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Autore Discussione: Guglielmo EPIFANI  (Letto 5872 volte)
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« inserito:: Agosto 04, 2007, 09:36:29 pm »

L'intervista a Guglielmo Epifani, leader della Cgil

«Referendum su intesa. Cgil dovrà difenderla «Bonanni, attento ai centristi»  

 
ROMA — La Cgil ha firmato l’accordo col governo su pensioni e welfare e lo difenderà davanti ai lavoratori. Tutta la Cgil. Anche chi come il leader dei metalmeccanici, Gianni Rinaldini, o il leader della sinistra radicale, Giorgio Cremaschi, non è d’accordo dovrà rispettare il voto della maggioranza della Cgil e invitare i lavoratori a votare sì. Ma detto questo la Cgil vuole che sull’accordo si esprimano con un referendum «tutti i lavoratori e pensionati », come nel ’95 sulla riforma della previdenza. Guglielmo Epifani sta per andare un paio di settimane in vacanza, dopo una trattativa estenuante e prima di una ripresa che si annuncia per lui altrettanto impegnativa.
 
Segretario, un accordo o si firma o non si firma. Che significa la firma «con riserva»?
«La Cgil ha firmato perché si tratta di un accordo positivo, frutto anche del nostro impegno per le pensioni più basse, i disoccupati, i giovani, chi fa lavori faticosi. Nella maggioranza della Cgil non si èmai discusso se firmare o meno, ma di come manifestare le nostre riserve su 4 punti: previdenza agricola, staff leasing, straordinari, contratti a termine. Mi auguro che le nostre richieste vengano accolte dal governo e dal Parlamento».

La firma con riserva sembra un espediente per evitare che la Cgil si spacchi.
«No. Il direttivo si è espresso chiaramente: 92 voti per la firma, 22 contro. L’anomalia non sta nella firma con riserva della Cgil, ma nel fatto che l’intesa è stata sottoscritta da Cgil, Cisl e Uil e solo ieri da Confindustria mentre la Confcommercio ha annunciato che non lo farà e così pare le associazioni dell’artigianato ».

Fine della concertazione?
«Sì in questo senso ho detto che la concertazione è in crisi, non perché volessi diminuire la portata dell’accordo».

È vero che in segreteria ha proposto una manifestazione contro la precarietà?
«Ho proposto tre iniziative. Il referendum fra tutti i lavoratori e pensionati, una manifestazione con Cisl e Uil a favore degli immigrati e una serie di manifestazioni locali più una manifestazione nazionale a Roma a favore dei giovani, in tutti gli aspetti della loro condizione, inclusa la precarietà. So che anche Cisl e Uil sono sensibili».

Ma la manifestazione sarebbe anche per chiedere le 4 modifiche all’accordo?
«L’oggetto dell’iniziativa è molto più ampio. Inoltre essa non potrebbe tenersi che a novembre, perché fra settembre e ottobre dovremo concordare e svolgere con Cisl e Uil il referendum. E quindi spero che per quella data i punti critici dell’intesa possano essere stati risolti in Parlamento».

Ma se la Cgil insiste sulle modifiche, come può fare una consultazione dei lavoratori insieme con Cisl e Uil che difendono l’accordo in toto?
«Che sul mercato del lavoro ci fossero differenze tra noi e Cisl e Uil non è una novità. Nelle assemblee i dirigenti della Cgil chiederanno ai lavoratori di votare sì all’accordo».

Anche Rinaldini, Cremaschi e tutti gli altri che sono contrari?
«I dirigenti della Cgil sanno che le regole democratiche della nostra organizzazione prevedono che essi debbano rappresentare ai lavoratori, che poi sono liberi di votare come vogliono, la posizione espressa dalla maggioranza della Cgil. Non si può andare al referendum con due posizioni».

Ma così non teme di essere scavalcato a sinistra da Rifondazione e dagli altri partiti del la sinistra estrema?
«No. Loro faranno le loro iniziative, noi le nostre, tenendo ferme le nostre richieste di modifica ».

La Cgil parteciperà alle manifestazioni della sinistra radicale?
«Noi pensiamo ad altro. Proponiamo a Cisl e Uil iniziative strettamente sindacali e autonome dalla politica».

Nel frattempo il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, incontra i partiti di centrodestra e ottiene dall’Udc una parziale disponibilità a sostenere alcune parti dell’intesa.
«Non voglio giudicare le scelte della Cisl, maè strano che si chieda consenso sull’intesa fuori dalla maggioranza. Può diventare una polpetta avvelenata».

Per chi?
«Per il governo, ma non so se questa è l’intenzione della Cisl».

Alla Cisl non piace l’idea del referendum. Vorrebbero sentire solo gli iscritti.
«Ne discuteremo. Credo che sia interesse anche della Cisl il referendum perché sono sicuro che il sì vincerà».

C’è un 25% circa della Cgil contro l’accordo mentre da destra le segretarie Marigia Maulucci e Nicoletta Rocchi dicono che è in corso un’Opa della «Cosa rossa» sulla Cgil.
«È un giudizio sbagliato. Chi lo pronuncia mostra di non conoscere la Cgil e di non avere fiducia nella sua autonomia della quale io intendo essere il garante insieme con il gruppo dirigente».

È vero che le è stata offerta la guida della «Cosa rossa»?
«No, è un’invenzione dei giornali».

Il leader dei Ds, Piero Fassino, ha detto di non comprendere le riserve della Cgil sull’accordo.
«Sono invece assolutamente comprensibili, basta entrare nel merito».

Perché è calato il gelo tra Fassino e la Cgil?
«Bisogna chiederlo a Fassino».

E con Prodi come va? È ancora un governo amico?
«Le categorie amico-nemico non ci appartengono. Abbiamo sempre detto che condividevamo importanti parti del programma del governo. Il giudizio sull’esecutivo dipende anche da quello che farà. Sappiamo che ha numeri risicati e una eterogeneità maggiore del previsto, che anche in questa trattativa si è vista. Vedremo, fino a dicembre, se e come riuscirà a condurre in porto l’accordo. È un governo costretto a vivere alla giornata e questo certo non agevola la concertazione».

È vero che lei lavora per far saltare Prodi e favorire l’ingresso del suo amico Veltroni a Palazzo Chigi?
«Altra invenzione giornalistica. Se fosse così, non avrei lavorato per l’accordo e per migliorarne il testo».

Cinque anni fa Sergio Cofferati le ha consegnato una Cgil dove la sinistra radicale era ben distinta dalla maggioranza. Ora sembra che la sinistra abbia preso il sopravvento e i riformisti siano finiti in un angolo.
«È una lettura sbagliata. Questo è il primo grande accordo che la Cgil firma dal ’98, dal Patto di Natale. La Cgil ha dentro di sé più anime. Dal ’77 su tutte le grandi scelte, scala mobile, politica dei redditi, pensioni c’è sempre stata una discussione molto forte. Ma abbiamo regole di democrazia che ci consentono di governare tutto questo. Il pluralismo è un bene e il numero di iscritti alla Cgil continua a crescere».

Adesso però Rinaldini chiede un congresso straordinario.
«Non so se è così. Ne parleremo a settembre. Al direttivo chiederò di parlarne esplicitamente. Non credo che sia necessario un congresso straordinario, ma se qualcuno la pensa diversamente, si faccia avanti. Non lo temo».

