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Autore Discussione: ALDO RIZZO Per un cane da guardia nucleare  (Letto 2537 volte)
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« inserito:: Maggio 14, 2009, 11:53:00 am »

14/5/2009 - ALDO RIZZO
 
Per un cane da guardia nucleare
 

Se c’è un posto scomodo al mondo, per la gravità dei problemi da affrontare e per le responsabilità conseguenti, è quello di Direttore generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. In gergo lo chiamano, il capo dell’Aiea, «the Nuclear Watchdog», il cane da guardia nucleare: deve garantire lo sviluppo pacifico dell’energia atomica e prevenirne l’uso a scopi militari. Un compito cruciale per l’umanità di questo secolo, in bilico tra inediti bisogni energetici e ambientali e l’incubo di una militarizzazione incontrollata dell’atomo (un incubo già previsto da Einstein). Eppure, da settimane, è in corso un’accesa competizione, se non una vera e propria battaglia, tra coloro che vorrebbero quella sedia bollente in un palazzo di Vienna. Nobile gara tra chi pensa di avere la soluzione migliore, oppure aspirazione a quello che è comunque un ruolo di potere, per la capacità che comporta d’influire, indirettamente, su delicatissimi equilibri internazionali?

Da dodici anni, per tre mandati, quella sedia bollente è occupata dal diplomatico egiziano Mohamed ElBaradei, personaggio di valore, addirittura vincitore del Premio Nobel per la pace nel 2005. E tuttavia discusso, soprattutto, a suo tempo, dall’America di Bush. Gli osservatori maliziosi (ma non tanto) ritennero, infatti, che quel grande riconoscimento gli fosse concesso dalla giuria scandinava per fare un dispetto all’allora presidente degli Stati Uniti, che aveva disatteso, per invadere l’Iraq, le assicurazioni fornite da ElBaradei e dal suo collaboratore svedese Hans Blix sull’assenza di armi di distruzione di massa nel Paese di Saddam. Ma ElBaradei e Blix avevano drammaticamente ragione. Rilievi furono comunque mossi al direttore dell’Aiea, successivamente, per un qualche suo ondeggiante comportamento circa la nuova e reale minaccia, quella iraniana. Dimenticando, però, che era stato proprio lui a sollevare il caso Iran, dimostrando come gli ayatollah avessero sottratto alle ispezioni dell’Aiea programmi nucleari non evidentemente pacifici.

Ora che si avvicina il cambio della guardia (del cane da guardia), il suo successore potrà contare su un più pragmatico, fattuale, appoggio della nuova America di Obama. Senza, però, che ciò allenti la tensione più che tanto. Obama è un pragmatico, ma non un «appeaser». E i problemi restano enormi. L’Iran, ma anche la Corea del Nord, che fa e disfa gli accordi a suo piacimento. E altri Paesi, dal Golfo all’estrema Asia, stanno a guardare, pronti a entrare in gioco anch’essi, mentre, su un piano più generale, la crisi ambientale rilancia il nucleare «civile», ormai facilmente trasformabile, in senso tecnico, in «militare». Senza trascurare (tutt’altro) la possibilità che Al Qaeda, magari nel traballante Pakistan, arrivi a mettere le mani essa stessa sulla Bomba. Altro grande problema: che le superpotenze una volta bipolari, America e Russia, ma non solo, diano un esempio, riavviando un concreto processo di disarmo.

Chi sarà il nuovo cane da guardia? Naturalmente in collegamento con l’Onu, che è il suo riferimento istituzionale (e all’Onu, tra meno di un anno, si farà un altro riesame del Trattato di non proliferazione, finora assai poco efficace). Il giapponese Yukiya Amano ha perso per un voto col sudafricano Abdul Samad Minty e la partita si è riaperta. E finalmente si è affacciata l’Unione europea, ma con tre candidati, uno spagnolo, uno francese e l’altro sloveno. Il primo, Luis E. Echavarri, già alla testa della sezione per l’energia nucleare dell’Ocse, è il più forte, ma è necessario un appoggio globale europeo, al quale potrebbe aggiungersi quello americano. Come quasi sempre, purtroppo, nel contesto di grandi scelte su grandi questioni, manca una concorde strategia europea. Si vedrà, da qui al voto finale, se qualcosa è cambiato.
 
da lastampa.it
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