LA-U dell'OLIVO
Novembre 27, 2024, 12:47:08 am *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: GIOVANNI GUZZETTA Referendum perchè sì  (Letto 2722 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Maggio 13, 2009, 10:38:49 am »

13/5/2009
 
Referendum perchè sì
 
 
 
 
 
GIOVANNI GUZZETTA *
 
Al professor Michele Ainis - che su La Stampa di lunedì temeva gli strali del Comitato referendario di cui ha fatto parte fin dall’inizio, e al quale ora volta le spalle dichiarando che voterà no - risponderò con una serie di domande. Ainis dice che il referendum ormai è inutile, anzi dannoso, perché ciò che di buono in esso vi era è già stato «recepito» dalla politica alle scorse elezioni. Se così fosse, perché il referendum è così osteggiato da tutti i partiti, come Lega Nord, Udc, sinistra estrema, tradizionalmente contrari al bipolarismo, al bipartitismo e al maggioritario? Per quale motivo il referendum è osteggiato da quei partiti che hanno fatto la propria fortuna ricattando le maggioranze, godendo di rendite di posizione, minacciando le crisi di governo, come ha fatto, da ultimo, la Lega Nord per impedire l’abbinamento della consultazione referendaria con le elezioni europee del 6 e 7 giugno, e costringendo gli italiani ad andare a votare due volte con uno spreco inutile di soldi pubblici di varie centinaia di milioni di euro?

Se in Italia il rischio della frammentazione è ormai scongiurato e il bipolarismo consolidato, come mai, ad esempio, la sinistra estrema non è nemmeno riuscita a presentare un’unica lista alle europee e ne ha presentate ben due, sfidando la scissione dell’atomo? Se le soglie di sbarramento che vengono fuori dal referendum sono così «impervie» come mai in tutte le grandi democrazie se ne prevedono di uguali o di maggiori? Se le candidature multiple, cioè il meccanismo per cui i parlamentari vengono nominati (e non scelti) persino dopo le elezioni, non sono più un problema, come mai alle ultime elezioni ci sono stati ben 150 parlamentari (non una trentina, caro Ainis), ripescati grazie a quel sistema? E perché, dopo che Berlusconi ha annunziato il proprio sì al referendum, in tanti hanno cambiato opinione, dando al Paese l’impressione di aver sostenuto il referendum non perché lo considerassero una cosa giusta per ciò che prevedeva, ma per ragioni puramente tattiche? E infine, perché gente esperta, costituzionalisti e politologi, si prestano a quest’opera di disinformazione affermando che l’approvazione del referendum darebbe a Berlusconi uno strapotere quando, invece, già la legge vigente dà la possibilità a qualunque partito, e dunque anche al Pdl, di andare da solo alle elezioni (chi vuole può leggere il dossier su www.referendumelettorale.org)?

La verità è che questo referendum minaccia le posizioni consolidate di chi concepisce la politica come affare dei partiti, di chi teme una sana competizione tra partiti alternativi, di chi teme che siano i cittadini a scegliere il partito chiamato a governare per 5 anni, e a rispondere dei propri atti di fronte agli elettori. Insomma di chi teme la prospettiva del bipartitismo: due grandi partiti che si contendono il governo e una misurata rappresentanza delle altre minoranze. Non so se anche Ainis sia affetto dalla sindrome del perdente. Dall’idea cioè che in Italia non sia possibile per il centro-sinistra offrire un’alternativa che possa convincere la maggioranza degli italiani. E che dunque sia meglio una legge elettorale che non consenta a nessuno di vincere chiaramente, piuttosto che correre il rischio che la propria parte perda. È un’idea che mostra la debolezza politica di chi la propugna, e forse contribuisce a spiegare perché l’assenza di grandi ambizioni e la pura gestione dell’esistente continua a far perdere chi mostra così poca fiducia nelle proprie ragioni. Noi crediamo che sia il centrosinistra che il centrodestra possano ambire a governare il Paese e che, come diceva Aldo Moro, spetterà a chi ha più filo da tessere la palma della vittoria. È la democrazia dell’alternanza, quella che ha consentito agli Obama, ai Blair e ai Sarkozy di vincere le elezioni e di governare stabilmente i propri Paesi.

Quanto infine all’argomento secondo cui le regole non sono necessarie per migliorare il sistema e tutto dipende ormai dalla politica, mi consenta Ainis di concludere con le parole di Norberto Bobbio: «È assurdo o meglio inconcludente vagheggiare un modo diverso di fare politica con attori e mosse diverse, senza tener conto che per farlo bisogna mutare le regole che hanno creato quegli attori e predisposto quelle mosse».

*Presidente del Comitato promotore dei referendum elettorali
 
da lastampa.it
Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!