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Autore Discussione: CASINI...  (Letto 28102 volte)
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« Risposta #45 inserito:: Settembre 11, 2013, 05:18:12 pm »

Pier Ferdinando Casini

«Una catastrofe se vincono i falchi alla Santanchè»

«Sarebbe un’altra occasione persa», dice l’ex presidente della Camera. Che però ammette di aver chiamato Berlusconi perché «il calcio dell’asino lo lascio ai tanti beneficiati che ora vorrebbero sbranarlo»


Lo incontro sulla terrazza della sua casa romana. Quartiere Parioli. I polsini della camicia bianca sono tenuti insieme da una coppia di gemelli che portano il simbolo di Montecitorio: CD. Domando: ma a Palazzo Madama la fanno entrare con quella roba? Sorride: «Più che presidente della Commissione Esteri del Senato, mi sento ex presidente della Camera. La Camera è il mio primo amore». Pier Ferdinando Casini, 57 anni, ne ha trascorsi trenta in Parlamento. Ha vissuto in prima fila, da forlaniano, le guerre fratricide tra diccì negli anni Ottanta. Ha visto crollare la Prima Repubblica. Nella Seconda è stato il testimone fero di un centro-centrismo con sbandamenti a destra: Dc, Ccd, Udc. Dice: «Finita la sbornia per il bipolarismo muscolare che ha disseminato disastri per il Paese, mi godo lo spettacolo». Quale spettacolo? «Quello dei poli armati, gonfi di falchisti e vetisti, di berlusconiani e di antiberlusconiani, che si sgretolano e sono costretti a convivere nella maggioranza. Io e Monti, che abbiamo perso le elezioni, siamo gli unici davvero soddisfatti».

Nella maggioranza ci sono Letta, Alfano, Lupi e Franceschini.
«La Democrazia cristiana è morta, ma il tasso diccì è molto alto. Ed è quello che ci vuole: serietà, ragionevolezza, moderazione. Non ci scordiamo Renzi. Anche lui non è esente da questo piccolo peccato centrista di gioventù».

Gli ex diccì potranno mai tornare tutti insieme?
«Se facessi questa ipotesi verrei impallinato. Mi sembra prematuro. Impossibile. Piuttosto immagino un futuro con due grandi partiti che si fronteggiano rispettandosi, sul modello europeo Ppe/Pse. Il mio tavolo è quello del Ppe».

Maria Teresa Meli, sul Corriere, ha scritto che Letta avrebbe detto a Renzi di riferire alla Merkel che se non ci fosse Berlusconi il Pd starebbe nel Ppe.
«Mi pare una forzatura. Ma Enrico Letta è stato presidente dei giovani democristiani europei. Nel Ppe è considerato uno della comitiva, non certo un antagonista».

Come anche Alfano…
«Eheh. Nella gestione della vicenda Imu ho riconosciuto la tempra, la malizia e la perfdia democristiana».

Nell’Italia post berlusconiana, un ex democristiano non potrebbe essere in imbarazzo a restare fuori dal Ppe?
«Non interpreto gli imbarazzi altrui. Ma di sicuro in questa prospettiva il Pd si schiaccerà molto di più sul versante del socialismo europeo».

Lei pensa al Ppe, ma una parte del centrodestra si sta organizzando per ripartire con Forza Italia.
«Il mio ragionamento politico ha poco a che fare con i cori della Santanchè. Se prevarrà il falchismo vorrà dire che perderemo un’altra occasione. Ma viste le catastrof degli ultimi venti anni…».

Lei per la maggior parte di questi venti anni è stato un protagonista, alleato di Berlusconi.
«Ho fatto molti errori, ma sono stato coerente. Con Helmut Kohl ho lavorato per far entrare Forza Italia nel Ppe».

Perché Forza Italia portava voti ed europarlamentari.
«Era un partito nuovo e speravo che evolvesse nel solco del popolarismo europeo. Quando Berlusconi ha cercato di impormi l’ingresso nel suo Pdl dall’alto del predellino, mi sono sganciato e sono andato da solo. Pagandone le conseguenze».

Berlusconi ha detto spesso che se non è riuscito a fare la rivoluzione liberale in Italia è colpa di alleati come lei e Fini.
«Mentre lo diceva mi corteggiava perché tornassi al suo fianco. È una balla».

Se è una balla chi ha impedito la rivoluzione liberale?
«Le corporazioni e la burocrazia, che hanno bussato più spesso da Gianni Letta che da noi».

Gianni Letta, altro vestale della Balena Bianca.
«Per carità, lui ha il merito di aver rappresentato e difeso sempre le istituzioni. Ricordo che nel 1994 ci trovammo a casa di Berlusconi, in via dell’Anima. Giuliano Ferrara e Cesare Previti erano per eleggere Carlo Scognamiglio presidente del Senato. Io e Letta volevamo riconfermare Giovanni Spadolini. La vittoria di Scognamiglio fu la prima sconfitta dei moderati nella storia della Seconda Repubblica. L’inizio della ventennale contrapposizione selvaggia tra berlusconiani e antiberlusconiani».