Enrico Marro
04 agosto 2007
 
da corriere.it
« Ultima modifica: Luglio 09, 2010, 05:18:20 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Ottobre 31, 2007, 11:15:40 am »

Economia

«La copertura? Ridurre gli sprechi e prelievo sulle rendite finanziarie»

Epifani: «Meno fisco in busta paga»

Il leader della Cgil: piano in 5 anni per aumentare i salari, tagliare 100 euro di tasse al mese


ROMA — Si apre «la fase due dell'azione sindacale». Dopo l'accordo sul welfare e «senza abbandonare l'iniziativa contro la precarietà», è arrivato il momento di mettere al centro della discussione «la questione delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti», chiedendo al governo di «alleggerire il prelievo fiscale sui salari e sulle pensioni di un punto di Pil», cioè 15 miliardi di euro. In pratica, si tratta di «circa 100 euro di tasse in meno al mese» per ogni lavoratore dipendente. «La nostra — dice il leader della Cgil, Guglielmo Epifani — non è una scelta tattica, legata alla Finanziaria, ma un piano di medio periodo».

Ce lo spieghi.
«Si tratta di aumentare gradualmente, nell'arco di 5 anni, la detrazione sul lavoro dipendente. Per un valore che complessivamente non può essere inferiore a un punto del prodotto interno lordo. Avere questo orizzonte di medio periodo è importante, perché ci fa uscire dalle secche della solita discussione che ogni anno facciamo a ridosso della Finanziaria per redistribuire 1 o 2 miliardi, che alla fine non se ne accorge nessuno. Così, invece, potremmo fare un'operazione che ha un senso».

E come pensa che il governo dovrebbe sostituire 15 miliardi di minori entrate?
«Con i proventi della lotta all'evasione e all'elusione, col riordino della tassazione sulle rendite finanziarie e con il taglio degli sprechi che ci sono nella spesa pubblica».

Per lanciare questa campagna per un fisco più leggero lei era d'accordo con i leader di Cisl e Uil, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, di fare una manifestazione nazionale il 24 novembre. Poi avete cambiato idea decidendo di fare l'assemblea dei delegati. Paura di dare la spallata al governo Prodi, visto che il 17 c'è già in programma la manifestazione di Forza Italia sul fisco?
«No. Abbiamo deciso per l'assemblea dei delegati il 24 novembre perché vogliamo mettere a punto una piattaforma completa, che poi verrà discussa nei luoghi di lavoro e infine sarà oggetto di iniziative di lotta. Nella piattaforma ci saranno anche altri due punti: un piano per l'edilizia che, coinvolgendo risorse pubbliche e private, aumenti l'offerta di case in affitto, e la redistribuzione della produttività, attraverso il rinnovo rapido dei contratti di lavoro».

Segretario, non ci crede nessuno che la preoccupazione per il governo Prodi non abbia pesato nella vostra decisione di cancellare la manifestazione.
«La manifestazione non è cancellata. Cominciamo un confronto col governo che non si esaurirà in poche battute. Nella decisione ha pesato piuttosto la volontà di non sovraccaricare le strutture sindacali già impegnate in numerose vertenze contrattuali, che già comportano scioperi e manifestazioni».

È un fatto però che lei dice continuamente che il governo Prodi non deve cadere.
«Sì, ma lo faccio perché con questo governo abbiamo concluso un accordo sul welfare che deve essere tradotto in legge entro il 31 dicembre e perché nella Finanziaria devono essere messe le risorse per il rinnovo del contratto di tre milioni e mezzo di dipendenti pubblici. Se il governo dovesse cadere domani, tutto questo andrebbe perso. Mi preoccupa molto questa situazione di sfilacciamento, questa maionese impazzita».

Ma se è così, quanto può andare avanti questo governo?
«Non lo so. Intanto portiamo a casa la riforma del welfare e il rinnovo dei contratti pubblici. Poi, a gennaio, si potrà fare il punto».

Torniamo ai salari. In Italia sono nettamente più bassi che in Francia, Germania e Regno Unito, dice il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi. E anche il presidente della Confindustria, Luca di Montezemolo, è d'accordo. Ma allora il sindacato non ha saputo difendere i lavoratori.
«No. Siamo in una fase storica, questa della globalizzazione senza regole, dove i rapporti di forza giocano a sfavore del sindacato. Ovunque, negli ultimi decenni, la quota di reddito del lavoro dipendente si è ridotta, ma da noi di più, in particolare a svantaggio dei giovani, delle donne, degli immigrati, del Mezzogiorno».

Scusi, ma sono molti anni che gli esperti dicono che la politica di moderazione salariale sancita dalle regole di contrattazione del '93 andrebbe sostituita con un nuovo modello capace di legare i salari alla produttività aziendale. Però la Cgil è stata sempre contraria.
«Perché quella proposta non mirava ad aumentare le retribuzioni, ma a mutare il peso dei livelli contrattuali a svantaggio del contratto nazionale. Noi invece vogliamo difenderlo e rafforzare la contrattazione aziendale. Comunque, a proposito di come si aumentano i salari, vorrei anche osservare che sono dieci anni che la Cgil chiede ai vari governi di restituire il drenaggio fiscale sulle buste paga, cioè le maggiori imposte che si pagano a causa dell'inflazione. Ma questo non è stato mai fatto, col risultato che oggi il taglio del prelievo fiscale sui lavoratori dipendenti è diventato centrale».

Ma come, anche la Cgil adesso fa sue le parole degli economisti liberali e del centrodestra, che da anni mettono al centro il taglio delle tasse? Di solito la sinistra ha venerato il Fisco. Il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa- Schioppa, ha detto che le tasse sono bellissime.
«La Cgil continua a pensare che non c'è cittadinanza e non ci sono servizi pubblici senza le tasse. Semmai bisogna migliorare la qualità dei servizi. Ma il peso del fisco sui salari è ormai eccessivo. Faccio un esempio, seguendo quanto questo stesso governo ha deciso. I lavoratori autonomi fino a 30 mila euro di reddito pagheranno un'imposta forfettaria del 20%. I salari stanno sotto questa cifra eppure subiscono un prelievo del 27%. Per non parlare del taglio del cuneo fiscale di cui già beneficiano le imprese e del fatto che il prelievo sulle rendite finanziarie resta del 12,5%».

Non mi ha ancora detto se la Cgil è finalmente disposta ad aprire una trattativa con la Confindustria sulla riforma del modello contrattuale.
«Credo che con la Confindustria si debba stabilire il perimetro della discussione e poi aprire la trattativa. Non sottovaluterei, per esempio, il tema della semplificazione. Oggi ci sono circa 800 contratti nazionali. Bisogna ridurli di molto».

Con la nascita del Pd, la Cgil sembra non avere più un partito di riferimento, come accadeva con i Ds e prima ancora con il Pds e il Pci. E lei continua a rimanere alla finestra, per la prima volta senza una tessera di partito.
«Ognuno sarà libero di fare le sue scelte individuali, come sempre. Quanto alla Cgil, dovrà essere sempre di più un sindacato autonomo e di programma, come a partire dai primi anni Novanta lo abbiamo impostato grazie all'impulso di Bruno Trentin. E i partiti della sinistra dovrebbero essere rispettosi dell'autonomia delle forze sociali. Credo che questo sia nelle corde di Walter Veltroni, mentre devo dire che, ultimamente, ho visto riemergere nella sinistra radicale il tentativo di invadere il campo».

Un pezzo della sinistra radicale lei ce l'ha in casa. A partire dalla Fiom.
«Con la Fiom faremo una discussione seria — non un processo, come alcuni dicono sbagliando— perché temo una deriva che separi la Fiom dalla Cgil e viceversa e credo che questo vada evitato».

