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« inserito:: Marzo 06, 2009, 09:35:00 pm » |
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I dieci giorni che sconvolsero il mondo
Il detto "al posto giusto al momento giusto" sembra essere stato scritto apposta per il giornalista americano John Reed, l'unico reporter occidentale a trovarsi a San Pietroburgo, insieme alla moglie Louise Bryant (anch'essa giornalista) ed al collega A.R. Williams, ed assistette in prima persona agli avvenimenti della rivoluzione d'Ottobre. Dopo questa esperienza, tra la fine del 1918 e l'inizio del 1919, Reed lavorò intensamente al suo libro più famoso I dieci giorni che sconvolsero il mondo (tradotto in italiano con il titolo Dieci giorni che fecero tremare il mondo), una delle piu' diffuse e affascinanti cronache della Rivoluzione, che Lenin stesso apprezzò raccomandandone la diffusione "senza riserve tra gli operai di tutto il mondo". John Reed era nato il 10 ottobre 1887 a Portland, nell'Oregon, da una famiglia di commercianti agiati. Dopo essersi laureato presso l'Università di Harvard nel 1910, conobbe a New York Max Eastman che lo introdusse al giornalismo e gli offrì la co-direzione della rivista socialista "The Masses" nel 1913. Nello stesso anno si recò in Messico per intervistare Pancho Villa, al suo ritorno pubblicò la sua prima raccolta di poesie (Sangar) ed entrò in contatto con gli "Industrial Workers of the World", un'organizzazione operaia internazionalista (fondata a Chicago nel 1905). Sempre nel 1913 fu arrestato per aver partecipato ad una sommossa dei lavoratori in sciopero nei setifici di Paterson, nel New Jersey, (i cui avvenimenti furono riportati nel saggio Guerra a Paterson) . Nel 1914 pubblicò l'opera Messico insorto, una testimonianza sulla rivoluzione messicana. In seguito , per seguire gli scioperi dei minatori, fu inviato nel Colorado, ove giunse subito dopo il massacro di Ludlow (20 aprile), perpetrato dalla polizia privata dei proprietari delle miniere (la Rockefeller's Colorado Fuel and Iron Company) che aveva mitragliato e incendiato le tende degli scioperanti. Della strage Reed scrisse in un suo celebre articolo per il Metropolitan Magazine, La guerra del Colorado. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, partì per l'Europa come corrispondente dei giornali Metropolitan Magazine e The Masses, per i quali scrisse reportage dai fronti di guerra in Germania, Russia, Serbia, Romania e Bulgaria. Mentre seguiva gli sviluppi della guerra in Europa, Reed apprese con entusiasmo la vittoria della rivoluzione democratico-borghese del febbraio 1917 in Russia. Nell'agosto dello stesso anno si recò a San Pietroburgo in qualità di corrispondente di guerra. Giunto nella capitale fu testimone diretto della crisi che si era determinata in seguito alla repressione della sommossa controrivoluzionaria di Kornilov ed alla tensione che imperava tra operai e capitalisti. In un'intervista che gli concesse il magnate petrolifero S. Liazanov, il “Rockefeller russo”, Reed rimase sbalordito dalla franchezza del suo interlocutore. Liazanov infatti asserì che per nessuna ragione gli imprenditori avrebbero permesso agli operai di controllare la produzione, e spiegò dettagliatamente cosa facevano le classi possidenti per contrastare la rivoluzione: inondavano le miniere, distruggevano i macchinari delle fabbriche e delle officine, chiudevano le imprese, disorganizzavano il traffico ferroviario. Reed, durante il suo soggiorno in Russia, partecipò a numerose riunioni e manifestazioni operaie. Visitò, con il collega Williams, il fronte di guerra presso Riga e si intrattenne con i soldati della 12a Armata, raccogliendo numerose testimonianze contrarie al proseguimento del conflitto. Egli comprese che, in quel momento storico, l'unica aspirazione degli operai, dei soldati e dei contadini russi, era rappresentata dal trionfo della rivoluzione proletaria. Intuendo