«Sono sott’attacco ma nel mio partito c’è chi è contento»
di Claudia Fusani
«Posso dire che nel mio partito, in Sicilia, c’è chi non soffre per quello che mi sta accadendo». Carlo Vizzini, senatore del pdl, cammina in su e in giù nel suo ufficio di presidente della Prima Commissione. Nervoso, arrabbiato, motivato: «Io vado avanti, non ho paura e non mi fermo». Entrato in Forza Italia nel 1998 dopo gli anni bui di Tangentopoli che lo avevano travolto quando era colonna del Psdi e più volte ministro della Repubblica, da allora è sempre stato in prima fila contro la mafia.
Dieci giorni senza pace per Vizzini. Il 14 marzo l’accusa di aver «riciclato» 900mila euro di Ciancimino senior, il sindaco mafioso del sacco di Palermo, veicolata a freddo da Ciancimino jr, Massimo, già condannato per riciclaggio. Sabato 21, la testa di capretto e il messaggio “Cosa ci vuole per farti stare zitto” recapitati davanti alla sua segreteria politica nel cuore di Palermo. Due giorni fa il giovane Ciancimino di nuovo all’attacco citando accuse di morti che non possono più parlare.
Senatore, conosce la società Gas in cui, secondo il figlio , sarebbero stati soci il vecchio Ciancimino, Salvo Lima e Gianni Lapis?
«Mai avuto a che fare con la società Gas, mai con il giovane Ciancimino del cui padre sono stato il più grosso nemico».
In che modo?
«Nel 1985, quando il sacco urbanistico di Palermo era già realtà, mi candidai al consiglio comunale per mettere da parte l’allora assessore uscente del Psdi, in passato voluto all’urbanistica da Ciancimino. Curiosità: era cieco dalla nascita. Nel 1987, poi, ero ministro, avvio con Leoluca Orlando quella meravigliosa stagione che fu la Primavera. Gli uomini di Ciancimino simulavano nelle strade funerali finti degli uomini della giunta Orlando».
Massimo Ciancimino lo ha detto ai magistrati.
«L’ho querelato per calunnia. Curioso: Ciancimino prima mi rivolge un’accusa diretta; poi si corregge e tira in ballo Gianni Lapis professionista mio consulente e amico; infine riferisce il derelato di un morto, suo padre».
Lei è indagato?
«Non mi risulta».
E la testa di capretto?
«Avvertimenti. Non è la prima volta, sono arrivati anche proiettili. In questa legislatura, in questa stanza, insieme col Pd abbiamo approvato la legislazione antimafia più dura di sempre: confisca immediata dei beni, estesa anche a beni equivalenti e intestati ad eredi e prestanome. E poi il 41 bis, il carcere duro, per non essere più beffati. È stato realizzato il mio obiettivo: boss in carcere e più poveri».
Perchè dice che nel suo partito c’è chi “non soffre” nel vederla sotto attacco?
«Non è un mistero, ad esempio, che vorrei concludere la mia carriera politica facendo il sindaco nella mia città. E poi la Sicilia racconta da sempre storie di veleni nei palazzi delle istituzioni e giudiziari».
Ciancimino sta cercando di accreditarsi, in ritardo, come collaboratore?
«Benvenga se fosse utile a capire di più sulla trattativa tra mafia e stato. Io invece temo che sia usato da qualcuno che si nasconde dietro di lui per mandare messaggi. Di certo sta cercando di spegnere la mia voce e di delegittimarmi. Ma ha fallito».
cfusani@unita.it25 marzo 2009
da unita.it