Con il Partito democratico, le tradizioni politiche che hanno le loro radici nella Dc e nel Pci si sono fuse. Hanno ancora senso tre sindacati: Cgil, Cisl e Uil?
«Le dinamiche delle forze sociali non sono immediatamente riconducibili a quelle della politica. Oggi direi che ci sono ragioni sindacali per rafforzare l'unità tra Cgil, Cisl e Uil, partendo dalle cose. Abbiamo firmato insieme il protocollo sul welfare, insieme abbiamo vinto il referendum, insieme lottiamo per il rinnovo dei contratti e sul fisco. Rafforzare l'unità sarebbe anche un modo per rispondere alle difficoltà del sistema politico istituzionale e al populismo dilagante».

Enrico Marro
31 ottobre 2007

da corriere.it
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« Risposta #2 inserito:: Ottobre 31, 2007, 09:50:40 pm »

L'economista: i conti però non tornano.

Forza Italia: «Una proposta indecente»

«Così Montezemolo paga come gli operai»

Aperture da Zipponi (Prc) e Polito (Pd), che però avverte la Cgil: basta veti ai tagli nel pubblico impiego

 
MILANO - E' difficile trovare, su materie economiche, un punto di intesa tra Antonio Polito e Maurizio Zipponi, ex direttore del Riformista e senatore del centrosinistra (eletto con la Margherita) il primo; ex sindacalista e deputato di Rifondazione comunista il secondo. Un possibile contatto, pur con tutti i distinguo, lo offre la proposta lanciata dal leader della Cdl, Guglielmo Epifani, dalle colonne del Corriere della Sera: ridurre il carico fiscale nelle buste paga dei lavoratori dipendenti per arrivare a garantire loro un aumento di fatto di almeno 100 euro in più al mese. Entrambi i parlamentari si dicono d'accordo. Uno perché «favorevole a qualunque riduzione delle tasse, anche quelle dei lavoratori dipendenti» e perché «lasciare più risorse nelle tasche della gente significa favorire i consumi e quindi rimettere in moto l’economia»; l'altro perché vorrebbe «spostare ricchezza sulle buste paghe » e perché un abbasamento della pressione fiscale sui salari accompagnata da una rimodulazione dei prelievi sulle rendite «permetterebbe a Luca Cordero di Montezemolo di pagare sulle sue stock option almeno quanto il suo operaio che guadagna 1.100 euro al mese, che invece oggi subisce un prelievo più che doppio, del 27% contro il 12,5% previsto per le rendite». Per Zipponi bisogna agire subito, «già in questa Finanziaria», agendo sui contratti in scadenza, che coinvolgono circa 9 milioni e mezzo di lavoratori.


«SINDACATO E COERENZA» - Polito ammonisce però lo stesso Epifani, che individua nella riduzione degli sprechi nella spesa pubblica una delle possibili forme di copertura dei 15 miliardi di euro necessari per equilibrare le minori entrate fiscali che deriverebbero dall'attuazione della sua proposta: «Il sindacato dovrebbe rendersi disponibile anche ad affrontare quei gangli della spesa pubblica, a volte improduttivi, che spesso non vengono toccati proprio per l'opposizione sindacale». E per il capo della Cgil ne ha anche Zipponi, che gli ricorda come la posizione di Rifondazione, contraria al pacchetto welfare, non sia un'ingerenza nel lavoro del sindacato, «che deve essere autonomo e indipendente», bensì un modo per dare voce anche a tutti quei cittadini che non hanno votato a favore del protocollo sullo stato sociale siglato tra governo e parti sociali.


«I CONTI NON TORNANO» - Alla prova dei numeri, però, la proposta di Epifani rischia di non reggere. Ne è convinto Massimo Baldini, docente di Scienza delle Finanze alla Facoltà di Economia di Modena: «Mi sembra che non sia realistica l'ipotesi di copertura - spiega Baldini -. Dalla rimodulazione delle rendite finanziarie si potranno recuperare al massimo un paio di miliardi, se e quando si troverà l'accordo politico per farla questa revisione. Il resto è improbabile riuscire a ricavarlo solo dalla riqualificazione della spesa publica». Questo non toglie che i salari siano effettivamente bassi, in Italia, come evidenziato anche dal governatore di Bankitalia, Mario Draghi. «Ma questo non è dovuto ad un trasferimento di risorse dal reddito al capitale, ma al fatto che l'economia non è cresciuta e da dieci anni a questa parte va male». Per Baldini, dunque, «non bisogna farsi illusioni» perché la proposta di Epifani «non è molto diversa da quella che fece Berlusconi con il primo modulo di revisione dell'Irpef» e non ha efficacia se non accompagnata da «n pacchetto di misure e di riforme del sistema economico». Un intervento fiscale «dà un beneficio di breve periodo ma non garantire che nel lungo periodo i redditi reali possano davvero crescere». Il fisco, secondo il docente, in italia «pesa di più perché abbiamo una spesa pubblica molto concentrata sulle pensioni e quindi è difficile comprimerla nel lungo periodo, anzi aumenterà». La soluzione è allora solo una: «Fare ripartire l'economia in modo stabile senza sperare che l'economia tedesca vada bene: quella della Germania cresce per forza sua, quella italiana va a rimorchio grazie alle esportazioni. Quando ci sarà poco reddito da redistribuire anche gli sgravi fiscali potranno fare poco».


IL GOVERNO - L'uscita di Epifani trova una sponda anche nel ministro del Lavoro, il ds Cesare Damiano: «Penso che il prossimo passo che il governo dovrà compiere, non però in Finanziaria, sarà quello sulla pressione fiscale sulle retribuzioni - spiega il ministro. Avremo modo di discuterne ma questo è l'obiettivo. Poi vedremo se intervenendo sulle aliquote e, magari, sulla quota di restituzione del drenaggio fiscale»


«PROPOSTA INDECENTE» - Dall'opposizione il primo commento - tutt'altro che positivo - alla proposta di Epifani è invece di Benedetto Della Vedova, ex radicale, oggi deputato di Forza Italia. «È indecente - dice il parlamentare - pensare che anzichè riflettere sulla inefficienza della contrattazione collettiva, sui guasti di una arcaica normativa sul mercato del lavoro e sullo scempio di denaro pubblico determinato da un sistema previdenziale assurdamente generoso, si proponga un contributo statale di cento euro a ciascun lavoratore dipendente e pensionato nella forma di un aumento della detrazione sul lavoro dipendente». Per Della Vedova la Cgil è «un sindacato burocratico che si muove con una logica da ente parastatale: incapace di qualsiasi innovazione, non trova di meglio che chiedere "aiuti di Stato" per coprire i suoi fallimenti».

La proposta di Epifani è invece definita «condivisibile» da Paolo Cento, dei Verdi, secondo cui «è necessario uno sforzo collegiale del governo per verificare le risorse disponibili su questo importante obiettivo».

A.Sa.

31 ottobre 2007

da corriere.it
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« Risposta #3 inserito:: Marzo 13, 2009, 11:25:16 pm »

Copiamo Brown. Aliquote più alte per i ricchi e aiuti ai poveri

di Oreste Pivetta


Sempre di crisi si parla, malgrado le perorazioni di Berlusconi a favore dell’ottimismo, mentre il paese reale paga licenziamenti, cassa integrazione e una grande incertezza, e cioè paura, per il futuro. Che si vorrebbe meno tetro, meno incerto. come dirà lo slogan della manifestazione del 4 aprile, a Roma, la Cgil in campo.
Dirà lo slogan: «Futuro sì, indietro no». Cioè andiamo avanti, cercando di uscire dalla crisi con un paese migliore, più equo... Nel segno dell’equità, ha agitato le acque della politica la proposta del leader del Pd, Franceschini: la tassa dei ricchi per aiutare i poveri. Bocciata alla Camera.
Partita chiusa? Lo chiediamo a Guglielmo Epifani, leader della Cgil.
«Ripeto che si tratta di una proposta importante: in una fase transitoria chiedere un piccolo sacrificio ai redditi più alti, per ridimensionare i problemi di chi sta peggio».