quanto stava per accadere, in una lettera alla redazione del suo giornale Reed scrisse che, per ampiezza e profondità, una rivoluzione in Russia avrebbe eclissato la portata storica di quella messicana. Reed descrisse molto dettagliatamente la conquista del potere da parte dei bolscevichi durante la fatidica giornata del 25 ottobre (7novembre) 1917. Consapevoli di essere testimoni d'un avvenimento epocale, Reed e i suoi colleghi assistettero, nella sala delle conferenze dello Smolny, al Il° Congresso Panrusso dei Soviet e ne seguirono con grande attenzione tutti i lavori. In quella sede poterono ascoltare per la prima volta un discorso di Lenin. Reed comprese che, nonostante la borghesia non fosse stata ancora debellata, i bolscevichi, ponendo nel loro programma la pace, il pane e la terra ai contadini, avrebbero conquistato in pochi mesi ancor più vasti consensi. Egli volle lavorare nell'ufficio della propaganda rivoluzionaria internazionale presso il Commissariato del popolo agli Affari Esteri, dove si preparavano materiali destinati ad essere diffusi fra le truppe e i prigionieri di guerra tedeschi. Scrisse quindi una serie di articoli intitolati Insurrezione del proletariato che spedì alla rivista Masses, i cui redattori non poterono stampare perché erano stati arrestati. Dopo alcuni mesi una parte di questi articoli vennero pubblicati con il titolo Red Russia nella rivista Liberator. Reed tornò a New York nell'aprile del 1918 per difendere la causa dei redattori di Masses. Promosse negli Usa intense attività rivoluzionarie: militò nelle file dell'ala sinistra del partito socialista, organizzò una serie di conferenze in tutto il paese per smentire le affermazioni della stampa borghese sulla rivoluzione russa, lottò per la creazione d'un partito comunista americano. Nel 1919 il manoscritto de I dieci giorni che sconvolsero il mondo fu consegnato all'editore e l'autore fu costretto a comparire davanti alla commissione senatoriale speciale, conosciuta sotto il nome di “commissione Overman”(alla domanda del comandante Humes, portavoce del Ministero della difesa, “Avete mai parlato nei vostri interventi pubblici della necessità di fare negli Stati Uniti una rivoluzione simile a quella avvenuta in Russia?”, Reed rispose coraggiosamente che non desiderava altro). Reed inviò alla redazione del New York Times una lettera con cui denunciava i calunniatori che lo accusavano d'essere un agente pagato dai bolscevichi. Il quotidiano respinse la lettera, che fu invece pubblicata dalla rivista The Revolutionary Age. Il libro comunque uscì lo stesso negli Stati Uniti e venne salutato dalla stampa di sinistra come un capolavoro. Questa riportata di seguito fu la prefazione scritta da Lenin per l'edizione americana:
Ho letto con enorme interesse e con costante attenzione il libro di John Reed, I dieci giorni che sconvolsero il mondo. Lo raccomando vivamente ai lavoratori di tutti i paesi. Vorrei che quest'opera fosse diffusa in milioni di esemplari e tradotta in tutte le lingue, perché in essa vi sono esposti in forma vivida e precisa avvenimenti estremamente significativi per comprendere che cosa sono in realtà la rivoluzione proletaria e la dittatura del proletariato. Tali questioni sono oggi assai discusse, ma, prima di accettare o di respingere le idee che esse rappresentano, è indispensabile comprendere tutto il valore della decisione che si prenderà. Senza alcun dubbio il libro di John Reed aiuterà a chiarire questo problema, nodo fondamentale per il movimento operaio mondiale. Nikolaj Lenin
Nazheda Krupskaia scrisse nella prefazione all'edizione russa:
