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Autore Discussione: I due figli di Walter Tobagi e l’invito del Quirinale alla vedova Pinelli  (Letto 2166 volte)
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« inserito:: Maggio 09, 2009, 04:41:30 pm »

I due figli di Walter Tobagi e l’invito del Quirinale alla vedova Pinelli

La lettera: «Chiudiamo una stagione di odio e rancore»

«Bisogna invece lasciare spazio a una volontà condivisa di costru­ire un futuro diverso»
 

E’ importante che la vedova Pinelli sia stata invitata alla ceri­monia di oggi al Quiri­nale, che lei abbia accet­tato di essere lì con noi.

È importante che il Paese superi un senti­mento di divisione ideo­logica che dura da trop­po tempo.

Bisogna invece lasciare spazio a una volontà condivisa di costru­ire un futuro diverso. È importante che, soprattutto fra coloro che hanno pagato un prezzo altissimo a una stagione di odio inutile, si manifesti la vo­lontà di fare un passo per inclu­dere tutti in questo sforzo di su­peramento delle barriere, perché certi eventi drammatici non si ri­petano. Che questo avvenga proprio nel quarantesimo anniversario della strage di piazza Fontana e della morte di Pino Pinelli, even­ti che forse più di ogni altro han­no lacerato la coscienza colletti­va, «non rientra — per citare le parole di papà — nel novero dei fatti previsti o scontati»: è il se­gno che si sta aprendo una pagi­na nuova. Questo non significa sciogliere le tensioni in un acritico abbrac­cio collettivo, ma promuovere il dialogo, il confronto e la condivi­sione, anche delle memorie trau­matiche: virtù civili che nostro padre ha coltivato per tutta la vi­ta. Le responsabilità rimangono per sempre, le conseguenze dei gesti violenti non si cancellano con poche parole di pentimento.

Occorre una riflessione seria e onesta su molte cose. A distanza di tanti anni, questa riflessione deve svilupparsi, final­mente, anche sul piano della sto­ria. La libertà individuale di avere idee e provare sentimenti, di sce­gliere se ammettere o meno un errore, di concedere o meno un perdono, va sempre rispettata, ma non deve giustificare ostacoli e forzature nello sviluppo di un processo di riconciliazione e pro­gresso civile. Una democrazia libera e matu­ra non può che rifiutare la violen­za e le ideologie che la alimenta­no, ma deve essere capace di riac­cogliere e reintegrare, a tempo debito e in modo opportuno e mi­surato, senza eccessi, coloro che hanno percorso una strada sba­gliata e ne hanno preso coscien­za. Non abbiamo bisogno di com­memorazioni per ricordare no­stro padre e sentirne l’assenza: la cicatrice è sempre lì, il vuoto non si può colmare. Come figli, però, siamo orgo­gliosi di pensare che il lavoro cui ha dedicato la sua vita possa rap­presentare ancora oggi, a quasi trent’anni di distanza, un punto di riferimento e un modello a cui ispirarsi per la riflessione e il su­peramento delle difficoltà di una fase storica per molti aspetti non conclusa.

Il seme di speranza che nostro padre vedeva nella presenza di tanti giovani al funerale di tre po­­liziotti, pochi mesi prima di esse­re ucciso, si rinnova nella presen­za degli studenti di Trento, auto­ri del libro «Sedie vuote», alla ce­rimonia del Quirinale. Questo stesso seme è anche il nostro: che la violenza sia lascia­ta alle spalle, la ricerca della veri­tà prosegua e le nuove generazio­ni siano dotate degli strumenti per conoscere gli orrori di un pas­sato ingombrante, che a volte grava ancora sul presente del no­stro Paese. Vorremmo che non pesasse sul nostro futuro.


09 maggio 2009

da corriere.it
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