Qualcosa che assomiglia alla proposta Cgil: prelievo più forte, aliquota che sale del cinque per cento (dal 43 al 48 per cento) per i redditi superiori ai 150mila euro. Per due anni. Manca un dettaglio: per quali progetti?
«Lo spiegheremo lunedì prossimo. Diremo che cosa si può fare con quei soldi, un miliardo e mezzo di gettito aggiuntivo, per sostenere la cassa integrazione, per introdurre tutele per i precari... Vogliamo dimostrare che cosa significherebbe una misura di quel genere, qui tanto contestata, adottata altrove, ad esempio in Gran Bretagna. Non è un atto contro i ricchi: in questa espressione si introducono una inutile malizia, una forzatura ideologica. Non è neppure una scelta dettata dalla filantropia. Sarebbe una dimostrazione di cultura civile, che sarebbe condivisa dalla maggioranza del paese. Però in questo caso non si fanno sondaggi».

Bossi, dalla maggioranza, è tra quanti sono più sensibili a queste proposte.
«Non mi stupisce. Abbiamo tanti motivi di dissenso con la Lega. Ma questo non ci impedisce di capire che Bossi conosce i sentimenti popolari e quindi sa che persino un governo di centrodestra non può pensare di favorire solo i ceti più abbienti, ma deve anche ispirarsi a un principio di equità».

C’è stata una critica da sinistra: non è così che si fa, è beneficenza, bisogna far la lotta all’evasione fiscale...
«La sinistra è sempre pronta a dividersi... È ovvio che una cosa si salda all’altra e che purtroppo la lotta all’evasione fiscale s’è indebolita. Pochissimo si è badato ad alcuni dati, che mostrano come il saldo finale delle entrate fiscali del 2008 indichi la crescita di una sola voce, di una sola imposta, quella che pagano lavoratori dipendenti e pensionati. Pagano sempre i lavoratori...».

Anche con l’innalzamento dell’età pensionabile. Sacconi ieri ha messo lo stop, ma la questione gira e rischia di diventare davvero un grimaldello.
«C’è chi sostiene che bisogna approfittare della crisi per decidere riforme importanti. Ma non si capisce perchè si alluda solo a riforme che peggiorano le condizioni dei lavoratori. La storia delle pensioni per le donne del pubblico impiego a 65 anni è priva di senso e per di più contraddice la realtà di richieste sempre più alte di pensionamenti e prepensionamenti. Siamo all’assurdo. Altra cosa è ragionare sulla flessibilità dell’età pensionabile, come ha proposto la Cgil. Vorrei precisare intanto che i conti dell’Inps sono floridi e resta risolvere la questione dei lavori usuranti e dei coefficienti».

La Cgil ha posto con forza la questione della durata della cassa integrazione, mentre Sacconi si vanta d’aver messo insieme il sistema più evoluto, moderno, bello di protezioni sociali.
«Sacconi si incensa, ma i meccanismi individuati non sono adeguati e sui soldi bisogna stare attenti. Chiedetelo a Formigoni o alla Bresso, che non hanno più quattrini per pagare la cig in deroga. Il dramma adesso sta nella fine per molti della cassa integrazione ordinaria: cinquantadue settimane sono passate per molti e si vede che la crisi si prolunga nel tempo, si vede che la domanda è costantemente ferma...».

Sembra che l’unica ricetta anticrisi sia nel rilanciare i consumi...
«Il governo italiano, solo tra i grandi paesi, ignora due questioni. La prima è quella ambientale: nessuna politica per il risparmio energetico, nulla sulle fonti rinnovabili, unico passo l’accordo francese sul nucleare per importare tecnologie arretrate, rimosso il tema delle bonifiche industriali. La seconda: il rilancio dei servizi, sanità, scuola, trasporti, università, ricerca per i quali l’unica misura adottata è quella del “taglio”».

Berlusconi riscopre intanto la casa...
«Una proposta molto furba, perchè parla a una parte del paese, anche a cittadini a basso reddito, ai quali dà facoltà di alzare un sopralzo, allargare la villetta... a breve porta un po’ di soldi alle amministrazioni locali e fa lavorare uno stuolo di professioni, geometri, architetti, aprendo la strada ai veri speculatori, che potranno demolire, ricostruire, alzare, ampliare».

Il 4 aprile la manifestazione della Cgil.
«E sarà una grande manifestazione: “futuro sì, ma indietro no”. Vuol dire che la Cgil si misura con la sfida del cambiamento e del futuro... ».

Una sfida che si può vincere?
«Il governo manifesta debolezze. Il blocco sociale che lo regge non è così compatto. Basterebbe considerare che cosa significa per la picccola e media impresa la sua politica».

Vasco Rossi parteciperà al concerto del Primo Maggio. Per Cgil Cisl Uil sarà l’unico appuntamento unitario?
«Ringrazio Vasco Rossi, per questo suo omaggio al mondo del lavoro. Il Primo Maggio è dedicato ai giovani e anche le divisioni arretrano di fronte ai giovani. Da Cisl e Uil molte cose ci dividono, a cominciare dal modello contrattuale. Con l’intesa raggiunta da Cisl e Uil si riduce la qualità e la dimensione della contrattazione, nazionale o decentrata. Così il sindacato è più debole».

opivetta@unita.it


13 marzo 2009
da unita.it
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« Risposta #4 inserito:: Settembre 12, 2009, 11:36:41 pm »

La trincea di Epifani


di Paola Pilati


Meno tasse e più salari per i lavoratori dipendenti. Salvare le imprese e impedire che si perdano nuovi posti nell'industria.

Ritrovare un fronte unitario con la Cisl e l'Uil. Così la Cgil vuole tornare protagonista
 

All'angolo, anche se non lo ammetterà mai, c'era finito davvero. Dopo il no al nuovo sistema contrattuale, in aperto conflitto con il governo - impersonato dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi - e con i compagni di strada di un tempo, la Cisl e la Uil, il capo della Cgil Guglielmo Epifani si era arroccato dentro il palazzone di Corso d'Italia, dipinto come il simbolo dell'oscurantismo sindacale: passatismo, attaccamento ai vecchi rituali, subordinazione all'ala più 'gauchiste' della sua organizzazione, i metalmeccanici della Fiom. Ora Epifani può celebrare il suo ritorno in pista, la sua rivincita, il suo 'io l'avevo detto'. Non solo perché anche i più falchi tra gli industriali ammettono che della Cgil non si può fare a meno. E non tanto per l'invito a parlare in duetto virtuale con Emma Marcegaglia, capo della Confindustria, proprio nel gran finale del convengo Ambrosetti a Cernobbio, dove si fa il sommario dell'agenda autunno-inverno di politica ed economia, ma per via di un indice: l'indice dell'inflazione sterilizzato del costo dell'energia.

