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Autore Discussione: Suni Agnelli, sola donna nel governo  (Letto 2566 volte)
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« inserito:: Maggio 15, 2009, 11:36:09 pm »

DALL'ARCHIVIO DEL CORRIERE DELLA SERA

Suni Agnelli, sola donna nel governo

Ma per la Farnesina e' un " ritorno "


ROMA . "Don' t forget you are an Agnelli". Per tutta la vita Suni ha risentito nelle orecchie quel comandamento che miss Parker, l' istitutrice, le deposito' nel cuore quando lei, Gianni, Maria Sole e gli altri fratelli vestivano "sempre alla marinara, blu d' inverno, bianca e blu a mezza stagione e bianca d' estate": non dimenticare mai che sei una Agnelli. Anche se avesse voluto, e non ha voluto, non le sarebbe stato possibile. Non solo perché mai avrebbe potuto scordare di quegli anni dominati dalle figure delle tate, delle istitutrici e del nonno, il senatore Giovanni, la cui visita "riempiva tutti di paura", come ha ricordato nel primo dei suoi libri di successo, Vestivamo alla marinara.

Ma anche perché da una vita, come confesso' ridendo in una intervista, e' stata additata per strada con queste parole: "Guarda, la sorella di Gianni Agnelli!". Eppure Susanna Agnelli, 72 anni, nata sotto il segno del Toro, laureata in legge, chiamata da tutti gli amici Suni (ma da piccola la chiamavano "Leoncino" prendendola affettuosamente in giro per il caratterino e per quei capelli difficili da governare), ha sempre cercato di conciliare l' appartenenza alla grande famiglia, alla quale e' rimasta legatissima, con una costante riaffermazione della propria autonomia al di la' e al di fuori delle macchine, delle fabbriche, delle holding finanziarie nei campi più diversi: la letteratura, il giornalismo, la politica. Con due amori su tutti. Un uomo e un luogo: Urbano Rattazzi e l' Argentario. Per il primo, omonimo di quell' antenato della sinistra storica che strinse con Cavour il celebre Connubio, lasciò l' Italia e andò a vivere per anni in Argentina, dove sono nati alcuni dei sei figli: Cristiano, che oggi vive a Buenos Aires e si occupa della Fiat argentina, Ilaria, che vive a Milano e fa la scrittrice, Samaritana, che abita a Roma e ha una società di Public Affairs, Delfina, che fa la giornalista ed e' l' ex moglie del presidente del Senato Carlo Scognamiglio, Priscilla, che sta a New York ed e' stata sposata con Alex Ponti, figlio di primo letto del produttore, e infine Lupo, che e' appassionato di aeronautica, vive a Milano e lavora in una società di assistenza di volo. Per amore del secondo decise di entrare in politica, diventando nel 1974 sindaco del Comune di Monte Argentario.

Una esperienza amministrativa di battaglia frontale contro la speculazione edilizia, appoggiata da una buona parte del mondo intellettuale italiano ma ferocemente osteggiata dalle forze politiche e dai piccoli locali. Fino all' abdicazione, avvenuta nel 1984 e ricordata qualche anno dopo con grande amarezza: "Ieri sono stata all' Argentario ed era tutta una fila di camion con la sabbia e i mattoni. Stanno costruendo da tutte le parti. Sarebbero fessi se non lo facessero visto che tutti gli dicono "fate, fate, tanto poi le case non ve le buttiamo giù ".

Vicina da sempre al Partito repubblicano per comunanza di idee e per simpatia verso Ugo La Malfa ("era un uomo cui ero devota"), venne eletta come indipendente nel 1976 alla Camera dei deputati, nel 1979 al Parlamento europeo, nel 1983 al Senato. La Farnesina, dove da questa mattina andrà ad occupare la poltrona più prestigiosa, la conosce bene. E' stata infatti sottosegretario agli esteri dal 1986 al 1987 nel secondo governo di Bettino Craxi, dall' 87 all' 89 nei governi di Giovanni Goria e Ciriaco De Mita, dall' 89 al ' 91 nel sesto governo Andreotti. Finche' , in polemica con Giorgio La Malfa ("Giorgio ha una particolarita' : a differenza di tutti gli altri uomini, e' un uomo che non ama essere amato") dopo la decisione del Pri di rompere con la maggioranza di centrosinistra e di uscire dal governo per passare all' opposizione, decise di lasciare il partito, abbandonando progressivamente tutte le cariche fino all' ultima, quella di consigliere comunale a Roma, lasciata nel novembre 1992. Riguadagnato un po' di tempo per occuparsi delle amatissime piante che caratterizzano insieme con le tappezzerie disegnate da Marella l' appartamento in cui vive in affitto a Palazzo Carandini, in Corso XXIV Maggio, proprio sopra la casa del fratello Giovanni, Susanna Agnelli ha dedicato gli ultimi anni, con molta discrezione, alle attività benefiche.

