emittente privata pugliese organizzata per il trent'anni dalla morte di Moro. E Maria Fida, la figlia dello statista, ha ricostruito la scena istante per istante nel film che sta scrivendo su Aldo Moro. Si intitolerà «Il mantra del coriandolo - Perciò è bello vivere». La pellicola uscirà nell'autunno del 2010 ma sta già iniziando a prendere forma. E uno dei punti di passaggio dalla fase della giovinezza a quella finale della vita di Moro è rappresentata da questa sua tragica consapevolezza rispetto al suo destino anche nelle ore in cui veniva dato come favorito al Quirinale.

La scena alla Sapienza sarà uno dei tanti flash-back di questo film. Un flash-back finora custodito dalla memoria degli alunni presenti quel giorno in aula e che conferma lo stato d'animo dello statista in quel difficile autunno. Moro sapeva di essere nel mirino di molti, e lo sapeva da molti anni. Già nel 1967 era apparso uno strano articolo su una pubblicazione non molto diffusa, «Mondo d'Oggi». L'articolo si intitolava «Dovevo uccidere Moro» e rivelava dettagli che poi sarebbero stati messi in atto nel 1978 dalle Br.

Aldo Moro era ben consapevole dei pericoli che correva. Ma, come racconterà il film «Il mantra del coriandolo», andava avanti lungo la sua strada, senza modificarla di un solo millimetro. Un altro flash-back torna indietro fino agli anni Quaranta. In quell'epoca Aldo Moro è docente di Filosofia del diritto a Giurisprudenza a Bari. «Quello che è stato nella verità è, e perciò è bello vivere», spiega ai suoi studenti.

Oppure si vedrà Aldo Moro nel 1973, durante l'austerity. Fa parte del governo che ha voluto i provvedimenti che fermarono le auto in tutt'Italia. Lo si vede salire da solo su un autobus di Roma, un giornale sotto il braccio, nemmeno una guardia di scorta a accompagnarlo. Si toglie il cappello, saluta, si siede e poi cedere il posto ad una signora, parla con qualcuno che gli fa qualche domanda, altrimenti se ne sta solo soletto come un sessantenne qualunque.

«Il mantra del coriandolo», un titolo inconsueto per un film su Moro. «Ma perché vogliamo dare l'idea di quanto fosse bello per lui vivere e di come la sua felicità potesse trovari anche nelle sfaccettature più minuscole della vita. Vogliamo provare a dire qualcosa che finora non è stato raccontato su di lui, da vivo» - spiega Maria Fida Moro. «Vogliamo ricordare la sua fede assoluta nella verità, e lo faremo attraverso flash-back e dialoghi, come in una tragedia greca e negli spettacoli teatrali». Non a caso dal teatro vengono molti di coloro che lavoreranno al film, la regia sarà affidata a Massimiliano Artibani e a Andrea Meloni. «Ci piacerebbe riuscire a fare qualcosa di simile a 'Il dubbio' interpretato da Meryl Streep, un capolavoro basato sui dialoghi più che sullo sviluppo di una trama».

Anche se nel film si partirà dalla giovinezza e attraverso lo scorrere dei flash-back si arriverà alla fine. Non si vedrà mai nè il sequestro né la prigionia: la fine sarà affidata ad un canto della tradizione gospel, 'Let your light shine on me', cantata da Blind Willie Johnson. «E' un cieco che vede la luce, la verità: mi è sembrato il miglior modo per ricordare una persona come mio padre».

da lastampa.it
 
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