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Autore Discussione: SUDAFRICA, IL NO AL DALAI LAMA  (Letto 2223 volte)
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« inserito:: Marzo 24, 2009, 08:37:49 am »

SUDAFRICA, IL NO AL DALAI LAMA


La dignità perduta


di Franco Venturini


La decisione del governo sudafricano di negare il visto d’ingresso al Dalai Lama non è purtroppo senza precedenti, ma è più inaccettabile di tutte le altre per almeno due motivi. Il primo riguarda la storia del Sudafrica. Una storia marchiata a fuoco dalla tragedia dell’apartheid, dalla discriminazione fatta sistema come in nessuna altra parte del mondo. Il Sudafrica moderno e multirazziale, quello di oggi, nasce dalla riconciliazione nazionale ma anche da un ripudio collettivo di quell’esperienza, si specchia in Nelson Mandela ex perseguitato e poi presidente, trova la sua identità nell’appartenenza a quella comunità di valori (l’Occidente) che sanzionò l’apartheid fino ad abbatterlo. Chi ha una storia del genere dovrebbe sentirsi obbligato a restarle fedele. Ed è per questo che la scelta del governo di Pretoria di non accogliere il leader spirituale di una minoranza oppressa assume i contorni di una vergognosa auto-sconfessione, di una fuga dalla propria insanguinata e sofferta identità.

Il secondo motivo che pesa sulla decisione sudafricana si chiama minacce cinesi, quelle alle quali Pretoria ha ceduto. Da qualche anno ormai la Cina conduce una strisciante ri-colonizzazione dell’Africa. Ovunque esistano fonti di energia — e in Africa ce ne sono in abbondanza — i cinesi investono, costruiscono, sottoscrivono contratti pluridecennali, offrono copertura politica ai governi. Le influenze americana o francese, per tanti anni rivali, oggi sono soltanto un ricordo. È evidente che questo stato di cose garantisce alla Cina una capacità d’interdizione particolarmente efficace in tutto il Continente Nero. Così come è assai probabile che i sudafricani, nella loro scelta, non abbiano dimenticato che la Cina è il principale partner commerciale di Pretoria. Ma questi dati di fatto, se rendono più comprensibili i motivi che hanno ispirato la decisione, non la giustificano. Al contrario. Proprio in quanto Stato africano che si richiama ai valori libertari dell’Occidente, il Sudafrica non dovrebbe ragionare esclusivamente con il pallottoliere dei commerci e dimenticare i valori assai diversi che la Cina porta nel continente: dal Congo dei massacri fino al caso tragico del Darfur, i cinesi si disinteressano totalmente del rispetto dei diritti umani e puntano al sodo. Cioè a sfruttare le fonti di energia e a sostenere i governi compiacenti.

Da ieri, il governo sudafricano si è iscritto a questa categoria forse conveniente ma di sicuro poco onorevole. E noi insistiamo a credere che ci abbia rimesso. In termini di immagine perché il Dalai Lama veniva a parlare dei mondiali di calcio che il Sudafrica ospiterà nel 2010 e dei rapporti tra sport e tolleranza (a proposito, la Fifa tacerà?). In termini di credibilità politica perché un Occidente che alterna «audaci» incontri con il Dalai Lama (Sarkozy) a distratte ipocrisie governative (anche in Italia), mai è giunto a negare il visto d’ingresso al premio Nobel tibetano. I commerci valgono di più, dirà qualcuno. E aggiungerà che parlare di rispetto dei diritti umani, nel mondo d’oggi, è soltanto una perdita di tempo. Noi crediamo invece che non farlo sia una perdita: di dignità.

24 marzo 2009
da corriere.it
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