E' infatti presidente del comitato promotore di "Telethon", un' iniziativa a sostegno della ricerca scientifica sulla distrofia muscolare e le altre malattie genetiche. E soprattutto ha contribuito in modo determinante, al fianco di monsignor Luigi Di Liegro, alla fondazione e allo sviluppo del centro di accoglienza della Caritas alla stazione Termini, dove per mesi e' andata quasi tutti i giorni per occuparsi di coperte e minestre e medicine per i clochards. In un governo di tecnici dovrebbe trovarsi benissimo. Della sua esperienza parlamentare infatti ricordo' una volta: "Ho detestato i miei anni in Parlamento quanto detestai quelli al liceo Azeglio di Torino. Una perdita di tempo di una inutilità infinita".

Stella Gian Antonio

Pagina 6 (18 gennaio 1995) - Corriere della Sera


15 maggio 2009
da corriere.it
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« Risposta #1 inserito:: Maggio 19, 2009, 10:01:06 am »

19/5/2009
 
Farnesina la svolta di Susanna
 
 
ALDO RIZZO
 
L’addio a Susanna Agnelli è stato accompagnato da un coro unanime di ricordi e rimpianti, e di riconoscimenti politici e istituzionali. Ovviamente, non è stato trascurato il fatto che fu la prima, e per ora unica, donna a guidare in Italia il ministero degli Esteri: nel governo di Lamberto Dini, succeduto nel gennaio 1995 al primo e breve ministero di Berlusconi. Va detto, tuttavia, che non si trattò di uno dei molti episodi, dei molti «primati», di una vita straordinariamente ricca e complessa. Alla Farnesina, dove rimase fino all’aprile 1996, Susanna Agnelli svolse un lavoro politico e diplomatico molto specifico, che merita di essere ricordato più in dettaglio.

Il suo primo atto di rilievo fu la decisione di togliere il veto italiano al negoziato di adesione della Slovenia all’Unione europea. Cioè di rimuovere un approccio nazionalistico (pur giustificato dai comportamenti di Lubiana, nella questione dei diritti dei profughi istriani) ai rapporti con i vicini dell’Est. All’epoca, incombeva il tragico caos della ex Jugoslavia, dal quale la Slovenia si era, con un po’ di fortuna, appena salvata. In quel contesto, le parve giusto lanciare un segnale di buona volontà, ma anche di «responsabilizzazione dell’interlocutore», al di là di Trieste e dell’Adriatico.

Una strategia alla quale restò fedele anche verso la crisi del resto della ex Jugoslavia. Non che non ne vedesse le responsabilità primarie, ma era «inorridita», mi disse in un’intervista a La Stampa, dallo spettacolo diffuso delle atrocità etniche, non tutte imputabili ai serbi. E dunque la necessità, o almeno la speranza, di una soluzione «politica», perché «imporre la pace a gente che vuole la guerra significa intervenire e distruggerli, un altro massacro». La soluzione politica fu infine raggiunta a Dayton nel novembre 1995, ma dopo lunghe e luttuose prove di forza. E nel frattempo non era mancato, nei suoi confronti, un sospetto di «filoserbismo». Non raccolto, però, dall’alleato americano, che anzi volle l’Italia nel «Gruppo di contatto» delle maggiori potenze sulla crisi balcanica: un riconoscimento di cui andò giustamente fiera.

Ma più importante fu la politica del ministro Agnelli verso il processo d’integrazione europea. Lì si trattò di ribaltare la sconcertante immagine euroscettica che il primo governo Berlusconi aveva dato di sé, pensando in tal modo di rafforzare il prestigio nazionale dell’Italia. Al vertice europeo di Corfù, nell’estate del 1994, il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri Antonio Martino avevano considerato un successo prendere le distanze da Francia e Germania e ribadire le critiche a Maastricht e al progetto della moneta comune. Nel palese imbarazzo dell’allora ministro del Tesoro, Dini. Caduto quel governo, e diventato proprio Dini il nuovo Premier, Susanna Agnelli riportò la politica europea dell’Italia sui binari della tradizione, tra il sollievo dei nostri partner storici. Non che ci fossero atti di pentimento nazionale, questi erano estranei alla personalità di Susanna e alla sua fortissima percezione dell’orgoglio italiano. Solo cambiò nei fatti la linea di Roma sulle questioni di fondo dell’integrazione europea, o meglio tornò quella di prima, spianando la strada agli anni di Prodi e Ciampi e cioè al nostro ingresso nel gruppo di testa dell’Euro.

Insomma non fu routine politica il passaggio di Susanna Agnelli alla Farnesina. Fu uno snodo della politica estera italiana negli ultimi quindici anni. Una lezione, anche. Sono seguiti altri due governi Berlusconi e lo stesso Dini è tornato da quelle parti, ma senza rivedere, fortunatamente, le sue idee sull’Europa.
 
da lastampa.it
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