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Autore Discussione: Hillary, i mea culpa e Fonzie-Barack  (Letto 2042 volte)
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« inserito:: Aprile 20, 2009, 11:56:52 am »

IL CASO

Hillary, i mea culpa e Fonzie-Barack

La lezione di «Happy Days»


Se fossero vivi i vecchi maschi bianchi che hanno fatto la politica del contenimento e la guerra fredda, correrebbero a farsi un triplo scotch. Quando li ascoltano quelli soprannominati Ugly Americans (dal titolo di un bestseller del 1958), i «brutti americani» isolazionisti-imperialisti, fanno battute politicamente scorrette. Ma quando li vedono i loro elettori, in genere più giovani, magari inclini a collegare la linea del «soft power» (influenza culturale globale e morbida degli Usa) e dello «smart power» (astute e amichevoli trattative) in politica estera ai referenti televisivi condivisi, forse gli viene in mente Happy Days. Non perché questi siano giorni felici, anzi. Perché quando Barack Obama (ganzissimo, certo non Wasp) e Hillary Clinton (donna del Midwest, matura) girano il mondo per visite ufficiali e/o vertici, a volte paiono una versione istituzionale di Fonzie e Marion Cunningham. The Fonz dice frasi significative e seduce con la sola presenza; Marion (la mamma di Rickie) cerca di rimediare ai guai combinati dalla sua famiglia; e si scusa.

Si è scusata l'altro ieri con i cubani, perché «la politica americana nei confronti di Cuba è fallita». Si era scusata in Cina, dichiarando che gli Stati Uniti devono riconoscere le loro responsabilità come principale produttore di gas serra. Si era scusata in Indonesia, dicendo che le sanzioni contro la Birmania appoggiate dagli americani non hanno funzionato. Si era scusata in Messico, ammettendo che la richiesta di droghe dagli Usa ha prodotto un boom del narcotraffico nell'America centromeridionale. Si era scusata in Medio Oriente, sostenendo che ostracizzare l'Iran non è servito a bloccare i suoi piani nucleari. L'Hillary apologetica sembra funzionare. «In molti Paesi — si leggeva ieri sul New York Times — le sue dichiarazioni hanno suscitato un palpabile senso di sollievo. (Clinton) ha segnalato che la spinta dell'amministrazione Obama verso relazioni più cordiali con i vecchi nemici è solo all'inizio». In realtà, in parte, era prevedibile, con una Casa Bianca democratica. Casomai, è il ruolo di Hillary come presentatrice ufficiale di scuse che stupisce, se non diverte, qualcuno.

L'ex candidata-Robocop si è trasformata in uno dei ministri degli Esteri più disponibili del pianeta. Addirittura, quando è andata in Corea e in Cina, l'hanno accusata di comportarsi da femminuccia, di fare troppo la simpaticona, di sfruttare il suo status di celebrità incoraggiando domande su marito, figlia, e frivolezze. Poi si è cominciato a pensare che fosse una strategia concordata. Di un coppia all-american ma anomala. Il nero Obama che apre ma non rivanga il passato (The Fonz, è noto, non si scusa mai); e Hillary che si occupa del revisionismo post-imperialista con piglio neo-femminile. Al venezuelano Hugo Chávez, per dire, ha suggerito: «Accantoniamo l'ideologia; that's so yesterday». E' così fuori moda; l'avrebbe detto anche Marion per sdrammatizzare un pasticcio politico-petrolifero, fosse diventata segretario di Stato, chissà.


19 aprile 2009
da corriere.it
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