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« Risposta #1 inserito:: Agosto 04, 2007, 09:21:48 pm » |
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Stupido come un test di Paola Sorge
Infondato. Inutile. Razzista. Un saggio di Enzensberger mette alla berlina i sistemi che insegnano a calcolare la nostra intelligenza.
E gli ingenui che ci credono
Gli spiriti mordenti e irridenti come Hans Magnus Enzensberger hanno a volte la capacità di farci sentire dei perfetti idioti ovvero individui con quoziente d'intelligenza ridotto ai minimi livelli. Stavolta però a essere messo in discussione, anzi a essere sgretolato, distrutto, annientato dal grande scrittore tedesco è proprio lui, l'IQ, il concetto stesso di quoziente d'intelligenza e della lista infinita di test annessi che dovrebbero servire a misurarlo. E che invece non testano altro che mentalità e pregiudizi di chi l'ha inventati.
In breve, i risultati dati dai test dell'IQ non sono che artefatti statistici, hanno ben poco di scientifico e comunque non hanno nulla a che fare con la nostra intelligenza. Parola di Enzensberger. Nella sua ultima fatica, ossia il breve saggio dal titolo 'Nel dedalo dell'intelligenza', uscito a Zurigo (edito dalla Fondazione Vontobel), lo scrittore, che ha da poco aggiunto alla sua collezione di riconoscimenti il premio Merck Serono per i rapporti tra scienza e letteratura, si diverte a denunciare la scarsa attendibilità di uno dei miti dei nostri tempi, di quella che chiama "una strana ossessione dovuta in gran parte alla nostra paura di essere stupidi". Un mito che ha creato tra l'altro un ben fiorente mercato, visto che ogni anno, solo negli Stati Uniti, adulti e bambini si sottopongono passivamente e di buon grado a oltre 500 milioni di test attitudinali.
Ma è mai possibile misurare qualcosa di così insondabile e indefinibile come l'intelligenza umana, si chiede l'autore del libello che, dopo aver giocato con il termine intelligenza elencandone accezioni, sinonimi e contrari e dopo aver illustrato i vari tipi d'intelligenza (che arrivano a 120), fa una breve e rigorosa cronistoria della misurazione dell'intelligenza e dei suoi inventori.
Lo stesso pioniere di questa 'ossessione', un certo Alfred Binet che nel 1889 ebbe la brillante idea di confezionare test per controllare la capacità intellettiva dei bambini, nutriva seri dubbi sulla validità della sua invenzione. Poi ci fu H. H. Goddard che nel primo decennio del secolo scorso classificò gli individui in normali, deficienti e dementi e stabilì che tutti gli immigrati, tranne quelli provenienti dal Nord Europa, presentavano un bassissimo livello d'intelligenza. 'Deficienti' erano per lui russi, italiani e ebrei.
Né fu da meno, ci racconta Enzensberger con una buona dose di sarcasmo mista a rabbia, lo psicologo Hans Jurgen Eysenck, creatore nel 1962 di un test d'intelligenza usato ancora oggi milioni di volte e autore di un libro sul rapporto tra razza, intelligenza ed educazione in cui pretende di dimostrare che il quoziente d'intelligenza dei neri d'America è nettamente inferiore a quello dei bianchi. Tesi, questa, confermata nel 1994 da due grintosi studiosi americani, R. J. Herrnstein e C. Murray, in 'The Bell Curve', un tomo di 800 pagine su 'intelligenza e struttura di classe nella vita americana' che ha suscitato grande scalpore ed è diventato un bestseller. Ma anche senza conoscere la vera storia della misurazione dell'intelligenza, basta andare su Google a cercare il termine IQ per verificare la stupidità di questo metodo cosiddetto scientifico, osserva l'inesorabile Enzensberger: vi si troveranno persino test che promettono di aumentare le capacità manageriali del povero sprovveduto che vi si sottopone.
Insomma, chi ha sinora creduto ciecamente nel valore assoluto dell'IQ, chi si è vantato di appartenere al cosiddetto 'Club dei superdotati' (ossia di individui con quoziente superiore a 100) o chi semplicemente si è sottoposto ai test attitudinali imposti da ditte e istituzioni, riderà amaro leggendo questo illuminante libretto di uno dei grandi maîtres-à-penser del mondo di oggi. 'Nel dedalo dell'intelligenza' illustrato da algidi disegni raffiguranti varie forme di materia cerebrale, si conclude con una ineffabile battuta degna di Karl Kraus: "Non siamo abbastanza intelligenti per capire cos'è l'intelligenza".
da espressonline.
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