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Autore Discussione: Ecco il piano del Pdl per "far fuori" la Lega  (Letto 3272 volte)
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« inserito:: Marzo 23, 2009, 11:56:23 pm »

Ecco il piano del Pdl per "far fuori" la Lega

Lunedí 23.03.2009 10:37

 
All'indomani dell'ultimo congresso di Alleanza Nazionale e alla vigilia dell'assise fondativa del Popolo della Libertà Silvio Berlusconi è già concentrato sulle prossime tappe. In particolare sulle Europee e le Amministrative di giugno e quindi sulla campagna elettorale. I passaggi formali vanno espletati, fino in fondo. Con la retorica del battesimo di quello che punta ad essere il primo partito italiano per molti anni (Franceschini e successori permettendo). Ma il Cavaliere non ama più di tanto le celebrazioni. Se non in chiave mediatica, con tanto di inno, applausi, abbracci e lacrime.

Testa bassa e lavorare è l'ordine partito da Palazzo Chigi. Lavorare sul fronte del governo, ovviamente, in particolare per fronteggiare la crisi economica dopo il feeling ritrovato con la Confindustria di Emma Marcegaglia. Ma l'impegno in vista del prossimo appuntamento con le urne deve essere totale. Il premier ha intenzione di giocarsi fino in fondo la partita di inizio estate e di copiare quando già avvenuto (con successo) alle recenti Regionali in Sardegna. Scendere in campo in prima persona (sarà capolista in tutte le circoscrizioni alle Europee), battere ogni angolo e ogni provincia dell'Italia per affermare il dominio del Pdl.

Il primo obiettivo del presidente del Consiglio - confidano i suoi più stretti collaboratori - è quello di doppiare il Partito Democratico. Ipotesi circolata in Via dell'Umiltà 42 a 21%. Berlusconi ci crede, considerando la forte concorrenza dell'Italia dei Valori al Pd e la dispersione del voto a sinistra con la nascita della formazione di Nichi Vendola e il richiamo della falce e del martello del duo Ferrero-Diliberto. Un risultato di questo genere permetterebbe al premier di andare avanti spedito nell'azione di governo e di mettere a tacere le voci, dentro e fuori l'esecutivo, che chiedono insistentemente un dialogo con l'opposizione. Un'opposizione, a quel punto, che di fatto non ci sarebbe quasi più.

Demolita e frammentata. Da qui i continui appelli anti-Cavaliere di Franceschini. Il fondatore di Forza Italia - per quanto riguarda il voto amministrativo - spera poi in un colpaccio da novanta: strappare almeno una tra Bologna e Firenze al Centrosinistra. E stando ai sondaggi segreti che circolano nel quartier generale azzurro, sia nel capoluogo emiliano sia in quello toscano al momento l'ipotesi più accreditata è quella del ballottaggio. Quindi il piano è ambizioso sì ma non impossibile. Secondo punto della strategia berlusconiana è quella di fermare l'avanzata del Carroccio. Ignazio La Russa, ma anche Fabrizio Cicchitto, hanno parlato di una concorrenza interna al Centrodestra.

E il premier vuole evitare a tutti i costi che la Lega diventi il primo partito nelle regioni settentrionali. La battaglia più difficile per il Pdl è in Veneto, dove i sondaggi già danno il movimento del Senatùr in testa. Ma anche in Lombardia la partita è aperta. Come fronteggiare i padani? Muoversi sul territorio. Mettere in piedi - utilizzando soprattutto la capillare macchina organizzativa di An (più diffusa di Forza Italia) - gazebo, convegni, incontri con i cittadini e tutto quanto sia immaginabile per far capire all'elettorato indeciso del Centrodestra che per rafforzare il governo in un momento di crisi come questo occorre irrobustire il primo partito della coalizione e non il secondo. Su questo punto è totale l'intesa tra Fini e Berlusconi.