Quel numerello che deve servire a calcolare gli aumenti salariali, e che prende il posto della vecchia inflazione programmata, ha giocato un brutto scherzo ai sostenitori del nuovo sistema contrattuale, proprio alla vigilia della sua prima applicazione. Invece di calmierare gli aumenti, appare più 'grasso': quest'anno è all'1,5 per cento, mentre l'inflazione reale corre allo 0,2 (ad agosto). Insomma, invece di frenare, rischia di spingere i salari. E, quel che più importa, di assorbire con un meccanismo automatico tutte le risorse possibili, togliendo spazio di manovra a qualsiasi trattativa contrattuale. All'allarme di Renato Brunetta nella veste di datore di lavoro degli statali, si aggiunge l'allarme degli industriali, che si ritrovano alla vigilia di una tornata di rinnovi contrattuali (vedi box a pag. 55) a guidare una macchina che è già in panne.

È per questo che Epifani riprende la palla, e si appresta a giocare il suo ruolo in partita. Cominciando a lanciare due messaggi. Primo: meno tasse per i lavoratori dipendenti come condizione che segni la prossima stagione contrattuale. Secondo: che c'è spazio per ritrovare un fronte unitario nel sindacato, anche nei casi più delicati come quello dei metalmeccanici.

Contento che il nuovo sistema contrattuale da voi tanto combattuto si sia impantanato?
"La cosa che mi preoccupa di più, in questo momento, è che si restringa la base produttiva. Ci troviamo di fronte a un autunno-inverno durissimo e, come ha detto anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il primo obiettivo è salvare più imprese possibile, non mettere sulla strada i lavoratori e occuparsi di quelli che il lavoro l'hanno già perso e a cui in questi giorni finisce la cassa integrazione".

Paura che con l'emergenza gli imprenditori assecondino la tentazione a sfilarsi dalle situazioni difficili, insomma a tagliare la corda?
"Sì. Ma chi lo fa, lo fa al buio, perché non può sapere che tipo di mercato ci sarà dopo la crisi. Quindi quando sento che si minacciano chiusure nell'indotto di Melfi, o che Zegna chiude a Chieti per portare a Biella, non sono soltanto preoccupato che sia il Sud - dove ci sono le filiere manifatturiere più deboli - a pagare il prezzo più alto della crisi, ma che lì il taglio di 20-30 mila lavoratori sarà più difficile da ricostruire. Fatta così, è una ristrutturazione che renderà più rigida la capacità produttiva. Oggi riduci i costi, ma chiudendo fai una scelta di non ritorno. Non è un caso che persino la Confindustria stimi che siano a rischio un milione di piccole e medie imprese".

Nelle crisi il mestiere del sindacalista dà il meglio: vi siete ricompattati con Cisl e Uil?
"È vero, quando c'è la crisi si lavora unitariamente. Per questo è stato un errore forzare sulla divisione in nome di un nuovo modello contrattuale. Per affrontare una tempesta di queste proporzioni sarebbe stato meglio non dividere il sindacato".

Ha sentito qualche mea culpa nel fronte sindacale?
"No. Quando ci sono opinioni così radicalmente opposte, sì o no a un modello, è difficile recuperare il dialogo, cosa che io ritengo necessaria. E per farlo, occorre ascoltare tavolo per tavolo le ragioni della Cgil. Altrimenti c'è il rischio di accordi separati, e tutto sarà più difficile".

La piattaforma degli alimentaristi è già unitaria. Il problema sono i soliti metalmeccanici, con due piattaforme contrattuali differenti: Fiom da un lato, Fim e Uil dall'altro. Sì può ancora rimediare alla divisione?
"Sì. La posizione della Fiom è la seguente: di fronte a questa divisioni adottiamo una soluzione ponte, transitoria. Insomma, una fase di sospensione di fronte alla crisi, e poi riprenderemo il discorso. Speriamo senza divisioni".

Accettereste un rinvio anche per il contratto del pubblico impiego?
"Sento dire che non ci sono risorse, che bisogna superare il 2010. Ma non è quello che vuole il sindacato".

Brunetta appare preoccupato: si stimano 7 miliardi di spesa in tre anni solo per adeguare le buste paga al nuovo indice dell'inflazione.
"Si sapeva da un pezzo, e noi l'avevamo detto. Se scegli un indice che non è legato all'inflazione reale, ma elimina i prezzi dell'energia importata, cioè del petrolio, che è una variabile impazzita, hai una situazione paradossale: produci, di fatto, un indice in cui dai un peso speciale alla speculazione sul petrolio".

Con la crisi, le risorse sono scarse. Che messaggio vi resta da dare al popolo del lavoro dipendente, ora?
"Che i salari sono troppo bassi, e che uno dei modi per affrontare la questione è il fisco. Nei prossimi cinque anni il peso del fisco sui redditi da lavoro dipendente e pensione crescerà in termini reali. Emergenza o no, questo tema il governo deve averlo chiaro".

Anche la Confindustria potrebbe avere un interesse a chiedere sgravi fiscali al governo...
"Ne parla, ma deve diventare anche per loro una priorità: aiuterebbe i lavoratori a consumare e spendere di più, e l'impresa a affrontare i nuovi contratti".

Cosa date in cambio?
"La flessibilità per governare le crisi. Da noi non sono successe le cose che sono avvenute in Francia, come i rapimenti dei manager. Da noi anche le forme simboliche di protesta, come salire sulla gru o fare lo sciopero della fame, i lavoratori le vivono sulla propria pelle. Si temeva la ribellione violenta, e si scopre un mondo che dà segni di responsabilità".

Vi basta il taglio delle tasse?
"Ci sono altre due leve per migliorare i redditi. I contratti nazionali, con l'estensione del secondo livello di contrattazione, e quella che chiamerei 'contrattazione sociale' territorio per territorio. Cioè trattare per ottenere quello che una volta si definiva salario sociale: gli asili nido, il funzionamento dei servizi, la casa. Cose che per i lavoratori fanno la differenza più di un aumento contrattuale".

I poteri locali diventano quindi vostre controparti?
"Sì: comuni e regioni diventano sempre più importanti. Il nuovo modello di sviluppo del futuro non potrà essere solo basato su domanda estera, ma aumenterà il peso della domanda interna: che vuol dire capacità di spendere, investimenti in ambiente, in reti pubbliche e servizi sociali".

La Banca d'Italia sostiene che gli aumenti delle retribuzioni debbano rispecchiare gli aumenti di produttività. C'è spazio per questo?
"C'è nel settore industriale, dove le grandi aziende sono più diffuse, ma in altri settori, come nei servizi, è assente. Per chi la produttività non la recupera mai, è solo il contratto nazionale che può fare da regolatore. Aggiungo che è solo la retribuzione del contratto nazionale, quella uguale per tutti da Aosta a Pantelleria, che può essere utilizzata per fare una politica dei redditi. Se il governo volesse alleggerire la pressione fiscale sul lavoro dipendente, noi ne terremmo conto moderando le nostre richieste. Se invece, come avviene, il governo fa tutto il contrario, non può pretendere che noi non tentiamo di recuperare quella parte che il fisco si mangia, per aumentare i salari per tutti".

Aumenti uguali per tutti: non è un tabù superato?
"No: è una scelta: il salario nazionale deve essere uguale per tutti. È il valore che do alla prestazione professionale di un lavoratore. Un giornalista, o un operaio, lo pago per quel lavoro allo stesso modo sia a Milano che a Palermo".

