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Autore Discussione: Kabul, la exit strategy di Obama "Non possiamo star lì in eterno"  (Letto 2232 volte)
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« inserito:: Marzo 24, 2009, 11:10:01 pm »

Meno fiducia al leader afgano Karzai: un premier al suo fianco

Holbrooke: "Ne ho discusso alla Nato, forte sintonia con gli alleati"

Kabul, la exit strategy di Obama "Non possiamo star lì in eterno"

dal nostro inviato ALBERTO FLORES D'ARCAIS


 NEW YORK - Aumento delle truppe militari, maggiore sostegno allo sviluppo economico, rafforzamento delle istituzioni democratiche, approccio regionale ed "exit strategy". La Casa Bianca sta mettendo a punto il nuovo piano per l'Afghanistan - che Barack Obama annuncerà nei prossimi giorni - e Richard Holbrooke (inviato speciale del presidente a Kabul e in Pakistan) l'ha già illustrata a grandi linee agli alleati della Nato durante la sua visita a Bruxelles.

Un approccio nella "guerra al terrore" (termine che Obama, al contrario di George W. Bush, non ama usare) che riprende in diversi punti essenziali la strategia del suo predecessore, aggiungendovi tuttavia la necessità di una exit strategy, annunciata dal presidente Usa durante l'intervista andata in onda domenica sulla rete televisiva Cbs. Si tratta di un piano che ricalca quello attuato (con successo) dal generale Petraeus in Iraq, e che oltre all'aumento del numero di soldati - i 17mila già annunciati dalla Casa Bianca - punta molto sul rapporto con le varie componenti afgane (e con le due potenze regionali, Pakistan ma anche Iran), che prevede incentivi per gli agricoltori che abbandoneranno la coltivazione dell'oppio per attività alternative e l'aumento del numero di poliziotti e militari locali, il cui numero verrebbe raddoppiato (da 200mila a 400mila).

Casa Bianca e Pentagono stanno anche discutendo l'ipotesi di creare la figura del primo ministro (che oggi non esiste) per bilanciare il potere del presidente Hamid Karzai, di cui gli Stati Uniti si fidano sempre meno e a cui verrebbe tolta la gestione centralizzata (e spesso corrotta) degli aiuti economici.
Obama ha ammesso che le truppe Usa-Nato "non stanno vincendo" in Afghanistan, ha ricordato che l'invio di nuove truppe è stata "la decisione più difficile" da quando è entrato alla Casa Bianca e ha sottolineato come l'impegno Usa a Kabul debba essere a termine: "Si deve dare la sensazione che quello in Afghanistan non è un impegno a tempo indeterminato". Per il presidente americano la "priorità numero uno non cambia", e resta quella di "assicurarsi che Al Qaeda non possa attaccare gli Stati Uniti, gli interessi statunitensi e quelli dei nostri alleati". Ma "non si può pensare che un approccio esclusivamente militare in Afghanistan possa risolvere tutti i nostri problemi. Dobbiamo avere una strategia globale. E deve esserci una strategia di uscita". Per farlo occorre "rafforzare l'economia afgana, rafforzare i nostri sforzi diplomatici in Pakistan e avere sulla questione afgana un approccio più regionale in sintonia con i nostri alleati".

A Bruxelles Richard Holbrooke - che ha incontrato il segretario generale della Nato Jaap de Hoop Scheffer - ha confermato il piano ripetendo a sua volta la necessità di un approccio "regionale" al problema afgano: "Ho trovato una simmetria di vedute molto incoraggiante tra gli alleati, le truppe di altri Paesi e gli Stati Uniti". Per Holbrooke il nuovo piano sarà messo in pratica "presto", e le linee guida verranno approvate alla prossima conferenza dell'Aja.

(24 marzo 2009)
da repubblica.it
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