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Autore Discussione: Il Cile mette in rete il catasto delle torture  (Letto 2129 volte)
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« inserito:: Agosto 02, 2007, 05:52:23 pm »

Il Cile mette in rete il catasto delle torture
Maurizio Chierici


La precisione cilena ha ordinato un catasto molto triste. Raccoglie in un registro su internet, verificato e controllato, metri quadrati, numero finestre, numero delle persone che vi hanno abitato ed ogni dettaglio indispensabile al rigore dei conservatori delle

proprietà, in questo caso dolorosamente speciali: 1132 luoghi di detenzione dei quali 515 appartenevano e appartengono allo stato. Le prigioni segrete della dittatura di Pinochet tra l'11 settembre 1973 e il 10 marzo 1990. Sconfitto nel referendum, con la prima, timida democrazia, il generale le ha smontate provando a cancellarne le tracce. La legge che autoassolveva gli autori del golpe diventati califfi del regime, garantiva l'immunità che il tempo faticosamente sta sgretolando. Ma il livello superiore che ha animato colpo di stato e dittatura è ancora sepolto nelle carte dei misteri.

Romy Schmidt, ministro dei beni nazionali, ha presentato la mappa della sofferenza: «Abbiamo pensato di fissare per sempre la realtà che il paese ha sopportato. Precisione che sottrae il futuro alle interpretazioni e dissimulazioni di questo o altri governi. I luoghi che testimoniano 17 anni di storia diventano monumenti riconosciuti: migliaia di cileni imprigionati, torturati ed uccisi in posti accertati e per sempre protocollati. Nessuno potrà mettere in discussione questo straziante catasto».

Ma non è un ripiego? 34 anni dopo ancora si cercano le tombe dei desparecidos. I militari tacciono fingendo di collaborare. I politici abbozzano senza pestare il pugno sul tavolo; adesso ci si accontenta di censire le stanze dove morte e sofferenza hanno spento tante speranze. «Ma la gente deve sapere con sicurezza», spiega il ministro Romy Schmidt-, «È importante trovare i colpevoli, scoprire la sepoltura delle vittime, obbedire alle nuove leggi che tutelano i diritti umani, ma è altrettanto importante fissare i luoghi della memoria per ricordare cosa e dove è successo quando i diritti umani sono stati schiacciati. In luoghi precisi da non dimenticare». E averli raccolti in una mappa consente a studiosi, familiari ancora senza tracce, e ai ragazzi delle nuove generazioni di ricordare e capire.

La mappa contempla le caserme dove Pinochet e i suoi generali ricordavano con le fanfare quel settembre, «glorioso quando il comunismo era stato sconfitto salvando l'intera America Latina». Raccoglie anche luoghi lontani dai sospetti: i sotterranei dello stadio nazionale, le miniere abbandonate attorno ad Iquito, nell'abbaglio di Atacama. Lunga la descrizione di Pisagua, villaggio di pescatori isolato nei deserti del Nord. Pisagua è la leggenda nera che suscita lo stesso sospiro della Caienna o Isola del Diavolo, due secoli fa: Auschwitz senza forni. Bastava una pallottola. «Signor presidente, dalla luna nessuno può tornare», assicurava con eleganza il generale Carlos Forestier, stratega della sesta divisione, incaricato di sorvegliare i prigionieri. Pinochet ne era sicuro: nel 1947 aveva animato con disciplina i lavori che inventavano il lager di Pisagua voluto da un altro dittatore. La sua carriera era cominciata proprio li. Alle spalle del paese, si arrampicano sulle colline di sabbia un numero infinito di croci. Tante senza nome, ma i nomi non contano: sono quasi sempre nomi inventati per nascondere i delitti. La sala di tortura è stata trasformata nell'albergo dove nessun ospite riesce a dormire angosciato dalle scritte incise sul muro e da un dolore che lievita incubi. Il ministro lo ricorda. Lo ascolta in prima fila Rodrigo de Villar, direttore del Parco della Pace di Villa Grimaldi, bella casa nella Santiago morbida, trasformata in cattedrale della tortura. Anche la presidente Bachelet è passata nelle sue cantine. Davanti all'Università de los Lagos, ci sono due palazzoni collegati da un sotterraneo che permetteva di spostare i detenuti da una sezione all'altra. Celle di due metri per due. Diciannove anni dopo la democrazia ha rovesciato il simbolo: non monumento sterile al ricordo, ma Centro per la Lotta alla Povertà. Solo le prigioni e il passaggio segreto figurano nella mappa. Villa Grimaldi resta però il luogo dove è ricominciata la memoria. La ricerca e la ricostruzione di ex internati, figli e mogli delle vittime, intellettuali che non si rassegnano, l'hanno trasformata nella Auschwitz del Sudamerica. Difficile perdonare quando si torna nel verde del giardino. Possibile? «Possibile, toccate con mano le prove», l'impegno del ministro.


Pubblicato il: 02.08.07
Modificato il: 02.08.07 alle ore 10.01   
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