Prima di questi venti anni, ce ne erano stati cinquanta di governo democristiano. Non apprezzati da tutti.
«Sempre più persone stanno realizzando che i governi diccì erano una cosa seria. Per non parlare del personale politico. Se oggi vai a trovare De Mita, il 90% delle cose che dice è distillato d’intelligenza».

Oggi…
«Dobbiamo avere molta fiducia per sperare che Renzi arrivi alle stesse percentuali».

A cena col nemico?
«Con Beppe Grillo».

Grillo vorrebbe andare alle elezioni anche con il Porcellum.
«Non mi stupisce: così può designare i parlamentari».

Lei ha un clan di amici?
«Ne cito uno per tutti: Carlo, di Bologna».

Credevo che mi dicesse il solito Lorenzo Cesa, suo antico sodale nell’Udc.
«Non volevo fare quello noioso che parla sempre di politica».

Lei ha sempre difeso Cesa da chi gli rimproverava un’antica condanna dei tempi di Tangentopoli.
«È un uomo che ha pagato. È restato fuori più di un giro».

Con Mastella, lei fu uno dei pochi ad andare a sostenere Andreotti subito dopo la prima condanna.
«In certe vicende si dà la cifra di se stessi. E non per convenienza. È lo stesso motivo per cui, dopo molto tempo che non lo sentivo, recentemente ho chiamato Berlusconi. Il calcio dell’asino è uno sport molto praticato in Italia, ma lo lascio ai tanti beneficiati che improvvisamente vorrebbero sbranare Silvio».

Qual è l’errore più grande che ha fatto?
«Fare la lista unica di Scelta civica al Senato e andare da soli con l’Udc alla Camera. Era ovvio che non avrebbe funzionato».

La scelta che le ha cambiato la vita?
«L’ingresso a Montecitorio. Prima di entrare mi chiusi in una cabina telefonica, chiamai mio padre e scoppiai in un pianto liberatorio. Pregai la Madonna di San Luca…».

Come quando venne eletto Presidente della Camera…
«Sono un grande peccatore, ma credente. E ho sempre chiesto alla Madonna di aiutarmi».

La leggenda vuole che nel 1983 tra i suoi primi sponsor elettorali ci fosse Dario Franceschini.
«È vero. Allora era il delegato del movimento giovanile di Ferrara. Ci incontravamo in gran segreto al casello dell’autostrada per prendere accordi».

Vi incontrate ancora in gran segreto?
«No, no. Ma nella mia stanza di palazzo Giustiniani, la stanza che fu di Andreotti, conservo una foto in cui ci siamo io, Follini e Franceschini a un comizio di Mariano Rumor».

Che cosa guarda in tv?
«Telefilm come NCIS. Non i talkshow politici».

Dove però è spesso ospite.
«Sempre meno. Ho esaurito le ansie da prestazione. E penso di aver messo per anni la faccia anche dove sarebbe stato meglio non metterla».

Sta parlando della pubblica difesa di Cuffaro, leader siciliano dell’Udc, condannato per favoreggiamento?
«Non puoi voltare le spalle a una persona che fino al giorno prima ha pedalato al tuo fianco. In quel caso si trattava di non fare i vigliacchi. Io ho sempre lasciato le impronte digitali e pagato dazio. Altro che Pier-Furbi».

Il film preferito?
«Le dico l’ultimo che ho visto: La grande bellezza di Paolo Sorrentino. Mi piacciono il disincanto e l’autoironia di Jep Gambardella. Quando ero all’inizio della mia carriera politica appena sentivo che girava una voce su di me, una chiacchiera, impazzivo, adesso con tutto quel che gira… non me ne frega nulla».

Sono spuntati gossip su di lei anche recentemente.
«Roba da Scherzi a parte. Lasciamo perdere».

Il libro?
«Ho appena finito La crisi dell’impero vaticano, di Massimo Franco».

La canzone?
«Piazza Grande di Lucio Dalla. Un amico».

Sa quanto costano sei uova?
«No. Ma il sabato faccio la spesa».

Conosce i confini della Siria?
«Libano, Iraq… Considero l’idea di intervenire militarmente in Siria una follia allo stato puro».

L’articolo 3 della Costituzione?
«È quello sull’uguaglianza davanti alla legge. La nostra Costituzione è davvero ben fatta. Ogni volta che è stata toccata, abbiamo fatto danni».

Un esempio?
«La riforma del Titolo Quinto è stata disastrosa. Ed è stato un errore eliminare l’immunità parlamentare così come l’avevano immaginata i costituenti».

