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Autore Discussione: Il ricordo di Giovanni Falcone. A 17 anni dalla strage di Capaci  (Letto 3991 volte)
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« inserito:: Maggio 23, 2009, 03:59:56 pm »

il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Palermo

A 17 anni dalla strage di Capaci

Il ricordo di Giovanni Falcone

L'Anm ha scelto di ricordarlo con una frase di Gandhi. La vedova Schifani invita l'antimafia all'unità

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PALERMO - «A diciassette anni dalla strage di Capaci, la giunta dell'Associazione nazionale magistrati ha scelto di ricordare Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani con una frase del Mahatma Gandhi: «Il mondo di oggi ha bisogno di persone che abbiano amore e lottino per la vita almeno con la stessa intensità con cui altri si battono per la distruzione e la morte».

NAPOLITANO E MARONI - In tutta Italia e in particolare a Palermo, viene ricordata la figura di Giovanni Falcone. Presente il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al convegno su «Legalità, impresa e sviluppo» nell'aula bunker dell'Ucciardone e alla cerimonia di commemorazione di Giovanni Falcone e delle altre vittime della strage di Capaci. Il ministro dell'Interno Roberto Maroni alle 8,30 sarà alla caserma Lungaro per incontrare i familiari delle vittime delle stragi, e alle 9,15 interverrà presso l'aula bunker e successivamente deporrà una corona di alloro alle 11 in via D'Amelio e alle 12 a Capaci.

L'ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA - «Le idee di Falcone e Borsellino non sono state uccise dal tritolo e da 17 anni camminano su gambe forti: quelle di una nuova società civile e di un nuovo modo di sentire del mondo politico e imprenditoriale che lottano contro la mafia e contro la cultura mafiosa». Così il presidente dell'Ars, Francesco Cascio: «In Sicilia si respira un vento nuovo anche se la strada per il riscatto e per lo sviluppo dell'isola è ancora in salita. Le recenti operazioni delle forze dell'ordine sono importanti successi per mettere all'angolo la criminalità organizzata. La politica - ha concluso il presidente dell'Ars -deve sapere cogliere i segnali positivi che emergono dalla società civile, approvando quelle leggi, come le misure contro il racket, che tolgono linfa al parassitismo mafioso che soffoca la rinascita della Sicilia».

VEDOVA AGENTE SCHIFANI - Rosaria Schifani, la vedova di Vito, agente della scorta di Giovanni Falcone che fu ucciso nell'attentato a Falcone: «Non si può andare avanti giudicandosi a vicenda, come se ognuno di noi fosse titolare di diritti sugli altri. Così scattano diffidenze, astio, distanza. Non possiamo fare come i mafiosi che s'ammazzano fra loro». In un'intervista esclusiva che sarà pubblicata sul pediodico «S». Rosaria Schifani chiede al fronte antimafia di sfuggire «alle gelosie interne, a quei chiacchiericci, divisioni, malumori, troppi distinguo, acidità, incomprensioni, piccolezze. Con qualcuno pronto a dire che la mia antimafia è meglio della tua, che la mia è pura e la tua no». «Credo che siano nate tante cose importanti negli ultimi anni a Palermo - dice -. Penso ai ragazzi di Addiopizzo, ai volontari di Libera, alle testimonianze che imprenditori coraggiosi fanno in tribunale. Il mio dubbio è però che i continui attriti e i malumori dell'antimafia portino se non a una vittoria della mafia, a una sua rivincita in alcuni quartieri dove i soliti personaggi aggiungono fiele e denigrazione».