Si può immaginare che offriate un baratto: dateci meno tasse e noi rinviamo i rinnovi contrattuali?
"Se il governo affrontasse seriamente il peso del fisco per tutti i lavoratori, la contrattazione ne terrà conto. Sappiamo che non possiamo chiedere la luna: se il governo decidesse di tagliare il peso del fisco per il lavoro dipendente, è chiaro che la politica contrattuale da parte nostra sarebbe più attenta. Se non lo fa, ne consegue che dobbiamo chiedere più salario".

Dopo l'incontro di Cernobbio con Emma Marcegaglia, vi siete dati un appuntamento a un tavolo comune?
"Non ci sono team al lavoro, ma si sono aperti degli spazi. Soprattutto, è chiaro che nessuno può pensare di mettere la Cgil all'angolo".

(10 settembre 2009)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #5 inserito:: Dicembre 25, 2009, 11:10:22 pm »

ECONOMIA
     

I ricercatori precari dell'Ispra sono stati 'chiusi dentro', e il senatore Marino stamattina ha dovuto scavalcare i cancelli con la troupe del Tg3 per raggiungerli

Natale sul tetto o in fabbrica per precari e cassintegrati

I dipendenti della Fiat di Pomigliano occupano dal 16 il municipio

Oggi la messa con il vescovo di Nola. Presidiano la fabbrica anche i dipendenti Eutelia

di ROSARIA AMATO


ROMA - Natale in fabbrica, o sul tetto, o all'interno del municipio occupato da giorni: i figli dei precari e dei cassintegrati della Fiat, dell'Ispra, di Agile, del pastificio Russo, non hanno chiesto quest'anno a Babbo Natale un giocattolo, ma il posto di lavoro per i loro genitori. Che anche nella notte tra il 24 e il 25 dicembre hanno continuato a presidiare il posto di lavoro, sperando che il clamore suscitato dalle loro vicende possa portare qualche novità positiva nel 2010.

Ispra: cancelli chiusi, niente cibo. Per i ricercatori precari dell'Ispra (l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale istituito nel 2008) l'unica novità è stata la chiusura dei cancelli, con divieto assoluto a chiunque di entrare negli spazi dell'Istituto tranne che per motivi di emergenza. Tanto che questa mattina il senatore del Pd Ignazio Marino, che già ieri aveva annunciato che avrebbe passato il Natale con i duecento precari che il 31 dicembre perderanno il posto di lavoro (come già altri loro 200 colleghi nel giugno di quest'anno), per raggiungere i ricercatori che protestavano ha dovuto scavalcare i cancelli.

"Per ora abbiamo ancora un po' di provviste - dice Massimiliano Bottaro, uno dei ricercatori precari che da 32 giorni sta occupando il tetto dell'Ispra, per protestare contro lo smantellamento di fatto dell'Istituto - e per i prossimi giorni ci arrangeremo, vorrà dire che andremo in controtendenza, anziché ingrassare a Natale per un eccesso di pranzi e cene, dimagriremo un po'...".

Battute a parte, la chiusura dei cancelli dell'Ispra è stata vista dai ricercatori in sciopero come l'ennesimo atto di disattenzione e di prepotenza: "Siamo stati sentiti in Commissione Ambiente sia della Camera che del Senato, due giorni fa finalmente dopo 30 giorni d'indifferenza c'è stato il comunicato del ministro Prestigiacomo - ricorda Bottaro - che si è mostrata molto aperta nei nostri confronti, c'invitava a scendere dal tetto e chiedeva però al governo di valorizzare l'ampio valore delle competenze dell'Ispra. Fino a ieri quindi c'era un clima disteso. Poi ieri s'è cominciato a parlare di sgombero, e dopo lo sgombero ci è stata annunciata la chiusura dei cancelli, che di fatto ci isola dal resto del mondo. Si sono uniti alle nostre proteste l'onorevole Madia, il Tg3, che segue la nostra protesta, il sindacato RDB Cub. Per cui alla fine ieri sera i cancelli sono rimasti aperti, ma questa mattina li abbiamo trovati chiusi. In teoria, non possono passare neanche le persone che vengono a portarci generi di prima necessità, possono entrare solo le persone autorizzate dalla struttura commissariale. Oggi aspettiamo ancora visite di esponenti politici che ci hanno dichiarato la loro solidarietà: alle 15 Furio Colombo, alle 17 Roberto Della Seta, attuale presidente di Legambiente. Siamo anche sorvegliati dalle forze dell'ordine, c'è una pattuglia in borghese. Non capiamo il perché di un atteggiamento così chiuso nei nostri confronti. Noi siamo gente che ha sempre lavorato dentro lo Stato. E per il primo gennaio, quando i nostri contratti saranno scaduti e non avremo più titolo per rimanere qui, a questo punto temiano lo sgombero".

A Pomigliano gli operai in municipio. Anche a Pomigliano d'Arco, in Campania, ci sono 92 lavoratori precari della Fiat che stanno per perdere il posto di lavoro, e che dal 16 dicembre occupano il municipio della città. Con loro, oltre al sindaco, si è schierato anche il vescovo di Nola, Beniamino Depalma, che oggi alle 18 celebrerà la messa di Natale nel municipio insieme agli occupanti e alle loro famiglie. Il problema non è solo di coloro che stanno per perdere il posto di lavoro: anche gli altri 5000 dipendenti sono da tempo in una situazione estremamente incerta, lavorano sì e no una settimana al mese, e per il resto c'è solo la Cassa Integrazione.

Le assicurazioni dell'amministratore delegato della Fiat, fatte il 22 dicembre nel corso dell'incontro con il governo a Palazzo Chigi, non li hanno affatto tranquillizzati: "Il 30 avremo un nuovo incontro in prefettura, con il prefetto, i sindacati e un paio di sindaci che ci sono vicini. Però non vediamo novità immediate, - spiega Domenico Loffredo, Rsu della Fiom - continuiamo a lavorare tre giorni, quattro mesi al mese al massimo, e dalle dichiarazioni che sono state fatte a Palazzo Chigi penso che questa situazione andrà avanti per un bel po'. Certo, nel 2012 dovremo entrare nel ciclo produttivo della Panda e lavorare un pochino di più. Però intanto l'altro modello che abbiamo, la 159, tra due anni sarà finito, ci ritroveremo probabilmente nella stessa situazione, visto che la 147 è ormai praticamente dimessa. Siamo preoccupati, non vorremmo che parlare della Panda fosse solo un modo per tenerci buoni nel frattempo".

Intanto, gli operai di Pomigliano, nonostante abbiano dormito nel municipio, con le loro proteste, non hanno rinunciato al pranzo della vigilia di Natale: "C'è un presidio permanente, ma abbiamo voluto fare lo stesso una minicena di Natale. Anche oggi saremo lì tutta la giornata, e alle 18 ci sarà la messa con il vescovo".
Anche gli operai Fiat di Termini Imerese, stabilimento che verrà chiuso entro il 2011, come ha annunciato Marchionne, hanno organizzato scioperi e proteste anche per i giorni di festa.

Eutelia: "Rimaniamo nell''azienda". Anche i dipendenti dell'Agile (ex Eutelia) di Pregnana Milanese sono rimasti all'interno dell'azienda, occupata da quasi due mesi. Lo hanno deciso ieri, durante l'assemblea organizzata dai sindacati per "valutare le forme di mobilitazione" dopo la decisione del Tribunale civile di Roma di disporre il sequestro dei beni dell'azienda e di nominare tre custodi per gestire l'ordinaria amministrazione. "Siamo soddisfatti di questo passo avanti - ha detto Angelo Pagaria, delegato della Fiom-Cgil - e ci auguriamo di incontrare i custodi subito dopo Natale. In questa fase bisogna agire molto velocemente, ripristinare le attività produttive, saldare i debiti con i fornitori e garantire ai dipendenti, da mesi senza stipendio, il pagamento degli arretrati".

