1/3/2009
Proposta un po' generica
PIETRO GARIBALDI
Nello stesso giorno in cui a Torino migliaia di lavoratori manifestavano per le piazze in difesa di lavoro e retribuzioni, Dario Franceschini, il neo segretario del Pd, ha offerto al governo l’appoggio dell’opposizione per l’introduzione immediata di un assegno a chi perde il posto di lavoro. Nel mezzo della peggior recessione degli ultimi vent’anni, il tema del sostegno ai disoccupati è molto sentito tra i milioni di lavoratori che rischiano di perdere il posto nei prossimi mesi. L’offerta di Franceschini potrebbe anche aprire un nuovo clima politico tra governo e opposizione.
In realtà, guardando con più attenzione la realtà italiana, il tema del sostegno ai disoccupati è molto più complesso e una proposta troppo generica rischia di essere poco efficace. Indubbiamente in Italia gli ammortizzatori sociali sono una selva in cui è difficile muoversi.
Anche perché vi sono grandi disuguaglianze a seconda del tipo di contratto che il disoccupato aveva quando era occupato, del settore di provenienza e della dimensione dell’impresa in cui lavorava. Tuttavia non si deve pensare che chi perde il lavoro non abbia alcuna forma di sostegno. Oggi in Italia ogni lavoratore dipendente che perde il posto di lavoro con almeno due anni di anzianità ha diritto all’indennità ordinaria di disoccupazione, un assegno di sei mesi pari al 60% della retribuzione precedente con un tetto di 800 euro. L’indennità ordinaria è certamente inadeguata rispetto alla media europea e andrebbe riformata in modo sostanziale, anche perché purtroppo finisce per applicarsi soltanto a un nuovo disoccupato su tre. Il neo segretario avrebbe forse dovuto concentrare la sua attenzione sul problema dei precari, oggi più di 4 milioni di lavoratori, che non hanno accesso all’indennità ordinaria e rischiano di trovarsi senza alcun sostegno nel caso in cui il loro contratto arrivi a scadenza o non venga rinnovato.
La vera riforma da proporre al governo sarebbe quella di introdurre un sussidio unico di disoccupazione, a cui si acceda indipendentemente dal tipo di contratto con cui si è stati impiegati. Al sussidio unico dovrebbero aver accesso anche i lavoratori parasubordinati e i lavoratori a progetto con un unico rapporto di lavoro. Una volta entrato a regime, questo strumento sarebbe in larga parte finanziato dai contributi pagati da imprese e lavoratori durante il rapporto di lavoro. Tuttavia la prima generazione di precari, quella che rischia il posto nei prossimi mesi, diventerà disoccupata senza aver versato alcun contributo. Servirebbe quindi un atto di solidarietà per garantire ai lavoratori precari il sussidio già dal prossimo anno.
Nelle scorse settimane il governo, attraverso una nota ufficiale del ministro Sacconi, ha sostenuto che con la recessione in corso non è il momento d’introdurre una riforma strutturale dell’indennità di disoccupazione. La strada intrapresa dal governo, in accordo con le Regioni e i sindacati, è stata invece quella di procedere con gli ammortizzatori in deroga. Oggi in Italia, oltre all’indennità di disoccupazione ordinaria, i lavoratori delle grandi imprese hanno diritto all’assegno di mobilità, un sostegno al reddito che può arrivare fino a tre anni nelle aree più depresse del Paese e per i lavoratori più anziani. Attraverso la deroga, il governo sceglie di volta in volta particolari settori o categorie di lavoratori - che possono andare dalle piccole imprese tessili alle imprese di servizi legati alla manifattura - a cui concedere l’assegno di mobilità o altre forme di sostegno al reddito. Il meccanismo delle deroghe è tanto arbitrario quanto rozzo e dobbiamo tutti augurarci che sia presto superato, anche perché la deroga è concessa a settori che non avevano in alcun modo contribuito al finanziamento dell’indennità. Inoltre, se si riformano gli ammortizzatori cercando costantemente l’appoggio dei sindacati, si finirà sempre per escludere i lavoratori precari, poco presenti tra i sindacati confederali.
L’introduzione di un sussidio unico non potrebbe avvenire a costo zero. Berton Richiardi e Sacchi sulla voce.info sostengono che sarebbero necessari circa 10 miliardi di euro. Con il meccanismo delle deroghe il governo ne avrebbe stanziati fino a 8 con la cooperazione delle Regioni. Siamo quindi convinti che si potrebbe fare di più e meglio. Se il governo correggesse la rotta rispetto agli ammortizzatori in deroga e l’opposizione elaborasse una vera e propria proposta di sussidio unico, forse si potrebbe arrivare a una riforma bipartisan degli ammortizzatori sociali. A beneficiarne non sarebbe solo il clima politico, ma l’intero Paese.
pietro.garibaldi@unito.it da lastampa.it