LUMIA - «L'insegnamento di Falcone è ancora vivo e attuale, - afferma il senatore del Partito Democratico Giuseppe Lumia - molte delle sue intuizioni sono ancora da attuare. Nella lotta al riciclaggio e al sistema delle collusioni siamo appena all'inizio. È giunto il momento di andare fino in fondo con coraggio, pronti anche a far emergere le più dure verità sulle responsabilità della politica e delle istituzioni relative al periodo stragista avviato da Cosa nostra negli anni 92 e 93». «La politica - prosegue - deve fare la sua parte adottando dei provvedimenti che metterebbero in ginocchio le mafie: consentire agli inquirenti di accedere velocemente, attraverso password, all'anagrafe tributaria per indagare sui patrimoni dei boss; rendere obbligatoria la denuncia delle estorsioni per tutti gli operatori economici e scatenare così una rivolta senza precedenti; aumentare la durata delle pene per i reati di stampo mafioso; riorganizzare il 41 bis per impedire la comunicazione dei boss con l'esterno delle carceri; ridurre il numero delle stazioni appaltanti, la cui frammentazione nel territorio riduce l'efficacia dei controlli e favorisce le infiltrazioni mafiose; istituire un'agenzia dei beni confiscati per rendere più efficace il loro riuso sociale; consentire la tracciabilità dei flussi di denaro soprattutto nel mondo degli appalti pubblici». «I tempi sono maturi - conclude Lumia - per sferrare un attacco decisivo. La politica non può più tergiversare».

BELGRADO - E dalla lontana Belgrado giunge la notizia che l’aula 2 della Sezione speciale del Tribunale distrettuale sarà intitolata al magistrato italiano. L’annuncia in una nota del ministero della Giustiza serbo, informando che, prima dell’inaugurazione della targa, sarà tenuta una presentazione della «stretta cooperazione italo-serba tra organi giudiziari e tra i ministeri della Giustizia».


22 maggio 2009(ultima modifica: 23 maggio 2009)
da corriere.it
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« Risposta #1 inserito:: Maggio 23, 2009, 04:18:35 pm »

Maroni: «500 kg di tritolo non cancellano le idee del magistrato assassinato»

Napolitano ricorda Falcone «Grande esempio morale»

Il capo dello Stato nell'aula bunker dell'Ucciardone, a 17 anni dalla Strage di Capaci
 

PALERMO- Inizia con la voce rotta dall’emozione il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il suo ricordo di Giovanni Falcone nell’aula bunker dell’Ucciardone a Palermo. A 17 anni dalla strage di Capaci (in cui persero la vita il giudice antimafia, la moglie Francesca Morvillo, e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro), Napolitano sottolinea che «mai come in queste occasioni e davanti a queste memorie sentiamo di essere una nazione e una nazione unita». Commemorando Falcone, il capo dello Stato ha detto che conta, nella lotta contro la mafia, «la crescita della coscienza critica e della fiducia nello Stato di diritto», e ha sottolineato che essa «può rafforzarsi solo in un clima di rispetto in ogni circostanza degli equilibri costituzionali da parte di tutti coloro che sono chiamati ad osservarli».

IL RICORDO - «Nel luglio del'93 - ricorda il capo dello Stato - ero stato a Catania da presidente della Camera per unirmi a una grande manifestazione in onore di Paolo Borsellino, nel primo anniversario del massacro oridito dalla mafia per eliminarlo. E nel segno di questa continuità da me profondamente sentita, che si colloca la mia presenza oggi come Capo dello Stato, quello Stato che in Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ha avuto dei servitori eccezionali per lealtà e professionalità, dei coraggiosi e sapienti combattenti per la cause della legalità, in difesa della libertà e dei diritti dei cittadini. Li ricordiamo e sempre continueremo a farlo - ha aggiunto il presidente della Repubblica - come grandi esempi morali per i giovani e per tutta Italia».