Anche perché se ci fosse il paventato exploit del Carroccio alle Europee (10% e/o oltre) sarebbe ancora più difficile per il Pdl tenere a bada gli affondi leghisti sulla sicurezza (vedi ronde) e sull'immigrazione. Ma al tempo stesso sarebbe anche più arduo portare a termine la riforma della Giustizia, considerando le perplessità e la voglia di dialogo con il Pd di Bossi. Insomma, per il premier si prepara la passerella e l'incoronazione a leader indiscusso del Popolo della Libertà. Ma il suo pensiero è già alle prossime settimane: doppiare i Democratici e battere la Lega ovunque è l'input più o meno segreto del Cavaliere.


da affaritaliani.it
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« Risposta #1 inserito:: Marzo 24, 2009, 08:39:31 am »

Pdl, il partito pesante che non piace a Berlusconi
 
 
 
 di Marco Conti


ROMA (23 marzo) - «Da oggi ognuno per sé». E' stato il messaggio che ieri ha lasciato ai suoi colonnelli Gianfranco Fini annunciando alla platea del 3° e ultimo
congresso di An che non avrebbe fatto il leader della corrente di destra
dentro il Popolo della Libertà. L'annuncio ha sorpreso solo in parte la lunga schiera di dirigenti allungata sul palco, visto che da settimane ognuno dei capi-corrente tratta direttamente con Berlusconi e Verdini l'ingresso del suo gruppo nel Pdl. Fini ha invece accentuato il distacco iniziato quando, seduto sulla poltrona di Montecitorio, ha assunto quel ruolo istituzionale che lo vede lontano anche da tutte le questioni di governo. Il leader di An ieri ha riconosciuto la leadership di Silvio Berlusconi nel centrodestra, ma ha allungato i tempi della sfida giocando forse anche sulla diversa anagrafe.

In platea le perplessità non sono mancate e oggi il ministro leghista Roberto Calderoli, intervistato su diversi giornali, prova ad insinuarsi tra gli scontenti sostenendo che domenica prossima uscirà dal congresso costituente del Pdl «gente delusa dalla fusione tra Fi e An e noi siamo pronti a raccoglierla». In realtà con la leadership del Cavaliere deve fare i conti anche la Lega di Umberto Bossi che spesso ostenta un'autonomia difficile da provare con i fatti. E' accaduto di recente sui temi dell'immigrazione e della sicurezza, quando è bastata un'alzata di ciglia del premier per far battere in ritirata il Carroccio sui medici-spia e sui compiti da assegnare alle ronde. Silvio Berlusconi, consapevole dei rischi del correntismo, sono ormai settimane che mette le mani avanti e invita a rinviare scelte che rischiano di far partire il Pdl con il piede sbagliato.

La fusione della classe dirigente è infatti molto più complicata della fusione tra elettorati. Ieri Fini ha accennato al problema invitando tutti ad uno sforzo di generosità, ma ha poi citato De Gaulle ("l'intendance suivrà") per sostenere che le ragioni di un progetto a prescindere dalle piccinerie dell'intendenza. Come conciliare il problema della democrazia interna che Forza Italia non ha mai avuto senza però finire nel più bieco correntismo, è tema non da poco che lo statuto, in gestazione ormai da mesi, non sembra aver ancora risolto.

Berlusconi non vuole un partito "pesante", mentre i colonnelli di An non mancano di ricordare al Cavaliere che il loro è un partito di militanti che conta la più consistente organizzazione giovanile di partito: Azione Giovani.

Nel frattempo, per non sbagliare, Berlusconi ha posto se stesso alla fine di ogni processo decisionale. Anche nella scelta di un coordinatore cittadino del Pdl, il Cavaliere si riserva l'ultima parola. D'altra parte al fondatore del centrodestra, così come lo conosciamo oggi, non può non riconoscersi un ruolo da saggio e da grande patriarca che dispensa consigli e potere. Tutto ciò carica però ancora di «maggiori responsabilità» Silvio Berlusconi e a rischiare l'appannamento è proprio l'azione di governo sul quale ieri lo stesso Fini ha lanciato la sfida. 

da ilmessaggero.it
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