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Autore Discussione: SERGIO CHIAMPARINO Il nostro Mi-To non tramonta  (Letto 2405 volte)
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Utente non iscritto
« inserito:: Aprile 11, 2009, 04:05:30 pm »

11/4/2009
 
Il nostro Mi-To non tramonta
 
 
 
 
 
SERGIO CHIAMPARINO *
 
La crisi ma, soprattutto, come ha sostenuto il professor De Rita, la nuova centralità della città mettono in discussione la strategia di alleanze con le altre città su cui Torino si è impegnata, in particolare verso Milano e Genova, in questi anni? E - questo era l’interrogativo del professor Giuseppe Berta - in questo passaggio si definisce la conclusione di un ciclo politico, amministrativo, economico e sociale per la nostra città?

Alla prima suggestione risponderei decisamente di no. Al contrario, la crisi obbliga ancora di più la città a cercare fuori di sé le risorse per poter reggere e soprattutto essere protagonista vincente del dopo crisi. La riscoperta della città come soggetto centrale della crescita non vuol dire autosufficienza della città, di nessuna città. La città è il luogo in cui vivono, operano diversi soggetti, imprese, associazioni, enti pubblici e privati, singoli cittadini. La sfida è far sì che ognuno di questi sia «capofila» di un sistema di relazioni anche a raggio molto lungo, perché è l’essere «capitale di rete» che consente l’accumulo di risorse con cui accrescere le proprie potenzialità.

La possibilità di un’intesa Fiat-Chrysler ne è un esempio, come lo sono, a scala diversa, le ipotesi di alleanze con cui si stanno misurando le nostre aziende di utilities. Ma lo sono anche nel volontariato il Sermig, il gruppo Abele, il Cottolengo e i Salesiani, tutti riferimenti internazionali di politiche di solidarietà.

Certo, questo significa andare molto oltre il tradizionale triangolo industriale o nella sua versione ultima il MI-TO. Nel senso che MI-TO è compreso in una strategia di alleanze ma non l’esaurisce. Nel senso che oggi non è più la dimensione geografica territoriale l’unica variabile rilevante ai fini di una ricerca di un «oltre di sé» che Torino, ma a mio parere anche altre città, devono più che mai portare avanti.

In questo senso, ed è la seconda questione, è certo finito un ciclo. E’ terminato il ciclo della rigidità territoriale. Così come, ma è ovvio, terminerà un ciclo politico ed amministrativo. Non solo perché cambierà obbligatoriamente un Sindaco, ma perché, un po’ paradossalmente, si riproporrà, mutatis mutandis, con il 2011, una situazione assai simile a quella che si pose all’inizio degli anni ‘90. La necessità cioè per il Pd e il suo campo politico di riproporre alleanze sociali e politiche capaci di intercettare e di aprire una dialettica in quell’arco di forze a forte base popolare che si sta costruendo soprattutto sul piano nazionale fra il centro e il lato destro dello schieramento politico.

Non è terminato invece il ciclo per quel che riguarda la trasformazione e la modernizzazione della città. Perché tutte le principali sfide su questo piano sono da completare. Basti pensare alle infrastrutture e alle trasformazioni urbane, Tav Torino-Lione, linea 2 di metropolitana, il progetto di Corso Marche presentato ieri, alla trasformazione di Torino da centro dell’auto a centro della mobilità sostenibile in un crescente rapporto tra Università, Politecnico e sistema dell’auto torinese Fiat in testa, alla qualità urbana e, alla sua attrattività, alla promozione turistica in vista del 2011. E’ sulla capacità di essere vincenti in queste sfide che risiede la possibilità di diventare città capitale di reti diffuse ed innovative. Come sempre, quindi, è solo portando fino in fondo il presente che si può costruire il futuro.

* Sindaco di Torino
da lastampa.it
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