«BUONA POLITICA E SVILUPPO CONTRO LA MAFIA» Gli applausi interrompono quattro volte il discorso del capo dello Stato. La prima quando Napolitano ricorda proprio il maxiprocesso antimafia. Poi quando il presidente della Repubblica cita il suo «più profondo apprezzamento per tutte le associazioni antimafia, antiracket ed antiusura come "Addio Pizzo" e "Liberofuturo" per il loro impegno e la loro tenacia». Lo stesso accade quando lo stesso apprezzamento va «a quei tanti imprenditori e commercianti che hanno alzato e stanno alzando la testa» e ad «organizzazioni come la confindustria siciliana, sostenuta da quella nazionale» per le sue «scelte nette e coraggiose». Emma Marcegaglia, che ha da poco preso la parola dopo i ministri Gelimini, Alfano e Maroni, abbassa a questo punto lievemente la testa, in segno di ringraziamento. Quindi «omaggio a quegli uomini di governo e alle forze parlamentari che assecondarono gli sforzi e le ide di Falcone e Borsellino». Oggi «lo Stato democratico deve fronteggiare, sulla base dei rilevanti successi conseguiti anche di recente, le organizzazioni criminali in tutte le loro espressioni, quelle tradizionali come quelle nuove, inserite in un contesto mondiale profondamente mutato». In questo ambito di «innovazione e sviluppo dell'iniziativa antimafia si conferma vitale il ruolo di una istituzione voluta da Falcone e Borsellino, la Procura Nazionale Antimafia, oggi guidata da un magistrato di incontestabile esperienza, dirittura ed autorevolezza». «Occorre più che mai assicurare alla procura nazionale antimafia la possibilità di operare in un clima di leale, piena collaborazione e di esercitare integralmente le sue attribuzioni».

«EMOZIONATO» - Oltre al capo dello Stato, sono presenti all'Ucciardone il ministro degli Interni Roberto Maroni, il ministro della Giustizia Angelino Alfano e il ministro della Pubblica istruzione Mariastella Gelmini. «Non è la prima volta che vengo qui, rinnovo l'emozione che ho provato altre volte» ha detto Napolitano appena arrivato all'aula bunker. Il capo dello Stato ha salutato una parata di studenti che lo attendevano all'entrata.

LA NAVE DELLA LEGALITA' - Nell'aula bunker dell'Ucciardone ad ascoltare le parole di Napolitano ci sono i circa 1.500 studenti d provenienti da tutta Italia che, guidati dal ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini e dal procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, sono arrivati a Palermo a bordo della nave della legalità. Tanti gli striscioni fra cui uno che recita: «Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola». A poppa della nave giunta nel porto di Palermo, le gigantografie dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

 MARONI - Lo Stato, ha assicurato Maroni rivolgendosi agli studenti presenti nell'aula bunker dell'Ucciardone «continuerà con determinazione il suo impegno contro la mafia». «In questo modo - ha aggiunto il ministro - intendiamo onorare la testimonianza di un uomo, Giovanni Falcone, che 500 chili di tritolo non hanno potuto cancellare dalla nostra memoria. Lo Stato c’è».


23 maggio 2009
da corriere.it
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« Risposta #2 inserito:: Maggio 23, 2009, 04:19:34 pm »

IL GIORNALISTA-SOCIOLOGO FU UCCISO LA SERA del 26 settembre 1988

Delitto Rostagno deciso dai boss, 2 arresti

I provvedimenti riguardano il capomafia Vincenzo Virga, e il presunto killer Vito Mazzara


PALERMO - L'omicidio di Mauro Rostagno sarebbe stato deciso ed eseguito da capimafia trapanesi. L'inchiesta della polizia di Stato ha portato alla conclusione che furono i boss ad ordinare l'agguato la sera del 26 settembre 1988, uccidendo così il giornalista-sociologo, uno dei fondatori della comunità Saman. Il gip del tribunale di Palermo, Maria Pino, ha emesso due ordini di custodia cautelare su richiesta dei pm della Dda, Antonio Ingroia e Gaetano Paci. I provvedimenti riguardano Vincenzo Virga, già capo del mandamento mafioso di Trapani, attualmente detenuto a Parma, indicato come il mandante, e Vito Mazzara, accusato di essere l'esecutore materiale, detenuto a Biella.

IN CONCORSO CON FRANCESCO MESSINA DENARO - I due indagati avrebbero proceduto in concorso con il vecchio capomafia trapanese, Francesco Messina Denaro, deceduto durante la latitanza, e padre di Matteo, ricercato da 16 anni. Il provvedimento è stato emesso dal gip in seguito ai risultati delle indagini condotte della Squadra mobile di Trapani, con il supporto di nuovi accertamenti balistici del Gabinetto regionale di polizia scientifica di Palermo. L'analisi sui tre bossoli trovati sul posto dell'agguato ha accertato che erano stati sparati dalla stessa arma utilizzata all'epoca in altri delitti di mafia nel trapanese.


23 maggio 2009
da corriere.it
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