3 settembre 2013 (modifica il 10 settembre 2013)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Vittorio Zincone

da - http://www.corriere.it/sette/13_settembre_03/2013-36-zincone-casini_2d291f30-1498-11e3-9c5e-91bdc7ac3639.shtml
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« Risposta #46 inserito:: Novembre 01, 2013, 06:20:00 pm »

L’intervista

Casini sulla decadenza di Berlusconi: in Giunta gravissimo errore ma io al Senato sceglierò il sì

Il leader Udc: sbagliato il ricorso allo scrutinio palese. «Alfano dovrà decidere se salvare la dignità o restare con Silvio»


Senatore Casini, lei voterà per la decadenza di Berlusconi?
«Il problema non è il mio voto. È che questa vicenda è stata costellata da troppi errori: da ultimo, quello gravissimo della votazione palese».
Visto che è palese, ci dica come vota.
«Se ci tiene a saperlo, la mia scelta per la decadenza di Berlusconi è maturata da tempo».
A quali errori si riferisce allora?
«Il primo l’ha commesso la Giunta quando ha disatteso il consiglio, giunto da autorevoli costituzionalisti di sinistra, di togliere ogni dubbio sulla retroattività della legge Severino, ricorrendo alla Consulta. Un errore in particolare per chi in questi anni ha avversato Berlusconi. Prima di votare la decadenza di un avversario politico, ci vuole un’attenzione supplementare. Se si è garantisti, a maggior ragione bisogna esserlo con un avversario politico. Ma l’errore del voto palese è ancora più grave».
Perché? Ogni senatore si assume una responsabilità.
«È vero, ci sono valutazioni che possono spingere a una pubblicizzazione del voto. Ma c’è prima di tutto il principio sancito nel regolamento e nella prassi: quando si deve decidere in ordine alle persone, a garanzia di uno Stato di diritto c’è la protezione di uno scrutinio segreto. Ci sono stati mutamenti a questa prassi, ma in casi diversi, ad esempio di dimissioni volontarie. La prassi del voto segreto risponde a una concezione garantista a tutela del singolo e della libertà di coscienza dei parlamentari».
Ma in passato consentì manovre come quelle che nel ‘93 salvarono Craxi e indebolirono il governo Ciampi.
«È proprio il ragionamento che respingo. Il legislatore che per paura di manovre stabilisce di cambiare la prassi ha già perso la sua partita. È come se noi pensassimo di non tenere le elezioni perché il risultato può essere dannoso. Hitler andò al potere con il voto popolare, ma noi dobbiamo difendere i principi e i diritti anche se ne sortiscono effetti negativi».
Ma il voto palese è anche un modo per trarre d’impiccio i senatori, non crede?
«Certo. Per noi è meglio, così tutti vedono come ci esprimiamo. Ma è più importante la manifestazione di un interesse politico, o il rispetto e la tutela del singolo? Io credo sia più importante il rispetto e la tutela del singolo, anche se si chiama Silvio Berlusconi; anzi, a maggior ragione se si chiama Silvio Berlusconi. Dato che a lui sono state imputate troppe leggi ad personam, il modo peggiore di chiudere l’era Berlusconi è dare l’impressione di applicare il regolamento contra personam».
Delle leggi ad personam lei è stato a lungo complice.
«Guardi, ho un illustre avvocato che mi scagiona: Berlusconi stesso mi ha imputato centinaia di volte di non avergli consentito di fare la riforma della giustizia. E, non per essere malizioso, ma temo che la riforma ci avrebbe portato qualche altra legge ad personam».
Linda Lanzillotta, sua collega di Scelta civica, è stata decisiva nella scelta del voto palese.
«Conosco il suo rigore, e sono convinto che questa decisione non sia figlia di ordini di partito ma di una scelta individuale. Resta comunque un errore: è difficile teorizzare che stiamo parlando astrattamente dell’applicazione di una legge. Qui il problema ha un nome e un cognome, e non è quello della Severino».
Ma cos’è successo tra lei e Monti?
«Non rispondo a polemiche. Preferisco ricordarmi il presidente Monti a Palazzo Chigi piuttosto che l’uomo di partito di questi mesi. Abbiamo due modi diversi di stare in questa maggioranza, che già subisce il bombardamento sul quartier generale di Renzi e quello ancora più forte del Pdl. Noi dobbiamo aiutare Letta, non complicargli ancora di più la vita».
Follini ha detto che lei alle scorse elezioni non doveva allearsi con Monti, ma con Bersani.
«È giusto che un politico si rassegni ad ascoltare sempre i maestri del giorno dopo. Sarò Pierfurby, ma la mia disinvoltura non arriva al punto di schierarmi con Vendola. Sono curioso di vedere se lo farà Renzi».
Cosa pensa di lui?
«Oggi come venditore è ancora più bravo di Berlusconi. Temo però che sia meglio come venditore che come uomo di governo. È stato presidente della Provincia di Firenze e vuole abolire le Province, propone spese prive di una copertura seria...».
Ci sarà la scissione nel Pdl?
«Non c’è nulla di più odioso che interferire nei partiti altrui. Ma la scelta di Alfano è la questione delle questioni. La storia di questi anni dimostra che prima o poi viene per tutti il bivio tra perdere la propria dignità restando con Berlusconi o salvarla andandosene. Ora tocca ad Alfano».

31 ottobre 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Aldo Cazzullo

Da - http://www.corriere.it/politica/13_ottobre_31/casini-decadenza-berlusconi-giunta-gravissimo-errore-ma-io-senato-scegliero-si-95242b06-41f3-11e3-8636-110cb2716567.shtml
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