I lavoratori rimarranno però in presidio "fino a quando non verranno date garanzie alle 200 persone che rischiano il licenziamento nello stabilimento di Pregnana", che conta circa 400 dipendenti. "Rimaniamo nell'azienda in turni di 10-15 persone, e qualcuno di noi trascorrerà il Natale in presidio. Porteremo spumante e panettone - ha concluso Pagaria - e cercheremo comunque di festeggiare".

© Riproduzione riservata (25 dicembre 2009)
da repubblica.it
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« Risposta #6 inserito:: Maggio 09, 2010, 09:15:38 am »

 08 maggio 2010, 21:25

Cgil, vince la linea riformista

La Cgil sceglie di dare ascolto all'apertura della Cisl a ritrovare il terreno per una confronto unitario e, di fronte al dilagare della crisi economica, invita il governo a mostrare 'responsabilità sociale', fermando il proposito di modificare l'impianto dei diritti del lavoro. il sindacato chiude il suo XVI congresso senza l'unanimità ma il segretario generale, Guglielmo Epifani, termina il suo mandato con una risposta netta


La Cgil chiude il suo XVI congresso senza l'unanimità ma il segretario generale, Guglielmo Epifani, termina il suo mandato con una risposta netta alla seconda anima della Cgil. La maggioranza dell'organizzazione ha approvato con largo consenso la linea riformista e la maggioranza della Fiom viene messa all'angolo, anche grazie ad una modifica statutaria che il sindacato dei metalmeccanici guidato da Gianni Rinaldini non ha per niente gradito

Nel corso dei suoi lavori l'organizzazione ha votato una modifica allo statuto che affida al solo comitato direttivo il pronunciamento sulle piattaforme e gli accordi interconfederali.
Un modo per chiarire definitivamente la linea di intervento dell'organizzazione nei casi come quello emerso in occasione del protocollo sul welfare, quando la Fiom nell'autunno 2007, si espresse in modo contrario rispetto alla confederazione. Un punto su cui, ha annunciato oggi il leader della Fiom, Gianni Rinaldini, i rappresentanti della seconda mozione intendono continuare la battaglia in seno al direttivo. Come, tuttavia, la minoranza, che rappresenta una larga parte della Fiom e che si è' organizzata attorno alla mozione due 'La Cgil che vogliamo', si organizzerà per far sentire il suo peso ancora non è deciso: secondo l'attuale segretario della Fiom, non con una cosiddetta area programmatica formalmente costituita.

Oggi l'assemblea della Cgil ha invece dato mandato al rieletto segretario Epifani di portare avanti una linea politica votata dall'82,04% dei congressisti. Anche se non mancherà lo sforzo per cercare di ricomporre le divergenze e 'governarle', 'l'esito del congresso è chiaro, il voto degli iscritti ci consegna la linea della Cgil e va rispettato', si legge nel documento politico conclusivo.
La Cgil parla di un vero e proprio 'manifesto', nel quale le proposte per la democrazia 'sono l'orizzonte in cui costruire un'ampia stagione di mobilitazione, alleanze più vaste'. Anche laddove si parla dei rapporti con il governo la Cgil ritiene che 'comunque sia sua responsabilità indicare i terreni su cui provare a ricostruire un lavoro comune'. Sul modello contrattuale chiede di trovare 'un accordo condiviso sulle regole della democrazia' e si dice 'pronta a riprendere il confronto unitario'. Quindi la Cgil andrà avanti nel suo proposito di riportare l'organizzazione ai tavoli delle trattative perché, sostiene Epifani, 'il conflitto da solo non porta a nulla'.
Al Congresso intanto sono state sostanzialmente confermate le percentuali ottenute dalle due mozioni congressuali, che erano state rispettivamente l'82,92% ed il 17,08%.

La Cgil sceglie di dare ascolto all'apertura della Cisl a ritrovare il terreno per una confronto unitario e, di fronte al dilagare della crisi economica, invita il governo a mostrare 'responsabilità sociale', fermando il proposito di modificare l'impianto dei diritti del lavoro.
Per Epifani il dialogo con Cisl e Uil deve ripartire proprio per fare fronte alle difficoltà poste a lavoratori e pensionati dalla difficoltà di questo momento. 'Avevamo detto che sarebbe stato il congresso della crisi e nella crisi. E guardate quello che è successo: prima lo sciopero e la tragedia in Grecia, oggi una nottata drammatica in cui i capi di governo dell'Unione si sono riuniti d'urgenza'.
Il dialogo, dunque, 'ripartirà dai punti su cui è possibile ripartire. Abbiamo tante divisioni che restano, possiamo provare a lavorare su alcune questioni: la democrazia, la rappresentanza, la condizione del Mezzogiorno, il fisco'. Su questi terreni 'bisogna provare a dare non solo una prova di buona volontà ma provare a fare qualcosa di utile per i lavoratori'.
Alla Cisl e alla Uil 'va il rispetto della Cgil perché rappresentano milioni di lavoratori. Pretendiamo però analogo rispetto per le scelte che abbiamo fatto'; allo stesso modo, chiarisce il segretario, rieletto sulla contrattazione la Cgil non vuole stare nell'angolo. 'Per una forza troppo grande e troppo orgogliosa per essere subalterna, non restava altra strada che la riconquista immediata di ciò che l'accordo separato aveva provato a negarci'.

Intanto, lo stesso atto di responsabilità che spinge l'organizzazione a ricercare il dialogo con gli atri sindacati per il bene dei lavoratori, Epifani lo chiede al governo che, fino ad ora ha 'usato la crisi per indebolire i diritti dei lavoratori'. Di fronte a questo 'secondo tempo della crisi, dobbiamo usare intelligenza e responsabilità nazionale. E, prima della nostra, che comunque c'è e ci sarà, ci vorrebbe però un atto di responsabilità e saggezza da parte del governo. Fermi- conclude Epifani - questa costruzione legislativa che prova a smontare i diritti' dei lavoratori.

http://www.aprileonline.info/notizia.php?id=14841
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« Risposta #7 inserito:: Giugno 19, 2010, 09:09:40 am »

Alfiero Grandi,   18 giugno 2010, 15:56

Pomigliano, la via polacca

L'intervento     
Era possibile respingere almeno gli aspetti più inaccettabili del ricatto? Quanto meno andava tentato. E' vero che il Governo ha fatto di tutto per peggiorare le cose. La Fiat voleva veramente ritirarsi dall'impegno di investire a Pomigliano? Questo non è dimostrato.
Marchionne aveva affermato che era pregiudiziale l'accordo di tutti i sindacati, poi si è accontentato di un accordo separato. Se la via polacca era così tranquilla perché Fiat si è presa questa rogna?


Non sono cose diverse: c'è tra loro un collegamento preciso.

1) Pomigliano.
La Fiat ha agito con spregiudicata durezza e ha messo sul tavolo un ricatto verso i sindacati e i lavoratori: o si accettano le condizioni della Fiat o lo stabilimento, e quindi l'occupazione, non ha futuro.

Purtroppo il ricatto è scattato, i sindacati si sono divisi, il Governo si è schierato con la Fiat, ancora una volta si è arrivati ad un accordo separato. Nel pacchetto dell'Azienda c'è un drastico peggioramento delle condizioni di lavoro, una lesione del diritto di sciopero, fino ad investire quanto previsto dalla Costituzione, la malattia diventa fonte di sospetto assenteismo anche per chi è veramente malato.