Dieci giorni che sconvolsero il mondo, tale è il titolo che John Reed ha dato alla sua stupefacente opera. Questo libro descrive con un'intensità ed un vigore straordinari le prime giornate della Rivoluzione d'Ottobre. Non abbiamo in esso una semplice enumerazione di fatti, una raccolta di documenti, ma una serie di scene vissute, talmente tipiche che esse evocano immancabilmente, alla mente di ogni testimonio della rivoluzione, scene analoghe alle quali egli stesso ha assistito. Tutti questi quadri, dipinti dal vero, indicano nel miglior modo possibile che cosa sentivano le masse, e permettono di afferrare il vero significato dei vari atti della grande rivoluzione. Può sembrare dapprima strano che questo libro abbia potuto essere scritto da uno straniero, da un americano che ignorava la lingua ed i costumi del paese. Sembra che egli avrebbe dovuto cadere ogni momento negli errori più ridicoli, dimenticare dei fattori essenziali. Certo gli stranieri non scrivono in questo modo sulla Russia sovietica. O essi non comprendono nulla degli avvenimenti, oppure essi generalizzano qualche fatto isolato, che non sempre è tipico. È vero anche che ben pochi furono testimoni diretti della rivoluzione. John Reed non fu un osservatore indifferente. Rivoluzionario nell'anima, comunista, egli comprendeva il senso degli avvenimenti, il senso della grande lotta. Da ciò gli veniva l'acutezza di visione senza la quale gli sarebbe stato impossibile di scrivere un tale libro. I russi stessi non parlano così della Rivoluzione di Ottobre: essi o la giudicano o si accontentano di descrivere gli episodi di cui sono stati testimoni. Il libro di Reed dà un quadro di assieme della rivolta delle masse popolari, come essa avvenne veramente, ed avrà perciò un'importanza grandissima per la gioventù, per le generazioni future, per le quali la Rivoluzione d'Ottobre sarà già della storia. Nel suo genere il libro di Reed è un'epopea. John Reed è indissolubilmente legato alla rivoluzione russa. La Russia sovietica gli era diventata cara e materna. Egli vi fu ucciso dal tifo e riposa ai piedi del Muro Rosso del Kremlino. Colui che ha descritto i funerali delle vittime della rivoluzione, come fece John Reed, meritava un tale onore.
Alla fine del settembre 1919, Reed si recò di nuovo in Russia per partecipare ai lavori del comitato esecutivo dell'Internazionale comunista in qualità di rappresentante dei partito comunista operaio americano. Arrivato in Russia, Reed pensò di scrivere un secondo libro sulle conquiste della rivoluzione, perciò raccolse molto materiale, viaggiando nel dintorni di Mosca. Intervistò molti lavoratori e incontrò Lenin, al Cremlino, diverse volte. Partì da Mosca nel gennaio 1920 per gli Stati Uniti, ma le autorità finlandesi di Abo lo arrestarono. Rilasciato agli inizi di giugno, Reed si vide rifiutare il permesso d'ingresso dal governo americano, che lo giudicava un terrorista politico. Nell'agosto dello stesso anno, in qualità di membro del comitato esecutivo dell'Internazionale comunista partecipò a Bacu nel Caucaso ai lavori del I° congresso dei popoli d'oriente. Il 20 settembre ottenne da Lenin il permesso di intervistare sua moglie ( intervista pubblicata nel giornale Washington Times) sui rapporti economici fra Usa e Urss. Reed tornò da Baku malato di tifo e morì a Mosca, il 17 ottobre 1920, all'eta' di 33 anni. La rivista Liberator annunciò la sua morte con le parole: “Deceduto mentre svolgeva il suo dovere di rivoluzionario”. La sua salma venne sepolta con tutti gli onori sotto le mura del Cremlino, dove ancor oggi riposa. Dal libro di John Reed vennero tratti alcuni celebri film tra i quali vanno ricordati Ottobre (1927) di Sergej M. Ejzenstejn, girato in occasione del decennale della rivoluzione, Reds (1981) diretto ed interpretato dall'attore americano Warren Beatty, I dieci giorni che sconvolsero il mondo del regista sovietico Sergej Fedorovic Bondarcuk (1982) interpretato dall'italiano Franco Nero. "La grande popolarità della sua opera e l'intransigenza della sua milizia rivoluzionaria fecero di Reed il modello per un'intera generazione di intellettuali di sinistra statunitensi"(Encicopedia Europea Garzanti).
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