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« inserito:: Marzo 28, 2009, 12:26:29 pm » |
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SPETTACOLI & CULTURA
PASSAPAROLA/ La ricostruzione storica firmata da Tessandori
Brigate rosse, la cruda ideologia
di SILVANA MAZZOCCHI
Romanzo rosso sangue quello cronachistico e puntiglioso scritto da Vincenzo Tessandori, "Qui Brigate rosse". Fatti, voci, testimonianze e racconti confezionati attraverso i ricordi del giornalista, intrecciati a documenti, ritagli stampa, analisi . Un lungo elenco di agguati, ferimenti, sequestri di persona e omicidi; 78 quelli ascrivibili alla sola stella a cinque punte sui 132 provocati in trent'anni dal terrorismo rosso.
Dalla prima generazione delle Br al sequestro di Aldo Moro e alla strage di via Fani; dai delitti per colpire al cuore lo Stato alle vittime scelte perché considerate traditori proprio perché riformisti, uno su tutti l'operaio genovese Guido Rossa; fino al Duemila, all'assassinio di Sergio D'Antona, o di Marco Biagi. E, ancora, ai più recenti colpi di coda, speriamo davvero gli ultimi e senza domani.
Chi erano, come agivano e che cosa pensavano gli uomini e le donne della "generazione brigatista"? E' una storia che si legge come un thriller quella scritta da Tessandori. Dal prologo, animato dai componenti del nucleo storico (quelli già protagonisti di Br, imputazione Banda armata, scritto dal giornalista nel '77), fino ai cascami dei giorni nostri. Varie epoche passate alla lente d'ingrandimento senza indugiare sulla dietrologia, ma privilegiando le notizie inedite e l'oggettiva ricostruzione dei fatti.
Non ci sono coloro che hanno subito attentati e lutti nelle oltre settecento pagine del libro, utilissimo richiamo di memoria soprattutto per i più giovani, ma anche strumento di conoscenza indispensabile per superare consapevolmente quel periodo buio. Eppure, proprio attraverso la fedele ricomposizione della continuità politica dei brigatisti, emerge con forza uno degli aspetti più sconvolgenti di quegli anni. Le Brhanno sempre colpito i loro obiettivi con la crudezza cieca dell'ideologia, considerandoli non uomini, ma soltanto simboli. E li hanno uccisi senza considerare che erano persone con figli, affetti, difetti umani e virtù.
Fatti che parlano da soli e che restituiscono a quel che è accaduto un'altra continuità, questa volta dal versante delle vittime. Quella dell'inutilità della violenza brigatista, e dei danni irreparabili compiuti , tragica realtà del fenomeno più cruento dell'Italia repubblicana.
Tessandori, dopo il primo libro di oltre trent'anni fa, ora esce il secondo. Ha senso, oggi, una nuova storia delle Br? "Il tempo che passa è un po' come il sole che si posa sui colori: finisce per sbiadire tutto, per confondere tutto. Oppure, anche, accade l'opposto: confonde la storia, la manipola, la violenta, magari la piega a esigenze particolari e non sempre lecite. Questa storia delle Brigate rosse non ha la pretesa di essere la "storia ufficiale" di quella organizzazione clandestina e dei fatti e misfatti ad essa legati, ma ha quella di essere una cronaca, così come io in parte l'ho vissuta, e in parte l'ho potuta seguire, con le testimonianze di alcuni protagonisti. Il tentativo è quello di mettere un po' di ordine, di dare una chiave di lettura per un periodo di cui molti parlano, anche o soprattutto a sproposito e sul quale molti si sono buttati a capofitto per appropriarsene: "Noi che abbiamo battuto il terrorismo", è la frase che più ricorre negli interventi di troppi nostri rappresentanti politici. Un po' com'è avvenuto per la Resistenza: tutti pronti ad attaccarsi una medaglia. Vero è che Br - Imputazione banda armata era la storia del nucleo storico delle brigate rosse, quando le parole "rivoluzione" e "lotta armata" ancora non erano state soppiantate, a ragione, da "terrorismo". Ecco, raccontare tutto questo, non mi è parso né tempo né fatica sprecati".
Qual è la differenza tra le Br di prima generazione e quelle di oggi? "I brigatisti della cosìddetta prima generazione, quelli usciti dall'esperienza della facoltà di sociologia di Trento, gli altri nati nella Casa del Popolo di Reggio Emilia o quelli che già lavoravano nelle fabbriche, avevano in mente una "rivoluzione" capace di abbattere un modello politico, un "sistema" per sostituirlo con il loro. Dittatura del proletariato, era chiamato. Un marx-leninismo nel quale si intravedevano le ombre di Pol Pot, anche se questo, forse, non lo avrebbero mai ammesso. Eppure, dietro a tutto, al ribellismo, alla ricerca di una utopica giustizia sociale, c'era un progetto politico ben preciso, irrealizzabile, ma esatto. Poi la storia ha preso un'altra piega, come si sa. E ci sono stati altri protagonisti. Figure dallo spessore sempre meno "politico"o, almeno, da quel punto di vista dai contorni più sfumati.
Crolla il muro di Berlino e i nuovi sembrano non essersene accorti; esplode una crisi epocale, e i nuovi sembra non essersene accorti.... Eppoi, chi sono i nuovi? La sensazione è che qualcuno abbia messo le mani sul "marchio"..
Perché in Italia, al contrario ad esempio di quanto avvenuto in Germania, non si sono ancora chiusi del tutto i conti con il terrorismo? "Fare i conti con il proprio passato è la cosa più difficile e sembra che il destino di questo Paese sia non chiuderli mai. Basti pensare che ancora c'è chi discute, e non senza qualche motivo reale, della strage di Portella della Ginestra, sulle reali cause che l'hanno provocata. Ed è così per tutto, purtroppo. Ma il bizantinismo che ci accompagna, non è soltanto un vezzo o un modo di interpretare le cose: è soprattutto un modo di vivere. Spesso comodo, perché serve a coprire, insabbiare, nascondere, a non far pagare il fio, per usare un'espressione desueta, ma efficace. Se c'è il sospetto che una cosa non sia ancora finita, c'è la certezza che quella stessa cosa non sia poi così com'è stata presentata. E questo serve al potere, e parecchio, per rafforzare se stesso. O per tentare di farlo".
Vincenzo Tessandori "Qui, Brigate rosse" Baldini Castoldi Dalai Pag 776, euro 22
(27 marzo 2009) da repubblica.it
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