Era possibile respingere almeno gli aspetti più inaccettabili del ricatto? Quanto meno andava tentato. E' vero che il Governo ha fatto di tutto per peggiorare le cose.

La Fiat voleva veramente ritirarsi dall'impegno di investire a Pomigliano? Questo non è dimostrato. Marchionne aveva affermato che era pregiudiziale l'accordo di tutti i sindacati, poi si è accontentato di un accordo separato. Se la via polacca era così tranquilla perché Fiat si è presa questa rogna?

In ogni caso ha ragione chi dice che così sono messe in discussione leggi di tutela dei lavoratori come lo Statuto e la stessa Costituzione, che non a caso il Governo ora propone di cambiare a partire dall'articolo 41, cercando di realizzare un suo antico obiettivo. In sostanza erano e sono in gioco questioni di principio, diritti indisponibili. La condizione di lavoro a Pomigliano, dopo l'accordo separato, peggiorerà drasticamente. I ritmi entreranno in una fase parossistica, addirittura regolati dal computer con calcoli al centesimo.
Se fosse vero che questo accordo diventerà la pietra miliare di una nuova fase economica e sociale avremmo un ritorno ad uno sfruttamento selvaggio, senza regole, che aumenterà drasticamente la forbice sociale in Italia: chi comanda e chi è comandato.

2) Governo.
Il Governo fa scelte che non danno al sistema economico alcun supporto. Confindustria ed altri chiedono sempre più stancamente sgravi fiscali senza ottenere risposta. In realtà Confindustria e c. sembrano appagati da una serie di tagli pesantissimi alle Regioni (non è certo casuale la ribellione - finché durerà - di Formigoni) agli Enti locali, al pubblico impiego e alla scuola.
In cambio dei mancati sostegni all'economia il Governo offre pieno sostegno alla linea di attacco ai diritti dei lavoratori e interpreta la globalizzazione come un prezzo da pagare tutto nel campo dei diritti dei lavoratori. Poco importa che Tremonti avesse detto esattamente il contrario sulla globalizzazione e le imprese fino a poco fa.

Il patto con le imprese è questo: poco sostegno economico in cambio di mano libera nelle relazioni sindacali e sui rapporti di lavoro.

Di qui le affermazioni di Sacconi e Tremonti a sostegno prima della Fiat e poi dell'accordo separato, dipinto come l'alfa e l'omega nelle future relazioni sindacali.

Di più, i Ministri hanno giocato un ruolo estremista volto a dividere il sindacato e ad isolare la fiom. In passato il Governo cercava di assumere un ruolo (più o meno) di mediazione nelle relazioni sindacali. Ora non più, il Governo guida la pattuglia degli estremisti.
Servirà allo scopo questa linea del Governo? Non sembra proprio.

I tagli sono certamente iniqui, distribuiti solo su alcuni senza chiedere nulla ai più ricchi, ma soprattutto non avranno gli effetti benefici tanto strombazzati. Si fanno paragoni tra i tagli italiani e quelli di altri paesi, dimenticando di dire in quanti anni sono distribuiti.

Questa manovra non dà nulla al sostegno dell'economia, dell'occupazione, delle aree sociali più deboli. Nessun progetto. Eppure tra non molto saremo da capo e il Governo dovrà rimettere fare una nuova manovra perché le entrate fiscali continuano a calare e non basterà, per rimediare, riesumare qualche misura del centro sinistra contro l'evasione, dopo averla abolita con furia iconoclasta. Dopo lo scudo per i capitali illegalmente esportati, ora l'attesa è per altri condoni, non certo per una politica seria di lealtà fiscale.

Quindi sul fronte delle entrate le prospettive non sono buone e non a caso in Europa qualcuno sta controllando le misure del Governo perché non è convinto dei risultati attesi. Per di più senza sostegno ai redditi più bassi e da lavoro la domanda interna non riprenderà e quindi l'economia italiana è destinata a peggiorare, o comunque a non crescere. Naturalmente la crisi non è uguale per tutti. Chi non è toccato dalla manovra non paga nulla. Altri ne sopporteranno tutto il peso.

Le aziende si sono convinte che debbono fare da sole e quindi se la prendono con i lavoratori. Più precarietà, ritmi più frenetici, più sfruttamento, parola antica ma attualissima, e salari bassi, molto bassi, tra i più bassi d'Europa.

Il mondo delle imprese ha serie responsabilità in questa situazione, del resto una parte ha responsabilità di primo piano nel sostenere questo pessimo e pericoloso Governo. Ancora in questi giorni il Presidente di Confcommercio ha fatto sostanzialmente uno spot per Berlusconi. Troppe aziende hanno deciso che a pagare il costo della ripresa debbono essere i lavoratori e in questo cammino pensano che non sono le leggi a stabilire le regole ma le aziende a deciderle, fino a cambiare le leggi esistenti e se occorre la Costituzione.
In sostanza mettendo in discussione le regole sociali e sindacali. Per farlo occorre stabilire una gerarchia sociale precisa, con decisioni unilaterali, con una subalternità del lavoro. Pomigliano sta in questo quadro.

E' l'unica via ? No. Come non è l'unica via una manovra che ancorché iniqua è fatta solo di tagli. Il problema di fondo è che un'alternativa è possibile solo mettendo in discussione i presupposti, i fondamentali e offrendo un quadro diverso, una prospettiva diversa.
Così si va alla restaurazione di antichi rapporti di forza, arretrando di decenni. Il patrimonio umano verrà annichilito, salvo che per una piccola fetta dominante.

Pomigliano e la politica regressiva del Governo sono legati. Anche un'alternativa politica, economica, sociale deve connettere i 2 aspetti.
Una diversa politica economica non può che basarsi su una valorizzazione del lavoro, delle sue potenzialità, del suo apporto intelligente.
Occorre un nuovo patto sociale tra impresa e lavoro fondato su una diversa prospettiva di politica economica e quindi su un altro Governo.

In questo senso la questione politica è urgente.

Una diversa prospettiva è fatta anche di non lasciare più sullo sfondo la riflessione su una nuova qualità dello sviluppo.
Da tempo sappiamo che non si può avere la continuità di questo modello di sviluppo. Così scoppia tutto. Il limite di Pomigliano e della questione Fiat in generale è che manca - per responsabilità anzitutto del Governo - una riflessione sul futuro del sistema produttivo, da orientare su una nuova qualità dei prodotti, dei consumi, su una nuova politica energetica. Tutta la discussione tra Governo e Fiat ha riguardato le rottamazioni, ma sempre delle auto, più o meno delle stesse auto. Ora il nostro paese dovrebbe interrogarsi sul futuro, sulla transizione verso un altro modello di sviluppo e in questo quadro ricomporre un rapporto diverso, dialettico ma leale tra sindacati, lavoratori e imprese e Governo.

Affrontare Pomigliano (o Termini Imerese) come un passaggio verso un futuro diverso potrebbe consentire di rendere almeno transitori gli aspetti più duri della condizione di lavoro. Risposte diverse possono non dare risultati immediati ma almeno sarebbero la premessa di un futuro migliore.

Se tutto invece è ridotto a comando, bastone, allora in effetti ci sono leggi che danno fastidio e anche la Costituzione è un problema.
Ma che paese sarebbe quello descritto da tante Pomigliano e da una politica di tagli alla cieca che si ripetono nel tempo senza risolvere il problema di fondo della qualità sociale ed economica del nostro paese?

http://www.aprileonline.info/notizia.php?id=15160
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